Gazzetta di Modena

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La tragedia e il ricordo della vittima

Un anno dall'omicidio di Alice Neri: «Un anno senza funerale, chi è stato paghi»

Stefania Piscitello
Un anno dall'omicidio di Alice Neri: «Un anno senza funerale, chi è stato paghi»<br type="_moz" />

Il fratello Matteo: «Altre vite da salvaguardare. Il colpevole deve essere rinchiuso in carcere»

18 novembre 2023
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È trascorso un anno da quando la vita di Alice Neri, 32enne di Rami di Ravarino, è stata brutalmente spezzata nelle campagne di Fossa di Concordia. Un delitto per il quale lunedì in Tribunale è fissata la prima udienza preliminare: si va verso il processo per Mohamed Gaaloul, 29enne tunisino unico indagato. L’uomo è accusato di violenza sessuale su Alice, di omicidio volontario e di distruzione di cadavere: il corpo della donna è stato trovato carbonizzato nel baule della sua auto a Fossa di Concordia il 18 novembre scorso.

Un anno fatto di indagini serrate e di dolore per un brutale femminicidio. Il dolore è, soprattutto, quello dei familiari della donna.

Del marito Nicholas Negrini, indagato come atto dovuto nelle fasi iniziali e poi scagionato (così come il collega con cui Alice Neri ha trascorso la serata del 17 novembre allo Smart Cafè di Concordia), della madre Patrizia Montorsi e del fratello Matteo Marzoli. L’assassino di Alice ha inoltre privato una bambina di quattro anni della propria madre: una bambina a cui, un giorno, i familiari dovranno trovare il modo di raccontare chi fosse Alice, e come la sua vita sia stata interrotta a soli 32 anni, in una fredda notte di novembre, nel buio delle campagne della Bassa.

È trascorso un anno, e Alice non ha ancora potuto avere un funerale: «Mi era stato chiesto se avessimo pensato a una funzione per l’anniversario dalla scomparsa – così Matteo Marzoli, fratello della vittima – ma l’ho scartato perché per motivi tecnici non abbiamo ancora dato una degna sepoltura ad Alice. Se serve a chi sta indagando va bene così, sicuramente ci sono valide ragioni. È più per una questione personale perché mia sorella ha sempre odiato stare da sola, quindi pensare che in questo momento lo sia fa male».

Il fratello, che nel processo si costituirà parte civile insieme alla madre di Alice assistito dall’avvocato Cosimo Zaccaria, ricorda la sorella: «Io mi porterò sempre dentro la sua autoironia, il suo sorriso, il nostro battibeccare scherzoso. Vorrei che fosse ricordata come una persona normale: né come una santa, né nel modo orribile con cui è stata descritta da un anno a questa parte».

Sul registro degli indagati c’è solo un nome: quello di Mohamed Gaaloul, 29enne tunisino assistito dall’avvocato Roberto Ghini.

Il processo è imminente: «Della ricerca della giustizia – afferma Matteo – non me ne faccio nulla. L’unica giustizia sarebbe avere mia sorella qui viva. Per me è importante che il colpevole paghi e che venga rinchiuso perché ci sono altre vite da salvaguardare. Chi ha fatto questo, potrebbe rifarlo. Se questa persona non fosse assicurata alla giustizia e rinchiusa in carcere, io mi sentirei quasi “in colpa”». Una battaglia, quella della famiglia, che approderà presto in Tribunale: «Personalmente al momento non mi tocca l’idea di incontrare Gaaloul in Tribunale. Non sono nessuno per accusare, anche se le prove portano in un’unica direzione. Lo guarderò come una persona detenuta per il sospetto ma non ancora giudicata. Potrei guardarlo in maniera diversa nel momento in cui verrà espressa una sentenza». E sul futuro: «Sono fiducioso nel lavoro che hanno svolto procura e carabinieri del Nucleo investigativo di Modena.

I veri eroi sono loro che hanno svolto un lavoro incessante e estenuante. Basti pensare che la notte tra il 18 e il 19, all’una e 35 i carabinieri erano già alla sala slot a visionare le telecamere. Sapevano già di chi fosse l’auto, sapevano dove era stata Alice. Le indagini sono partite subito. Sono nelle mani migliori che possano esserci per quanto riguarda il mio pool difensivo, “capitanato” dall’avvocato Cosimo Zaccaria che in questi mesi ha trattato mia sorella con dignità».