Gazzetta di Modena

Modena

Politica

Terzo mandato: ora Bonaccini ci spera (con l’aiuto dei leghisti)

Evaristo Sparvieri
Terzo mandato: ora Bonaccini ci spera (con l’aiuto dei leghisti)

La mossa del presidente per strappare il tris in Regione: fare sponda con Zaia & C., ma Fratelli d’Italia si oppone

19 dicembre 2023
5 MINUTI DI LETTURA





Tertium non datur, dicevano i latini, Tradotto: non c’è una terza possibilità. Ma non è mai detta l’ultima. E anche se ad “Atreju” Fratelli d’Italia prova a mettere di nuovo la pietra tombale, la Lega continua a scalpitare, così come parte del Pd alza la voce.

L’ipotesi di un terzo mandato per i presidenti della Regione è tornata con forza nell’agenda politica. E quanto più si avvicinano le scadenze elettorali, tanto più il dibattito prende quota. Anche il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, è uscito allo scoperto. E nel giro pochi giorni è tornato due volte sull’argomento. A metà della scorsa settimana si è detto «disponibile». Domenica, infine, in un botta e risposta a distanza con il meloniano Galeazzo Bignami, viceministro dei Trasporti, è passato all’attacco: «Il centrodestra ha sempre detto che ci vorranno anni per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto o danneggiato lo scorso maggio, immagino allora saranno coerenti con questo auspicio e daranno il via libera al possibile mio terzo mandato. O non lo faranno perché hanno timore di riavermi come avversario?». Qualcosa si muove. O è campagna elettorale permanente, da giocare a tutto campo? Palla lunga e pedalare, insomma. Che in fondo non c’è nulla da perdere.

Soprattutto ora che oltre al compatto fronte del “no” – dove sono schierate per ragioni diverse sia Giorgia Meloni (che spera di strappare Regioni all’alleato leghista) sia Elly Schlein (che di fatto ha posto una sorta di veto a De Luca in Campania) – comincia a farsi sentire sempre di più il fronte del “sì”.

La sfida non è facile. Un po’ scacchi e un po’ poker. Ma si gioca su più tavoli, ciascuno con una propria puntata. Da Roma ai territori, andata e ritorno, e da destra a sinistra, mettendo sul piatto del consenso anche quella discussa riforma del premierato che sembra non dover porre limiti ai mandati dei presidenti del Consiglio.

Perché dunque limitare i governatori? Sono sette le Regioni in Italia che hanno in carica presidenti al secondo mandato. Oltre all’Emilia-Romagna, anche la Campania di De Luca (Pd), il Friuli-Venezia Giulia di Fedriga (Lega, ma rieletto nel 2023), la Lombardia di Fontana (Lega, rieletto anch’egli nel 2023) la Liguria di Toti (Forza Italia), la Puglia di Emiliano (Pd) e il Veneto di Zaia (Lega).

Per quattro di queste – Emilia-Romagna compresa – la partita è più complicata. Il motivo? Il complesso sistema normativo che, fra leggi nazionali e regionali, regola il limite dei due mandati: un limite che entro fine anno sembra destinato a cadere per i sindaci dei Comuni fino a 15mila abitanti, rimanendo di fatto in vigore solo per i governatori e per i sindaci dei Comuni più popolosi. Un blitz sul voto di giugno 2024, strappato in casa centrodestra dalla Lega salviniana, che dopo aver salvato i sindaci dei piccoli Comuni adesso potrebbe intestardirsi per salvare anche Zaia&Co. Il braccio di ferro nel governo sembra già intravedersi. Forza Italia, in questo caso, sta al fianco di Meloni. Ma le vie della politica sono infinite. E tutto può sempre cambiare.

Stando alle norme, in ogni caso, il divieto del terzo mandato risale alla legge 165/2004, nella quale in attuazione all’articolo 122 della Costituzione si stabilisce che «le regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità nei limiti dei seguenti principi fondamentali: […]previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto»[…].

Una legge che ha seguito un iter poi recepito dalle Regioni Friuli, Lombardia, Veneto (che grazie a un cavillo è riuscita a far fare già il terzo mandato a Zaia, e andrebbe per il quarto) e dalla stessa Emilia-Romagna, che nella legge regionale 23 luglio 2014, numero 21, modificando le norme elettorali di viale Aldo Moro, nell’art. 7 ha previsto i «limiti dei mandati per il Presidente»: «Non può essere immediatamente ricandidato alla carica di Presidente della Giunta regionale chi ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi», recita il testo.

Il dettato sembra perentorio. Ma il gioco di sponda fra destra e sinistra può portare anche in buca. Di certo servirebbe una modifica alla norma regionale. Ma, senza accordo del governo, sembra scontato un ricorso alla Corte Costituzionale, con una possibile stroncatura sulla carta. È il caso di forzare la mano? De Luca in Campania – Regione che non ha ancora recepito la legge nazionale – da tempo sostiene di sì, Bonaccini da tempo invece aspetta di decidere con il Pd, che proprio sull’onda della battaglia De Luca-Schlein potrebbe però dirottarlo in Europa. Il risiko qui sarebbe tutt’altro, specie nel caso in cui Meloni e Schlein decidano di correre capoliste alle prossime Europee, in una sfida face to face.

In caso di candidatura anche di Bonaccini (che sarebbe capolista nel nord est, unico seggio che sarebbe lasciato da Schlein), il voto in Regione potrebbe arrivare già a novembre 2024. E per il dopo Bonaccini c’è già un elenco di possibili successori: da Colla a De Pascale, da Gualmini a Priolo (che potrebbe reggere la Regione dopo le dimissioni di Bonaccini stesso), passando per Corsini e Isabella Conti. Un rebus da decifrare. Ammesso che a Bologna non resti l’originale. Vasco Errani a suo tempo la spuntò e fece il tris. Ma la legge regionale allora non c’era. Tutta un’altra storia.