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Camilla, da Carpi alle bombe: «In Ucraina per dare speranza»

Gabriele Canovi
Camilla, da Carpi alle bombe: «In Ucraina per dare speranza»

Con Mediterranea hanno portato rifornimenti ai popoli colpiti

17 gennaio 2024
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Due giorni prima che Camilla arrivasse a Leopoli, nell’Ucraina occidentale, le bombe russe hanno distrutto una biblioteca e raso al suolo un museo. Questione di due giorni, di una manciata di ore, e la sua missione umanitaria avrebbe potuto assumere contorni decisamente diversi.

LA GUERRA NEGLI OCCHI

Negli occhi, mentre racconta quei sette giorni tra infiniti viaggi in van e consegne di approvvigionamenti ai profughi ucraini, ha ancora impresso ciò che ha visto: immagini di guerra, di guerra vera, di morte e di famiglie spezzate in due dalle armi russe. Ora Camilla, che di anni ne ha 22 e di cognome fa Cattini, è rientrata nella sua Carpi e sta cercando di metabolizzare la settimana trascorsa in Ucraina con l’associazione Mediterranea. Insieme a lei c’era anche Chiara Di Ninno, 24enne modenese ora a Roma per gli studi universitari. «Il viaggio è partito da Carpi – racconta Camilla – oltre 24 ore in furgone per portare a termine una missione di rifornimento. Abbiamo portato lì stufe, coperte, cibo a lunga conservazione, assorbenti e altri generi di prima necessità come prodotti per l’igiene personale e anche sedie a rotelle e giocattoli. La particolarità di questa missione, però, è stata che abbiamo portato anche un progetto».

PORTATIRCI DI SPERANZA

Anche se il termine più corretto, forse, sarebbe “speranza”. «Con noi volontari di Mediterranea c’era uno psichiatra e musicoterapista – continua – Oltre ai rifornimenti e alle chiacchiere, facevamo questo momento di musica-terapia cantando e suonando la chitarra insieme agli ucraini. Abbiamo provato a portare in loro un pizzico di spensieratezza». Anche perché, pochi giorni prima, i missili russi erano caduti vicino alle loro case: «Ascoltare le loro esperienze è stato straziante – racconta Chiara – persone che hanno visto morire fratelli, fidanzati e genitori sotto i colpi dell’esercito russo. Con i nostri occhi abbiamo visto il cimitero di guerra realizzato a Leopoli: ogni giorno diventava più grande, si allargava con altri corpi. Passare tra le tombe e vedere le date è una sensazione che non si può descrivere a parole, solo lì vedi il vero volto della guerra e gli effetti. Lì abbiamo realizzato tutto».

«Abbiamo visto con i nostri occhi un palazzo, un museo e una università rasi al suolo – aggiunge Camilla – sono stati bombardati prima che arrivassimo. La biblioteca e il museo erano dedicati a un nazionalista ucraino e i missili rappresentano atti simbolici per stabilire la supremazia russa. La guerra di fatto non è tangibile – a parte gli attacchi via aria ora fortunatamente sporadici – ma è visibile sui volti delle persone, sono loro a ricordartelo. Insieme ai sacchi di sabbia di fianco a monumenti e chiese».

IL RICONGIUNGIMENTO

Mediterranea era in Ucraina anche con un secondo obiettivo: «Aiutare un profugo di guerra a ricongiungersi i con la sua famiglia, ora a Modena – concludono le due ragazze – ma è stato fermato alla frontiera polacca e non era la prima volta. Ha tutta la documentazione necessaria, ma essendo nato in Russia non lo fanno passare. Ecco, come associazione vogliamo denunciare quanto accaduto. Non è accertabile». 

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