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Il caso

Sassuolo, un 38enne denuncia: «Non voglio che mia figlia cresca coi principi islamici integralisti»

Serena Arbizzi
Sassuolo, un 38enne denuncia: «Non voglio che mia figlia cresca coi principi islamici integralisti»

Il padre è a processo per stalking alla moglie

17 gennaio 2024
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«Ho paura che mia figlia venga costretta ad adeguarsi ai principi islamici radicali. Che le venga proibito di bere Coca Cola, di parlare con gli italiani e che sia obbligata a indossare il velo. Per questo scrivevo a mia moglie e sono andato dai carabinieri».

È la versione raccontata al giudice Francesca Piergallini, nel primo pomeriggio di ieri, in tribunale a Reggio Emilia, da un imputato di origine marocchina di 38 anni, residente a Sassuolo, rappresentato in aula dall’avvocato Domenico Giovanardi, accusato di stalking nei confronti della moglie dalla quale è separato.

LA VICENDA

Una pressione continua da parte dell’uomo che avrebbe indotto la moglie a vivere un persistente stato di paura e di ansia per questa situazione. La donna, assistita dall’avvocato Giulia Incerti, avrebbe deciso di non stare più con il 38enne a seguito di un’aggressione fisica, e lui è accusato di molestie, di minacce, come quelle di “rovinarle la vita”, o di averla chiamata “cagna” o offesa in altro modo. I due hanno una bambina di 3 anni, che il padre ha visto due anni fa per l’ultima volta.

L’uomo si è rivolto ai militari per il timore che la bambina venisse portata all’estero. «Ho fatto tanto per cercare la pace con mia moglie - ha spiegato l’imputato ieri mattina davanti al giudice - mandavo messaggi o cercavo di telefonarle perché ho paura di dividere la mia bimba con la sua famiglia».

Ma a preoccupare l’uomo, in particolare, sarebbe la possibilità che la figlia venga costretta ad adeguarsi ai principi dell’Islam radicale: «Mio suocero - ha detto ancora l’imputato in aula - ha portato in casa l’ideologia radicale islamica. Mia figlia dovrà portare il velo e non potrà mettersi i jeans. Preferisco prevenire che avvenga tutto questo. Mio suocero mi ha detto: “Tu non vedi più la bimba in vita tua”. E anche adesso non so dove è mia figlia. Ho perso due volte il lavoro. Adesso sono regolare - ha spiegato ancora l’imputato in aula - sono assunto e ho un appuntamento fissato con i servizi sociali. Non ho mai pensato che mia moglie potesse spaventarsi per i miei messaggi. Lei - ha raccontato ancora l’uomo - lascia la bambina con suo padre e non voglio che stia male. Per lui non si può parlare con altri italiani, non si deve bere Coca Cola. E io non voglio lasciare la mia bambina con loro».

SERVIZI SOCIALI

In Tribunale è stato deciso un rinvio al 27 febbraio. I servizi sociali conoscono bene la vicenda e hanno in carico il caso. Anche l’imputato è di religione musulmana, ma afferma che la moglie e la sua famiglia, come detto, osservino un’ideologia integralista. 

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