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Il caso

Insulti sessisti all’Accademia di Modena: “Lavate i genitali ai cavalli”. Indagato un ufficiale

Daniele Montanari
Insulti sessisti all’Accademia di Modena: “Lavate i genitali ai cavalli”. Indagato un ufficiale

Inchiesta della procura per “violenza privata, molestie persecutorie e abuso di autorità”

24 gennaio 2024
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MODENA. Minacce, battute sessiste, molestie, offese, critiche sull’aspetto fisico, abuso di autorità, persecuzioni e vendette. Sono le accuse choc che la Procura di Modena muove a un ufficiale dell’Accademia Militare, con l’aggravante di fatti commessi nell’esercizio delle sue funzioni, ai danni quindi di sottoposti. E nella ricostruzione emerge un quadro veramente inquietante su fatti commessi soprattutto tra il 2019 e il 2021.

L’UFFICIALE INDAGATO

Lui è Giampaolo Cati, 44 anni, il tenente colonnello originario di Rieti (ma tuttora domiciliato a Modena) che era a capo del Centro ippico militare (Cim) in cui svolgono parte della loro formazione i futuri ufficiali dell’esercito e dei carabinieri. Il passato è legato al fatto che Cati è stato trasferito: attualmente presta servizio nell’ufficio di Stato Maggiore dell’Accademia, e il centro ippico è guidato da un altro ufficiale. Il trasferimento è stato disposto dal comandante dell’Accademia, il generale di Divisione Davide Scalabrin. È stato lui stesso che, venuto a conoscenza dei fatti contestati tramite il tenente colonnello Giuseppe Manzi (si parla di ben sedici relazioni di servizio sottoscritte da tredici diversi militari), ha presentato gli esposti – sia alla Procura di Modena che a quella militare di Verona – che sono all’origine dell’indagine, da poco conclusa. Si attende ora la decisione sul rinvio a giudizio o meno dell’ufficiale. Va chiarito subito però che i fatti non coinvolgono cadetti ma soldati volontari in ferma prefissata.

I COMPORTAMENTI

Si tratta di undici militari, di cui quattro donne e sette uomini, a cui i comportamenti di Cati, secondo il pm Francesca Graziano, causavano «un perdurante e grave stato di ansia e di paura». Secondo quanto ricostruito, l’ufficiale rimproverava continuamente il personale, spesso senza ragioni oggettive, con modi maleducati e abbandonandosi frequentemente a scatti di rabbia (urlando, tirando pugni e calci contro porte o arredi). Contattava costantemente, senza necessità o urgenza, i militari impiegati nel Cim al di fuori dell’orario lavorativo, anche di sera, con telefonate e messaggi, spesso per rimproverarli senza motivo.

Da una parte contattava i militari a tutte le ore, dall’altra intimava loro di segnare solo parte delle ore dello straordinario che svolgevano, ponendoli in una tale condizione di stress che avevano paura di essere visti da lui anche quando si concedevano una breve pausa. Dalle denunce raccolte emerge che spesso negava loro i permessi, anche per visite mediche, e quando li concedeva costringeva poi a recuperare un numero di ore superiore a quello per cui l’autorizzazione era stata concessa. E non concedeva turni di riposo sufficienti per il recupero. Poi tanti altri dispetti e ripicche, con anche la continua minaccia di ostacolare la loro carriera militare e di compromettere i concorsi a cui intendevano partecipare, abbassando loro le note caratteristiche.

LE FRASI CHOC

Ma dall’indagine emergono anche frasi offensive e atteggiamenti sprezzanti del tenente colonnello verso le ragazze che lavoravano al centro. Battute a sfondo sessuale, commenti sull’aspetto fisico, racconti delle sue esperienze con altre donne e vessazioni sconcertanti, come quella di obbligare le sue sottoposte a lavare frequentemente i genitali dei cavalli, come atto punitivo.

Tra le attenzioni “particolari”, quelle rivolte a una soldatessa a cui diceva che voleva tenerla sempre nel maneggio per “rifarsi gli occhi” mentre era piegata a sistemare gli ostacoli. Faceva continue allusioni al suo aspetto fisico, e una volta le avrebbe detto: «Mi sto sentendo con una delle tue parti, ma voi giù siete calde vero? Mamma mia come siete calde!». E in un’altra occasione, mentre stava spazzando: «Come scopi bene con quella scopa». All’opposto, denigrava un’altra soldatessa: «Devi dimagrire... ti faccio dimagrire io... Se non monti a cavallo non dimagrirai mai» le avrebbe detto, definendola «goffa e incapace».

Ma dalle denunce emergono frasi pesantissime rivolte anche agli uomini. A un soldato che gli chiedeva di poter uscire all’orario di lavoro previsto avrebbe detto che gli aveva «rotto i coglioni» perché era un sindacalista, dicendogli che doveva entrare in quello che lui stesso chiamava «il suo sistema». Il sistema Cati. E a chi contestava questo “sistema” ha rivolto parole da far rabbrividire. Si tratta di un sergente che verso la fine del 2021 gli aveva fatto presente il malcontento suo e di altri militari. Gli ha risposto così: «Questo è niente, tu non sai di cosa sono capace io, io se voglio una persona la faccio impazzire fino al congedo. Se voglio far male a una persona, io la distruggo attaccandomi al collo senza dargli respiro, non la lascio fino a quando non l’ho distrutta. Sarei capace di inventarmi qualsiasi cosa sul suo conto, pur di distruggere lui e la sua famiglia».

IL SINDACATO CARABINIERI

Parole e fatti che danneggiano l’immagine dell’Accademia, dove si formano anche gli ufficiali carabinieri. Da qui la dura presa di posizione di Giovanni Morgese, segretario regionale del Nuovo Sindacato Carabinieri: «Attenderemo gli sviluppi investigativi, ma se si dovesse avviare un procedimento penale, il sindacato valuterà se costituirsi parte civile, dando mandato ai propri legali».