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Modena, il vescovo: «La solitudine dei giovani cresce, attenzione all’individualismo»

di Paolo Seghedoni
Modena, il vescovo: «La solitudine dei giovani cresce, attenzione all’individualismo»<br type="_moz" />

La tradizionale lettera alla città in occasione di San Geminiano

28 gennaio 2024
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MODENA. “Soli, ma trafitti da un raggio di sole. Dall’isolamento alla fraternità”. È questo il titolo della tradizionale “Lettera alla città” che il vescovo scrive in occasione di San Geminiano.

Una tradizione che risale a monsignor Cocchi, che è stata proseguita da monsignor Lanfranchi e, ormai da quasi dieci anni, da don Erio Castellucci, il successore del santo Patrono dei modenesi.

SOLITUDINE E FRATERNITÀ

Il tema è, come risulta già chiaro dal titolo, quello della solitudine e della fraternità: «Ho scelto questo tema perché mi colpisce molto che ci sia una sottovalutazione della solitudine, che si attribuisce quasi esclusivamente agli anziani, mentre negli ultimi anni c’è stata una crescita della solitudine giovanile e adolescenziale, a cui si comincia a prestare attenzione ma senza gli strumenti adeguati. Mi sembra un piccolo contributo alla presa di coscienza a questa urgenza, con molti riferimenti al digitale perché quello è il mondo prevalente dei ragazzi e dei giovani».

I riferimenti sono di vario genere: letterari (Quasimodo, Alda Merini, Foscolo, Leopardi, il poeta John Donne che scrisse che “nessun uomo è un’isola”), storici (la Modena dei canali e dei ponti, la “Venezia della via Emilia”, per riferirsi al fatto che gli uomini devono costruire ponti), dall’attualità (le baby gang, i femminicidi) e, naturalmente, alla Parola di Dio (in particolare alla parabola del buon Samaritano, a cui è paragonato Geminiano).

I PROBLEMI DEI GIOVANI

«Mi colpisce il crescente fenomeno della solitudine giovanile, la fatica di molti adolescenti di creare e coltivare legami sociali – sottolinea Castellucci - Una tendenza a chiudersi, quando l’età chiederebbe di uscire, di fare il debutto sociale. Quasi tutta la colpa la si addossa al Covid, ma temo che al di là del Covid per i ragazzi ci sia la fatica a vedere nelle relazioni sociali qualcosa di attraente per loro. Oggi molti ragazzi hanno orizzonti bassi, immediati e hanno paura delle relazioni. E questo si accompagna a una crescita delle dipendenze, che porta a passare molto tempo da soli, nelle bolle digitali tipiche dei social. Non mancano certo tanti giovani veramente bravi. Le baby gang fanno notizia, come è normale che sia, 60 giovani che riflettono sul messaggio del Papa per la pace non fanno notizia, ma ci sono anche questi».

TENDERE E DARE LA MANO

Ma Modena come si pone nello spazio tra solitudine e fraternità? Don Erio risponde da modenese d’adozione: «Noi modenesi abbiamo un livello di benessere abbastanza elevato (anche se tanti si lamentano), questo determina un approccio positivo ma anche qualche chiusura che in città meno ricche sono meno frequenti. La Romagna, ad esempio, ha minore iniziativa imprenditoriale, ma una disposizione maggiore alle relazioni. A Modena ci sono moltissime iniziative e tante forme di organizzazione, c’è però più individualismo. Anche nella Chiesa le diocesi romagnole hanno meno iniziative e creatività, ma le cose si fanno tendenzialmente insieme, qui ci sono molte proposte, ma ciascuno tende ad andare per conto proprio. Il terremoto, la pandemia, hanno moltiplicato energie di fraternità e aiuto - chiude il vescovo -, bisognerebbe fare in modo che questo fosse quotidiano e non solo emergenziale. Il nostro lavoro come comunità cristiana insieme a tanti altri è insistere nel fatto che nessun uomo è un’isola, tutti abbiamo bisogno di ponti. Dobbiamo tendere e dare la mano».