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Un paziente a Modena: «Ho trovato una larva nella zuppa dell’ospedale»

Ernesto Bossù
Un paziente a Modena: «Ho trovato una larva nella zuppa dell’ospedale»<br type="_moz" />

Denuncia di un paziente del Policlinico: «Inaccettabile». Cirfood si difende: «Nessun verme, quella è la radichetta del fagiolo borlotto per la zuppa toscana»

02 febbraio 2024
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Una larva nel proprio piatto. È la denuncia di Eugenio Rosini, modenese, che attualmente è ricoverato presso il Policlinico dopo essersi rotto il ginocchio. Il fatto risale allo scorso lunedì, il 29 gennaio, quando la cena prevista era la zuppa toscana, al cui interno sono contenuti, tra gli altri ingredienti, i fagioli, in questo caso della tipologia borlotti.

La prima forchettata di Rosini pareva essere andata giù bene, «non avevo notato nulla di strano», racconta. Ma poi la brutta scoperta: «Avevo visto un fagiolo nero, sembrava marcio. E poi, quando ho controllato meglio, ho notato un verme», spiega.

Rosini ha rapidamente buttato la pasta mettendo da parte il verme, che ha poi fotografato. Per non sbagliare, prosegue, «ho chiesto a un amico che lavora nel settore ortofrutticolo qualche delucidazione in più e mi ha confermato che si trattava probabilmente di una di quelle larve che talvolta si cibano dei fagioli».

Avvisato l’infermiere di turno, Rosini ha poi evitato di proseguire nella cena in quanto «particolarmente disgustato. Si può accettare quasi tutto, come il fatto che il cibo sia particolarmente scadente, cosa che effettivamente è. Ma non questo: non è tollerabile che nelle porzioni servite ai pazienti ci siano vermi o cose simili».

A rifornire il Policlinico di Modena è Cir Food. La quale, in una nota congiunta con l’ospedale, sostiene che «il paziente ha buttato il piatto quindi non abbiamo potuto analizzare il contenuto». Con la foto in mano Cir sostiene che «non è un verme ma è la radichetta del fagiolo borlotto per la zuppa Toscana».

Il problema, ribatte però Rosini, «è che questi eventi non sono sporadici. Inoltre la qualità del cibo è davvero pessima. Il giorno successivo, martedì, a pranzo ci hanno dato un piatto di amatriciana che non si riusciva nemmeno a tirare su con le forchette tanto che era secca». Il riferimento che il paziente fa sulla ripetizione di questi sgradevoli fatti al Policlinico di Modena è al ritrovamento, nel settembre del 2021, di un topo morto sulla plastica che avvolgeva una delle pietanze che sarebbe dovuta essere distribuita ai pazienti oncologici della struttura. All’epoca a segnalare l’accaduto era stata la stessa dirigenza sanitaria, con le Forze dell'Ordine che non avevano escluso un movente doloso di natura no-vax. Fatto sta che, ancora una volta, la qualità delle pietanze servite nelle strutture di ricovero torna centrale.

«Io avevo lavorato, essendo stato un idraulico, anche nell’edificio che ospita attualmente il Policlinico. Sono stato paziente diverse volte, visto che soffro di una grave malattia, e francamente mai mi era capitato di arrivare a una situazione del genere. Il tema però – chiosa Rosini – è che bisognerebbe aumentare i controlli e, soprattutto, alzare gli standard base di qualità del cibo. Non dico che si debba avere ogni volta, sul piatto, un capolavoro di alta cucina. Ma a lungo andare si fanno fatica a tollerare continue portate di prodotti spesso immangiabili».

Al di là di ciò, Rosini specifica che potrebbe anche andare per vie legali «vista la gravità del fatto», e auspica un intervento dei Nas, i nuclei di antisofisticazione e sanità dei Carabinieri, «per comprendere come venga gestito il cibo all’interno del Policlinico».l