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Femminicidio

Modena, ha ucciso Alessandra: ergastolo per Padovani

Paola Benedetta Manca
Modena, ha ucciso Alessandra: ergastolo per Padovani

Delitto Matteuzzi, riconosciute le aggravanti per l’ex fidanzato. La sorella della vittima: «Sono sconvolta, ma è importante che sia stata fatta giustizia»

13 febbraio 2024
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Ergastolo. Le parole del presidente della Corte d’Assise di Bologna, Domenico Pasquariello, fanno l’effetto di una detonazione in un’aula che pare quasi congelata. Regna un silenzio irreale e tutti trattengono il fiato.

I giudici, dopo due ore esatte di Camera di Consiglio, hanno deciso il carcere a vita per Giovanni Padovani, l’ex calciatore 28enne che, la sera del 23 agosto del 2022, a Bologna, massacrò la sua ex compagna, Alessandra Matteuzzi, 56 anni, sotto casa della donna, in via dell’Arcoveggio. Un omicidio agghiacciante. L’uomo attirò la vittima nel giardino condominiale staccando l’energia elettrica in casa sua e la colpì più volte con un martello. Poi, dopo averle sferrato calci e pugni quando era già incosciente, la finì prendendo una panchina dal cortile e sbattendogliela in testa a più riprese. Il tutto sotto gli sguardi attoniti dei vicini di casa di Alessandra che corsero in suo aiuto, ma non fecero in tempo a salvarla.

«Non mi interessa andare in carcere, l’importante è che muoia lei» disse Padovani prima che arrivassero le forze dell’ordine.

Dopo la sentenza, il giovane – che sembrava stordito – è stato portato via mentre sua madre piangeva.

Ha tentato di nuovo, poco prima che la Corte si ritirasse in Camera di Consiglio, di convincere i giudici che non era in sé quando compì l’omicidio.

«Ho sentito la parola ergastolo, se voi ritenete – ha detto – che tutto quello che è stato fatto nei mesi precedenti al reato siano cose normali, e non anormali, da parte di una persona che comunque aveva e ha dei disturbi. Se voi pensate che quello che è successo, che un uomo ammazzi una donna con quella ferocia lì, sia una cosa normale, c’è da mettersi le mani nei capelli. Se voi pensate che fosse normale allora pretendo l’ergastolo, voglio stare ogni giorno, ora, minuto in carcere».

Il giovane non ha chiesto scusa ai familiari della vittima e, in realtà, le prime parole della sua dichiarazione spontanea sono state di biasimo verso i media, «colpevoli» di aver interferito nel processo.

«Io la reale verità la so – ha aggiunto -, io non stavo bene, perché una persona che sta bene non ammazza un altro essere umano. Mi trovo in un incubo. Questo è un fardello pesante da portarsi dietro, più del carcere. Quando perdi la capacità di vedere le cose con lucidità, puoi commettere l’irreparabile».

Ma la Corte, non solo ha deciso di comminargli la pena più grave del nostro ordinamento giudiziario, ma ha anche riconosciuto tutte e quattro le aggravanti che aveva chiesto insieme alle parti civili la Procura, rappresentata dal procuratore aggiunto Lucia Russo e dalla pm Francesca Rago: premeditazione, motivi abbietti, legame affettivo e stalking.

Sì perché Giovanni Padovani, prima di uccidere Alessandra, la perseguitò per mesi, controllando anche telematicamente ogni aspetto della sua vita.

Con la fine del processo, termina anche un incubo per i familiari di Alessandra. Sua sorella Stefania Mateuzzi, che era con lei al telefono quando fu uccisa e più volte ha dichiarato di sentire ancora le sue grida, alla lettura della sentenza si è accasciata sul banco degli avvocati scoppiando in un pianto liberatorio.

«Alessandra non c’è più, mia sorella non c’è più» ha detto disperata. Più tardi ha spiegato, ancora sull’orlo delle lacrime: «Oggi sono sconvolta, ma la cosa importante è che sia stata fatta giustizia»«.

Tra il pubblico, che è sempre stato molto numeroso e affollato da giovani donne, tanti gli abbracci e i pianti.

Era presente anche il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che ha commentato così la sentenza: «Rende giustizia alla famiglia Matteuzzi e a tutte le donne di questa città che devono sapere di avere il Comune sempre al loro fianco». Palazzo D’Accursio, infatti, si è infatti costituito parte civile nel processo.

«La vera giustizia – ha ricordato l’avvocato di parte civile Chiara Rinaldi, che rappresenta i due nipoti della vittima -, sarebbe che Alessandra fosse qui con noi ma lei non c’è, è in un’urna cineraria e il responsabile è Giovanni Padovani. Che era lucido e ha premeditato l’omicidio. Sono state accolte tutte le aggravanti contestate: ci abbiamo sempre sperato e creduto. Oggi la giustizia ha fatto il proprio corso».

Padovani è stato condannato, oltre che all’ergastolo, anche a risarcire, con provvisionali immediatamente esecutive, i familiari di Alessandra Matteuzzi e le altre parti civili. La Corte d’Assise ha stabilito provvisionali da 100mila euro a favore della sorella e della madre, da 10.000 euro per i due nipoti e da 5.000 euro per le restanti parti civili.