Gazzetta di Modena

Modena

L’udienza

Castelfranco, al processo: ««Ho sentito un fluido bollente, poi ho ucciso Gabriela e Renata»

Stefania Piscitello
Castelfranco, al processo: ««Ho sentito un fluido bollente, poi ho ucciso Gabriela e Renata»

L’imputato al pm: «A loro ho dato tutto e volevano denunciarmi. Mi dicevano che dovevo andare via di casa»

29 febbraio 2024
4 MINUTI DI LETTURA





Castelfranco «Lei provi a “farsi” una casa, una famiglia. Provi ad avere dato tutto e avere una mocciosa che ti viene a dire: “Esci fuori di qua. Tu devi andare via da questa casa”. Avevano fatto un piano, volevano vendere la casa».

A parlare è Salvatore Montefusco, imprenditore 71enne accusato del duplice femminicidio della moglie e della figliastra. L’imputato risponde così quando il pm, in aula, evidenzia come la sua reazione alle «offese verbali di Renata» sia stata spropositata.

Ieri mattina Montefusco è arrivato in tribunale a Modena scortato dalla polizia penitenziaria. Era il 13 luglio 2022 quando alla Cavazzona di Castelfranco l’imprenditore edile ha ucciso a colpi di fucile Gabriela Trandafir, la moglie 47enne da cui si stava separando, e la figlia di lei Renata Alexandra, di 22 anni. Unico sopravvissuto a quella strage il figlio, all’epoca minorenne. Montefusco in aula ha risposto alle domande del pm Giuseppe Di Giorgio, delle parti civili (sono: Casa delle donne, Provincia di Modena, Comune dei Castelfranco, il figlio adolescente di Montefusco, i fratelli, la madre di Gabriela e una sorella) e del suo legale, l’avvocato Marco Rossi. E ha ricostruito quanto avvenuto il giorno del delitto, ripercorrendo quei momenti e anche i giorni precedenti.

«Quel giorno ero fuori con i cani vicino al cancello quando ho visto da lontano che stavano rientrando (Gabriela e Renata, ndr)». L’uomo (che in aula ha specificato “io facevo l’imprenditore e faccio ancora l’imprenditore”) ha continuato: «Quando è arrivata la macchina per prima è scesa Renata. Poi mia figlia ha cominciato a offendermi un’altra volta, a dirmi: “Adesso te ne vai, adesso hai finito”. Non c’ho visto più. Sono andato al casotto (quello in cui c’era il fucile usato per uccidere le donne, ndr). Ho detto: “La casa di chi è adesso?”. Gliel’ho detto sette volte. Lei quando si è resa conto che avevo il fucile si è messa a correre».

«Sono 55 anni che vado a caccia – ha aggiunto Montefusco – so sparare bene». Il 71enne ha messo le dieci cartucce nella tasca dei pantaloni, ha caricato il fucile: «Ci siamo offesi un po’, la madre sorrideva. Poi quando Renata si è resa conto che avevo il fucile è scappata e io ho iniziato a sparare ma senza mirare. Ho sparato un colpo a mia figlia».

Nel frattempo Gabriela inizia a gridare: «Poi ho sentito un rumore e ho sparato un altro colpo verso Renata ma senza mai guardarla. Se avessi voluto farle secche, “pum pum” – l’imprenditore non usa mezzi termini davanti alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Ester Russo e riproduce il suono di uno sparo – due colpi e basta, e avevo finito».

Montefusco, a più riprese sottolinea di non avere preso la mira. Lo fa anche quando il pm gli spiega che il corpo mortale per Renata è stato quello alla testa.

«Mi sono risvegliato – ha detto Montefusco – quando si è affacciata al balcone. Ho sparato d’istinto ma senza mirare. Poi sono entrato in casa, ho visto il sangue e ho seguito le tracce». A quel punto il 71enne raggiunge la camera del figlio minorenne, la porta è aperta.

«Mio figlio era con il telefono in mano e mia moglie era lì. Ho intuito che stava chiamando i carabinieri. Ho detto: “Sto ammazzando mia moglie e mia figlia”. Poi ho detto a mio figlio: “Spostati o ammazzo anche te”. Ho alzato il fucile, la madre si nascondeva dietro di lui. Quando mi sono abbassato, nella tensione ho sentito un “fluido” di sangue bollente qua – lo dice toccandosi la testa – Ho sentito solo il calore. Poi mi è partita una fucilata in automatico. Ero abbassato, ho sparato giù, non su».

Il 71enne, poi ha continuato: «Non so quanto tempo sono stato lì, non so cosa ho fatto dopo». E, poi, i minuti successivi: Montefusco sale in auto e esce.

Sulla strada vede il figlio «che parlava con un signore con una Multipla nera. L’ho guardato come se non lo conoscessi. Se devo dire che strada ho fatto per andare via non lo so».

Il 71enne poi ricorda tra le lacrime, in uno dei pochi momenti in cui sembra crollare: «Ho chiamato la mia prima moglie dicendole di andare a prendere nostra figlia perché avevo ammazzato Gabriela e Renata.

Sono andato al bar, ho preso un caffè. Una signora mi ha chiesto cosa fosse successo. Le ho risposto: “Niente, ho ammazzato mia moglie e mia figlia”».