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Modena, lavoro nero, un caso al giorno

di Davide Berti
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A tanto ammontano le denunce raccolte dal sindacato Cisl lo scorso anno. «I contratti a chiamata sono la foglia di fico». Recuperato un milione di euro

16 marzo 2024
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«Facciamo seminari per la cultura della legalità nel mondo del lavoro, partecipiamo a convegni e poi, nella tranquilla Modena, sono 350 i casi di lavoro nero e lavoro grigio che abbiamo seguito solo lo scorso anno. Una media di oltre 20 storie ogni mese che ci vengono affidate da persone che sono state spremute fino al midollo e poi buttate via».

Così Fisascat Cisl (sindacato lavoratori commercio, servizi e turismo), con il segretario Alessandro Martignetti, racconta il volume del lavoro illegale che coi suoi uffici contrasta a tempo pieno, con una task force di esperti e consulenti interamente dedicata.

«Partiamo da una considerazione semplice: il problema del lavoro nero solo in apparenza si è ridotto. Con l’introduzione dei contratti di assunzione a chiamata i datori hanno trovato la foglia di fico ideale: sei chiamato a lavorare per due giorni, in realtà lavori per me con un bel sei giorni su sette che diventano serenamente turni di sette giorni alla settimana durante le festività o altre ricorrenze che fanno cassetto. Abbiamo avuto casi di persone che nei pubblici esercizi lavoravano con questi ritmi e negli atti ufficiali risultavano essere state operative a fine mese per cinque giorni. C’è il caso recentissimo di una ragazza assunta per fare 15 ore alla settimana e ne lavorava più di 40».

Lavoro grigio e lavoro nero

Eccolo qui quello che si chiama “lavoro grigio” in gergo sindacale. Sono la ristorazione e i bar le attività di gran lunga più esposte ai danni del lavoro grigio, a tutti gli effetti versione 2.0 ed evoluta dello sfruttamento. L’old style, il classico lavoro nero, domina invece in un settore che entra letteralmente nelle case di molte famiglie modenesi: quello delle badanti e del lavoro domestico, seguito a ruota, per intensità, dalle imprese di pulizia.

«C’è ancora una resistenza fortissima alla regolarizzazione delle badanti, perché la convinzione, errata, è che costi di più. Abbiamo seguito vicende che hanno portato al recupero di anche 20-30.000 euro a favore di ogni singola badante costretta a lavorare in nero – proseguono gli esperti di Fisascat – Non dimentichiamo, però, l’altra faccia della medaglia: soprattutto nel settore del lavoro domestico abbondano i casi di chi, invece, non vuole essere messo in regola, per mantenere la disoccupazione, l’assegno del reddito di inclusione o per non alterare il suo Isee che è necessario per accedere ad una serie di agevolazioni».

Specialmente nella ristorazione e in generale nei pubblici esercizi il contratto tipo che ci viene portato al sindacato dai lavoratori è di 2, massimo 3 anni. Sono settori che hanno un ricambio notevole. Il 92% delle vicende che approdano ad una vertenza sindacale ha un esito positivo per i lavoratori che sono stati sfruttati.

L'intervento
«L’ammontare di una vertenza dipende dalla lunghezza del contratto. Lo scorso anno siamo riusciti a recuperare a favore dei lavoratori circa un milione di euro», fa di conto Fisascat. Infine, più che un numero c’è una riflessione da mettere sul tavolo: «La stragrande maggioranza di questi uomini e queste donne arrivano da noi perché sono state consigliate da conoscenti che, in qualche modo, sono riusciti a liberarsi da forme di sfruttamento. Funziona il passaparola mentre, invece, non girano le campagne informative istituzionali: semplicemente le persone, specialmente le più giovani, non le conoscono. Sarebbe davvero il caso di cambiare passo con la comunicazione». Domani è un altro giorno e negli uffici Fisascat di Modena si preparano ad un nuovo round contro l’illegalità e lo sfruttamento. Solo lunedì sono già fissati incontri con altri otto lavoratori.