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L’inchiesta

Modena, storie di lavoro nero: «Sfruttati perché bisognosi»

Modena, storie di lavoro nero: «Sfruttati perché bisognosi»

Martignetti (Fisascat Cisl): «I titolari fanno affari sulla pelle dei collaboratori»

28 marzo 2024
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Ci sono le statistiche, i numeri del lavoro nero a Modena, comunità dove sarebbe lecito aspettarsi che alcune parole d’ordine come legalità ed equità abbiano messo più radici che altrove. E invece i casi sono centinaia, almeno uno al giorno quelli seguiti da Fisascat Cisl e dalla sua task force. La Gazzetta di Modena ha raccolto dalla viva voce delle vittime alcune delle tante storie di vessazioni e violenze che sono state gestite e risolte da Fisascat.

«La condizione di bisogno economico è il filo rosso che unisce tutte le storie di sfruttamento e permette ai datori di lavoro senza scrupoli di fare affari d’oro sulla pelle dei collaboratori», evidenzia del resto Alessandro Martignetti, numero uno di Fisascat, la categoria che opera nel terziario, nel turismo e nei servizi.

«I DATORI SE NE APPROFITTANO»

«Quello che sorprende molti osservatori distratti, anche nelle istituzioni, è che intercorra tanto tempo prima che le vittime si decidano a chiedere la protezione del nostro sindacato e a denunciare. Mettiamoci nei panni di queste persone, almeno per un attimo: sono lavoratori e lavoratrici che si spezzano la schiena per non perdere il posto, hanno necessità di soldi per stare a galla con l’affitto e un costo della vita che qui è importante – prosegue Martignetti – Quando vivi in questa situazione non vai per il sottile e nemmeno hai tempo per pensare ai tuoi diritti, perché sai che se ne inizierai a parlare col tuo capo nove volte su dieci ci saranno problemi. I datori di lavoro più cinici lo sanno e approfittano di questa situazione».

Martignetti sa bene che dai suoi uffici emerge il binomio triste tra lavoro e nero e condizione femminile. «Sfruttare è sempre una forma di inciviltà inaccettabile, sfruttare una donna e ridurla ad una sorta di condizione primitiva, proprio come nelle storie che ha raccolto “La Gazzetta di Modena”, è una forma di violenza due volte più vergognosa».

Il sindacalista di Fisascat consiglia di «informarsi dal sindacato prima di sottoscrivere un contratto o al minimo campanello d’allarme, per essere assistiti al meglio». E torna a chiedere che «ci siano controlli su controlli nei settori ad alta intensità di lavoro nero e di lavoro grigio, che poi è un nero 4.0 mascherato con la foglia di fico del contratto a chiamata».

UNA BADANTE: «MI HA TERRORIZZATO» 

Il lavoro delle badanti, così importante per molti anziani, è una sorta di incubatore tradizionale per il lavoro nero. Maria è una delle tante donne dell’Est Europa che sono arrivate a Modena in cerca di occupazione. Nel 2011 trova lavoro al servizio di un’anziana nel centro della città.

«Sono passati dodici anni e quando ho deciso che non avrei più fatto passi indietro il figlio di questa donna ha iniziato a comportarsi come una iena con me – racconta Maria con la voce che le trema ancora – Entrava in casa come un demonio, non mi salutava nemmeno e mi terrorizzava coi suoi comportamenti, mentre sua madre piangeva. Ad un certo punto mi ha proposto un contratto di 24 ore, sapendo che ne facevo più di 54».

Maria trova altre occupazioni «subendo molto spesso trattamenti insopportabili. Ad esempio, una donna che assistevo abitava in un condominio all’ultimo piano, mi obbligava a pulire tutte le scale e le proprietà delle altre famiglie. Stavo male, non trovavo aiuto da nessuno. Solo quando una mia amica mi ha consigliato il sindacato, ho recuperato la mia dignità, sentendomi di nuovo libera e riportando a casa i soldi che mi spettavano. Vorrei che ci fossero più persone come Monica e lo staff di Fisascat».

UN TUTTOFARE: «TROPPE PRETESE»

Una storia che sembra acqua fresca se paragonata a quella di Alexey, badante pure lui, per quasi dieci anni. «Sono stato assunto da una famiglia per lavorare sei ore al giorno accanto ad un anziano. Poco dopo le pretese sono aumentate e mi hanno chiesto di lavorare di notte e nei festivi, senza vedere un centesimo in più e senza un solo giorno libero». Alexey lascerà questo incarico dopo qualche anno, cadendo dalla padella alla brace: «Tante volte le famiglie mi hanno chiesto non solo di curare i loro anziani con gravi problemi di salute ma di stirare e cucinare per tutti, tagliare l’erba dei loro giardini, coltivare l’orto e perfino imbiancare casa. Cosa ho ricevuto in cambio? Quando è andata bene qualcuno ha detto “grazie”». Dopo sette anni di lavoro e contributi non pagati, Alexey ha avuto bisogno della disoccupazione, ricevendo solo 400 euro al mese. «Non potevo vivere a Modena con questi soldi, non bastavano. Per non finire sotto ad un ponte mi sono rivolta al sindacato e lì ho incontrato persone che mi hanno aiutato». 

UNA CAMERIERA: «TRUFFATA E UMILIATA»

Impressiona la storia di Lucia (nome rigorosamente di fantasia per tutelarne la privacy), assunta da un ristorante in provincia nel 2015 con un contratto part-time che prevedeva 28 ore alla settimana. Per sette lunghissimi anni Lucia ha lavorato con una media di 43 ore a settimana, pagate con l’escamotage di una truffa.

Lucia nel 2022 rimane incinta, ha bisogno dei soldi del suo lavoro e non può perdere il posto. «In gravidanza ho controllato la mia situazione, mi sono accorta che le ore di straordinario che facevo mi venivano pagate anticipando il tfr in busta paga. Ho chiesto spiegazioni al mio datore di lavoro che ha negato tutto, facendomi passare per una bugiarda. Non sapevo che fare, in un momento così delicato della mia vita, mentre aspettavo un bimbo, mi sono sentita truffata e umiliata. Non credevo di potercela fare ma ho deciso di licenziarmi – racconta Lucia –. E’ allora che ho deciso di rivolgermi al sindacato per tentare di recuperare i soldi dei miei straordinari. Ero andata per informarmi e con mille dubbi. Ero emotivamente a pezzi ma Monica e il personale di Fisascat mi hanno dato il coraggio di andare avanti, spiegandomi con gentilezza i miei diritti. Dopo una vertenza sindacale ho potuto riavere ciò che mi spettava».

Oggi Lucia fa la mamma a tempo pieno e quando parla di suo figlio è davvero felice.

Fin qui sono storie di donne vessate, sottopagate, truffate dal modenese della porta accanto, quello dai modi gentili e che poi si trasforma.

UN BARISTA: «UN PUGNO DI MOSCHE»

Questa è invece la storia di Mario, barista a Modena centro. «Mi piaceva il mio lavoro e quello che facevo, negli anni sono sempre andato incontro alle esigenze aumentando le mie competenze per essere in linea con un mercato che ha gusti e tendenze che cambiano spesso. Fin qui tutto bene. Quando ho deciso di cambiare occupazione, chiedendo il riconoscimento dei miei diritti, ho scoperto di avere in mano solo un pugno di mosche – evidenzia Mario – Senza Fisascat non ce l’avrei fatta, con loro ho ricostruito la mia storia lavorativa, ricalcolando il dovuto. È stato un percorso lungo ma alla fine i miei diritti sono stati fatti rispettare. Ecco perché dico a tutti quelli che stanno passando quello che ho passato io: non aspettate, rivolgetevi subito al sindacato».