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Violenza e caporalato a Carpi. Sgominata la banda dei corrieri

di Stefania Piscitello
Violenza e caporalato a Carpi. Sgominata la banda dei corrieri<br type="_moz" />

La gang si chiama “Ak 47”: tutto è partito dalla denuncia di un lavoratore. Operazione nei confronti di 20 pakistani, due accusati di tentato omicidio

01 maggio 2024
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Tutto è partito dalla denuncia di un lavoratore. Una denuncia da cui è emersa una realtà fatta di corrieri sfruttati, violente aggressioni e spedizioni punitive con coltelli, mazze ferrate, bastoni. Sullo sfondo, la città di Carpi e protagonisti i membri della gang “Ak 47 Carpi”, il cui nome rimanda alla sigla del kalashnikov, organizzazione smantellata dalla Digos di Modena con la collaborazione del Commissariato di polizia di Stato di Carpi coordinati dalla Procura (pm Amara e Bombana).

All’alba di ieri è stata data esecuzione a due distinte ordinanze di custodia in carcere per venti indagati: tutti uomini pakistani. La prima ordinanza riguarda 18 persone gravemente indiziate di fare parte di un’associazione a delinquere – Ak 47 Carpi, nome che si davano sui social – dedita a estorsioni, lesioni personali, minacce, autoriciclaggio, intermediazione illecita e caporalato. La seconda riguarda due indagati pakistani con dimora a Brescia, indiziati di un tentato omicidio in concorso avvenuto a Carpi il 6 ottobre 2022: si erano sfidati due gruppi di pakistani, quello di Brescia e quello di Carpi. A questo episodio è legato un altro tentato omicidio: l’aggressione del 7 aprile di quest’anno. La vittima dell’episodio del 2022, insieme ad altre tre coindagati, con bastoni e machete ha aggredito altri due connazionali.

Da dove è iniziato tutto

Le indagini hanno preso il via nel 2021 dopo la coraggiosa denuncia di un lavoratore che aveva subito minacce, culminate in una violenta aggressione, in occasione di una riunione sindacale da parte di alcuni degli indagati. Aveva riportato lesioni gravi e 166 giorni di prognosi. Gli investigatori hanno ipotizzato l’esistenza di un’associazione a delinquere, composta da pakistani, per la maggior parte residenti a Carpi considerati autori di gravi azioni criminali realizzate, di fatto, in totale “obbedienza” alle volontà e agli ordini del boss: un pakistano di 30 anni. Il procuratore capo Luca Masini, nel corso della conferenza stampa a cui erano presenti, tra gli altri, anche il questore Donatella Dosi, ha parlato del «giuramento di fedeltà» che i membri avevano fatto, della «sottomissione al capo e la disponibilità a effettuare azioni criminose a comando».

La maggior parte degli indagati era dipendente di una società di servizi logistici legati al trasporto di merci con sede legale nel vicentino – estranea ai fatti – che aveva in appalto la manodopera dei corrieri all’interno di una nota società di spedizioni. Gli indagati reclutavano lavoratori pakistani e lucravano sulle loro retribuzioni, facendosi consegnare una quota. L’analisi della documentazione bancaria, relativa ai rapporti tra le società committenti e le quattro imprese individuali riconducibili al capo dell’organizzazione, ha permesso (anche grazie alla collaborazione del Nucleo di Polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza di Modena), di scoprire una movimentazione in pochi mesi di oltre un milione e mezzo di euro. I membri i “Ak47Carpi” sfruttavano la capacità di incutere timore nelle vittime dei reati. Lo facevano con pesanti minacce di ritorsione anche nel paese di origine. Si era instaurato un rapporto di collaborazione con una società per azioni operante nel settore della logistica; rapporto che ha permesso ai membri dell’associazione di alimentare una lucrosa attività di caporalato.

Riuscivano a reperire anche senza preavviso e di notte manodopera a basso costo. C’è di più: due degli indagati destinatari della prima ordinanza, all’epoca erano rappresentanti sindacali aziendali presso due società di spedizione. Chi si ribellava diventava vittima di spedizioni punitive con pestaggi con mazze ferrate, coltelli. All’interno del gruppo c’era una sorta di protezione: clienti colpevoli di avere lamentato l’inefficienza del corriere sono stati vittime di violente spedizioni punitive.