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Sanità: il caso

Modena, malata di tumore su una barella per 27 ore in attesa del ricovero

Ginevramaria Bianchi
Modena, malata di tumore su una barella per 27 ore in attesa del ricovero

L’odissea prima al pronto soccorso poi per l’accesso al Com

15 maggio 2024
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Modena. Un’odissea: 27 ore di attesa per un prelievo del sangue al pronto soccorso del Policlinico e per un ricovero al Com (Centro oncologico modenese); queste le tempistiche che ha dovuto assecondare una 60enne modenese affetta da due tumori al terzo stadio, entrambi inoperabili.

«Mentre aspettava era sola, non mi facevano entrare con lei – racconta la figlia –. Non le hanno dato da mangiare e non l’hanno assistita come avrebbero dovuto: ha tenuto lo stesso pannolone sporco per 27 ore, nessuno glielo ha cambiato». La figlia poteva intravedere la madre solo attraverso un vetro. Ma riavvolgiamo il nastro. Tutto comincia lunedì alle 8. Come da accordi con l’oncologa, la signora avrebbe dovuto fare delle analisi del sangue al Com, che la segue da ormai tre anni e mezzo.

«Negli ultimi mesi – racconta l’ex marito della paziente – le sue forze sono calate sempre di più, limitando molto le sue capacità motorie. Ma c’è con la testa. A causa di questo suo indebolimento fisico abbiamo concordato con la dottoressa che avrebbe dovuto fare delle analisi del sangue. Così quella mattina ho telefonato il 118. L’hanno caricata senza urgenza su uno dei loro mezzi, in modo tale da poterla trasportare in maniera adeguata fino al Com». La figlia, intanto, seguiva con la sua macchina l’ambulanza, finché il personale sanitario non ha telefonato per dirle che «sarebbe stata portata al pronto soccorso del Policlinico e non più al Com. Causa saturazione posti».

«Tra una cosa e l’altra – racconta la figlia – siamo arrivati a mezzogiorno. Le hanno dato un codice blu, e da subito l’hanno fatta stendere su una barella, quella che l’avrebbe ospitata per le successive 27 ore. Io, invece, sono stata lasciata fuori, perché mi è stato detto che non potevo accompagnarla. L’unico momento in cui sono riuscita ad avvicinarmi a lei è stato quando ho chiesto all’infermiera se potessi almeno passarle il cellulare. Ho pensato che dandole il telefono avrei avuto un’idea migliore di ciò che le stava succedendo. E meno male che gliel’ho lasciato». Passano le ore e la sessantenne resta sdraiata sulla barella. A tenerle compagnia qualche sorso d’acqua, che dice di aver chiesto agli infermieri di passaggio: «Acqua, nulla più – conferma l’ex marito – Al telefono ci ha raccontato che non le hanno nemmeno dato da mangiare. Si è urinata addosso più volte nel corso del tempo e, a forza di stare nella stessa posizione, diceva di accusare diversi dolori. “Preferisco morire a casa che qui”, mi ha detto in una delle nostre chiamate». Dopo otto ore, alle 19, la donna è riuscita finalmente a fare il prelievo del sangue. «Ho fatto irruzione nella sala d’attesa e ho scongiurato gli infermieri di fare il possibile per accelerare i tempi. Dopo varie sollecitazioni le hanno cambiato il codice: dal blu all’arancione. Poi, le hanno fatto il prelievo». Un’ora dopo sono arrivati i risultati delle analisi: i sali erano molto bassi e la signora andava ricoverata.

«Mia madre voleva assolutamente essere ricoverata al Com, si era sempre trovata bene lì – riporta la figlia – Perciò, i dottori del pronto soccorso le hanno fatto la cortesia di tenerla a dormire lì. Secondo i piani, il mattino seguente sarebbe poi stata spostata al Com. Le hanno procurato così le coperte con cui coprirsi, ma non un cuscino, perché non ne avevano». L’indomani la paziente è stata portata al Com per il ricovero, ma il posto letto ancora non c’era. «Dopo aver passato un po’ di ore ad attendere, alle 14 l’hanno presa in carico, e io sono tornata a casa – racconta la figlia – Speravo di poter stare tranquilla. E invece no. Mia madre alle 16 mi ha telefonato per dirmi che la volevano dimettere. Sono corsa al Com e ho chiesto spiegazioni, visto che al pronto soccorso ci avevano detto che i valori dei sali erano così bassi che serviva un ricovero. A quel punto, il dottore che era di turno mi ha consultata per un parere sui risultati delle analisi. “Ma secondo lei va ricoverata o no?”, mi ha chiesto. Ho risposto in maniera affermativa, anche se la situazione mi è sembrata esilarante», commenta.

Attualmente la sessantenne è ricoverata ed è stabile, seguiranno accertamenti per comprendere meglio i valori del suo sangue: «Finalmente si sente sicura, e noi di conseguenza siamo sereni», commenta l’ex marito. «Vedremo come continuerà questa faccenda – sentenzia la figlia con tono amareggiato – Mi rendo conto che gli operatori sanitari siano oberati di lavoro, ma otto ore per il prelievo del sangue di un’oncologica mi sono sembrate eccessive. Spero vivamente – conclude – che ciò che è accaduto a mia madre sia solo un caso isolato, dovuto da un intasamento giornaliero dei pronto soccorso. Spero che questo non sia il riflesso dell’ eccellenza sanitaria di cui tanto si parla nel nostro territorio».