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L'intervista

Muzzarelli: «Una città rigenerata, io resto in campo per aiutare Modena»

di Cristiano Meoni
Muzzarelli: «Una città rigenerata, io resto in campo per aiutare Modena»<br type="_moz" />

Al termine dei suoi dieci anni da sindaco, l’annuncio della candidatura al consiglio regionale. Sul suo possibile successore: «Mezzetti si distingue? Gli lascio 20 tagli di nastro

16 maggio 2024
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MODENA. «Lascio il Comune dopo 10 anni, ma io non scappo». Alla fine della lunga chiacchierata, Gian Carlo Muzzarelli rivela “come” resterà nella politica modenese. «Mi è stato proposto dal mio partito, il Pd, di candidarmi al consiglio regionale, io sono disponibile in un percorso condiviso» dice il sindaco uscente, 69 anni tra un mese, il “montanaro” – come rivendica – sceso a Modena, già sindaco di Fanano, assessore provinciale, consigliere regionale e assessore regionale. In questa intervista di congedo affronta le questioni locali ma anche nazionali: ad esempio, prendendo le distanze dalla corrente riformista di Stefano Bonaccini, “Energia Popolare”.

Dopo dieci anni da sindaco, tra un mese non lo sarà più. Le dispiace?

«Sì, le cose che ami si lasciano male. Ma bisogna fare i conti con la realtà».

Chissà quanti momenti da ricordare in questi dieci anni. Il più toccante?

«Alessandra, mia moglie, mi ha imposto fino alla fine il dovere di fare il sindaco anche nei momenti più complicati. La serata più emozionante è stata al Modena Park per il concertone di Vasco. Io e lei, abbracciati, lei sapeva tutte le canzoni e le cantava e ci siamo amati». (si commuove).

Momenti che l’hanno fatta arrabbiare?

«Il 25 aprile 2019, una festa sacra per noi, Modena è stata vandalizzata da irresponsabili che in nome di proteste esasperanti hanno imbrattato tutto e ferito il sentimento dei modenesi”.

Momenti in cui ha pensato di mollare?

«Mai».

Sicuro?

«Mai, per il mio carattere sono abituato a metterci la faccia e ad andare fino in fondo e a rispettare gli impegni che ho preso. Così ho reagito quando mi hanno proposto di andare in Parlamento: io sono un montanaro e la parola di un montanaro è più importante di ogni cosa. E sono rimasto a fare il sindaco».

Facciamo una foto a Modena adesso e confrontiamola con una di dieci anni fa: come è cambiata la città?

«Modena è migliorata: più orgogliosa, più consapevole, più bella. Rigenerata, nei luoghi e in pezzi della comunità. Avevamo dato due messaggi: “una marcia in più” e “la Modena in movimento”. Li abbiamo centrati entrambi. Quando sono arrivato si discuteva di cosa fare dell’area ex Amcm, dell’ex ospedale Sant’Agostino, dell’ex Mercato del bestiame, dell’ex Consorzio agrario, dell’ex Corni. Era la città dell’ex aree e ora è la città realizzata. E pure una meta turistica. Il 2015 è stato l’anno del cambiamento, con lo slogan “Ferrari & Pavarotti land, slow food e fast cars”. Abbiamo costruito il Motor Valley Fest e una miriade di festival fino alla ciliegina sulla torta, il film su Ferrari, e voglio ricordare il successo di Massimo Bottura. I due musei Ferrari di Maranello e Modena nel 2019 facevano 450 mila visitatori, nel 2023 hanno raggiunto i 750mila. Siamo anche diventati a tutto tondo una città universitaria».

E in cosa è peggiorata? Ci sarà pure qualcosa in cui Modena è peggiorata…

«Sì, in parte è peggiorata l’anima modenese. Ne ho parlato anche con don Erio. Il Covid ha portato a una mutazione del nostro carattere, che prima era più aperto, più solidale. Il Covid ci ha fatto rinchiudere e ancora qualcuno ha paura a uscire. Sono stato di recente in un circolo dove gli anziani ballano e mi hanno detto che qualcuno non è ancora tornato. Chiudersi ha fatto venire meno un certo senso dell’appartenenza alla comunità».

C’è un problema di sicurezza urbana: come lo affrontiamo?

«Il problema esiste, non lo nego. Come affrontarlo? Mantenendo i patti. Noi lo abbiamo fatto, il governo no».

Quello che non funziona è sempre colpa del governo?

«Ma io lo posso dimostrare. Questione forze dell’ordine: abbiamo chiesto una questura di classe A, come ci spetta, e ci è stata negata. Abbiamo chiesto 100 uomini in più in città, ce li hanno dati per l’intera provincia. Solo i carabinieri hanno mantenuto gli impegni: dei 54 rinforzi, però a Modena ne sono arrivati 14. Vero, sono arrivati 19 agenti di polizia, ma 40 sono andati in pensione. Quanto alla Guardia di finanza, su 47 uomini previsti ne sono arrivati 19. Avere il giusto numero di forze dell’ordine è un nostro diritto. Da parte nostra, abbiamo mantenuto gli impegni: abbiamo 226 agenti di polizia locale, le telecamere pubbliche saliranno a 603, abbiamo il cane antidroga e il chiosco di piazza Matteotti. Poi c’è la questione migranti».

Sulla quale la sinistra è stata anche ambigua. Accoglienza, sì, ma anche i doveri di chi si accoglie.

«Non c’è dubbio. Chi viene qui a delinquere va punito, chi viene per far bene si accoglie, ma deve imparare l’italiano e un mestiere. Noi abbiamo organizzato corsi per formare i giovani migranti, ma con le leggi attuali un migrante non accompagnato appena compie 18 anni perde il diritto all’accoglienza e finisce in strada. Poi delinquono o si arrangiano come possono. So di ragazzi che vivono sotto un ponte e tutte le mattine vanno in bici a Campogalliano a lavorare».

La Corte dei Conti ha bacchettato l’Ausl modenese per il pesante rosso dovuto all’esternalizzazione di servizi.

«È un giudizio tecnico che non prende atto delle esigenze complessive del territorio. La Conferenza territoriale socio sanitaria ha approvato il bilancio 2023, confermando la piena fiducia ai direttori generali e alla struttura che ha lavorato con una serietà totale. L’Ausl modenese ha fatto quello che le veniva chiesto. Ricordo che dopo il Covid tutte le amministrazioni chiedevano di non chiudere i servizi, con tutti gli strumenti possibili, compreso il ricorso alle cooperative».

Che giudizio dà della sanità emiliana e modenese?

«La sanità emiliana è la migliore d’Italia, lo dicono le agenzie nazionali. Ma se vogliamo costruire un modello di sanità post-Covid, bisogna metterci le mani, motivare il personale che solo pochi anni fa veniva glorificato e adesso è messo all’indice, aumentare la formazione e tenere alta la ricerca. Il governo deve mettere 5 miliardi, per una sanità pubblica, universalistica e di qualità».

Massimo Mezzetti non era il suo candidato. Adesso sta prendendo le distanze dalla sua amministrazione su alcuni punti, a partire dalla raccolta differenziata e dai nuovi sottopassi. Questo la amareggia? Se lo aspettava?

«Quando uno si candida con una maggioranza composta diversamente è legittimo che ci siano dei propositi diversi. Mezzetti è la sintesi di una alleanza il cui perno è il Pd. La città ha bisogno di continuità. Ma non c’è nessun problema se si prova a cambiare, l’importante è che il cambiamento sia migliorativo. Mezzetti avrà anche la fortuna, se sarà eletto, di tagliare una ventina di nastri da qui al 2026».

C’è chi rimpiange già il Muzzarelli che ci metteva la faccia e si batteva fino al raggiungimento del risultato. E c’è chi prova sollievo a vederla uscire, perché il suo approccio era troppo muscolare, mentre Mezzetti propone di essere più inclusivo…

«Ognuno ha il suo carattere, l’importante è fare bene nell’interesse di Modena».

L’arresto del governatore della Liguria Toti per corruzione ripropone il tema mai archiviato della "questione morale". Schlein ha riproposto la “diversità comunista” di epoca berlingueriana dicendo: “Noi siamo distanti dalla corruzione, non come gli altri”. Condivide?

«Faccio fatica a dire che la struttura del nostro Paese può garantire percorsi di finanziamento della politica solidi, dopo l’errore di aver abolito il finanziamento pubblico dei partiti. Io vengo da un’esperienza molto educativa. Ho frequentato il Pci dove le persone venivano misurate e verificate e dove mi è stata insegnata l’etica del fare politica, a partire da quello che mi diceva mio padre: sempre a servizio della comunità. Se la politica diventa affarismo meglio smettere. Bisogna evitare le derive: noi a Modena con i mafiosi non abbiamo trattato e abbiamo fatto chiudere le loro sale giochi e sono finiti in galera».

Veniamo a Elly Schlein: come si sta muovendo?

(aspetta a rispondere) «Elly deve lavorare in un partito complicato, con tante anime, passioni ed esigenze. La squadra del Pd deve aiutarla a tenere il profilo di un partito progressista che vuole stare in Europa, che vuole lavorare insieme alle imprese per qualificare il lavoro, che ritiene fondamentale la coesione sociale e che assume con equilibrio tutte le transizioni da fare».

Lei appoggiò Bonaccini alle primarie: lo rifarebbe?

«Cercherei oggi un confronto più forte con lui, per migliorare l’impianto politico del Pd o comunque per contribuire con un gioco di squadra più forte a garantire una prospettiva ampia del Pd».

Ha condiviso la costituzione di una area riformista, Energia Popolare?

«Io non ho aderito a Energia Popolare: per me il Pd è uno e vorrei che le discussioni si facessero tutte a un tavolo e tutti insieme. A forza di distinzioni ci si può indebolire, lo abbiamo già vissuto. Un confronto anche animato ma con sintesi forti serve a ciascuno di noi per migliorare e serve al Paese per crescere».

Adesso, se Bonaccini va in Europa, in Regione si andrà al voto anticipatamente. Ha un’idea del candidato presidente del centrosinistra per l’Emilia Romagna?

«Stefano è capolista e sarà il nostro riferimento in Europa, Modena è da tempo in Europa e con lui sarà sempre più città europea, continuando a intercettare risorse e a essere protgonista del cambiamento. Sosterrò il Pd e Bonaccini, così come sostengo Elisabetta Gualmini che ha lavorato bene da europarlamentare e sostengo le persone che mi chiedono di stare al loro fianco».

E in Regione?

«La direzione regionale del Pd ha definito un percorso sul programma e sul candidato. Io credo che debba essere valorizzato il protagonismo di chi ha bene operato in Regione e quello dei sindaci che sono stati in campo da protagonisti».

Firmerà il referendum sul Jobs Act proposto dalla Cgil? Elly Schlein l’ha firmato, molti riformisti no.

«Non l’ho firmato, ci sto pensando. Credo che si inserisca impropriamente in un momento sbagliato, andando a creare divisioni. Tra l’altro l’oggetto del quesito è già stato in larga parte depotenziato».

Come andrà il voto amministrativo a Modena? Un pronostico?

«Se il Pd va bene e l’alleanza tira, vinciamo al primo turno, ma non facciamo previsioni. Niente numeri».

Perchè il centrodestra a Modena non ha fatto una scelta civica?

«Ha fatto una scelta per potenziare Fratelli d’Italia e ammazzare il centrodestra, una scelta pesante per quello schieramento. Stanno continuando a difendere Roma contro Modena e questo è vergognoso».

Muzzarelli, lei che farà dopo aver lasciato il Comune? Lei è in politica dal 1980: continuerà ad esserlo?

«Io ho preso un impegno straordinario con Emma e Daniele, i miei figli: con loro ho definito che resterò nella città di Modena e che continuerò da Modena a garantire le condizioni per la crescita della provincia. C’è il tema di una mia candidatura all’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna: mi hanno chiesto un impegno sia il segretario provinciale Solomita che la segretaria cittadina Venturelli, me lo ha chiesto Bonaccini, ne ho parlato con il segretario regionale Tosiani e con Massimo Mezzetti trovando condivisioni. Se serve una mia candidatura alle regionali, non mi tiro indietro. La sto condividendo con il partito perché questa è la condizione principale per il mio impegno, insieme a quella posta dalla mia situazione familiare. Poi mi allaccerò le scarpe e cercherò di fare al meglio questa corsa.

Sono contento che il sindaco di Bologna Lepore abbia proposto di intitolare “la fabbrica delle idee” a Giulio Santagata, non solo perché Santagata era modenese, amico e politico di qualità ma perché nell’idea riformista ha scaricato le tensioni del Pd. “L’ira del riformista” è un libro che consiglio».

Che temi porterà avanti per la Regione?

«La sanità e i servizi sociali sono il tema decisivo per la coesione sociale: il governo non può continuare a prenderci in giro, ci vogliono le risorse richieste. Così come serve un piano straordinario per la casa e per il trasporto pubblico locale. E occorre un grande piano per la formazione e un’assistenza ai giovani che vada dal nido all’università. Infine l’economia: l’Emilia Romagna è una regione industriale e reclama con forza una politica industriale e per il lavoro degna di questo nome. Ad esempio: o si trova un modo per inserire Maserati in un percorso del lusso oppure questa grande azienda vanto di Modena salterà».