Quasi una casa su quattro è sfitta in provincia di Modena
L’analisi dell’Ufficio studi di Lapam Confartigianato: sono 80.432 le abitazioni non occupate, oltre il 20% del totale sul territorio provinciale. I dettagli su vendite, affitti e prezzi
MODENA. «La pressione abitativa sul territorio è disomogenea. L’aumento dei prezzi non agevola sicuramente le imprese a trovare lavoratori disposti a trasferirsi. C’è bisogno di una politica abitativa che possa favorire l’acquisto della prima casa o un affitto a prezzi più ragionevoli e, in questo senso, speriamo che la Bce opti per una diminuzione dei tassi come annunciato a più riprese da inizio anno».
L’ufficio studi Lapam Confartigianato ha elaborato una ricerca sul mercato immobiliare in provincia di Modena, da cui emerge come i modenesi (e gli italiani in generale), siano un popolo che preferisce avere la proprietà della casa in cui vive.
Secondo l’ultimo censimento delle abitazioni, nel 2021 erano occupate il 79% delle abitazioni in provincia di Modena, mentre il restante 21% risulta non occupato, pari a 80.432 abitazioni. L’incidenza maggiore di abitazioni non occupate si osserva tra i comuni montani (sempre superiore al 50% con l’eccezione di Pavullo), mentre i comuni della pianura si fermano al valore massimo del 20,3%. Il numero di abitazioni occupate in provincia di Modena cresce del 2% rispetto al 2019.
«Questa differente distribuzione – spiegano dall’associazione – è determinata da molteplici fattori. I comuni a vocazione turistica hanno più abitazioni adibite a seconde case di villeggiatura o appartamenti dedicati all’affitto stagionale. I comuni con un maggior tasso di turisti in provincia di Modena sono i comuni montani di Sestola, Fiumalbo e Montecreto, ai primi posti anche per quota di case non abitate. Tutti i primi 8 comuni per quota di abitazioni non occupate hanno tassi di visitatori doppie rispetto alla media provinciale e rientrano tra i primi 12 comuni per maggior vocazione turistica della provincia. Al tema del turismo si affianca però anche quello dello spopolamento, fenomeno dilagante soprattutto per quanto riguarda il territorio montano».
Come emerge dai dati, il mercato immobiliare modenese ha visto un forte calo del numero di immobili residenziali compravenduti a partire dal 2007, per effetto della crisi economica che ha fortemente condizionato il mercato immobiliare degli ultimi quindici anni. Il numero di compravendite ha iniziato a risalire debolmente solo a partire dal 2013 e, dopo la breve frenata nel 2020 imposta dalla pandemia, ha visto un robusto rimbalzo nel 2021 che è andato rallentando nel corso del 2022.
Sulla base dei dati provvisori disponibili dalle banche dati sui volumi di compravendita dell’Omi, nel 2023 in provincia di Modena sono state compravendute l’11,2% in meno di unità abitative rispetto al 2022, ma l’11,7% in più del 2019 e il doppio rispetto a 10 anni prima, proseguendo dunque il trend in crescita del mercato immobiliare che si osservava prima della pandemia. Gli ultimi dati al 2022 attestano la quotazione media degli immobili residenziali in provincia di Modena su 1.237 € per metro quadrato, superiore nel comune capoluogo (1.665 €/mq, +34,6% sul valore medio provinciale) e comuni dell’area pedemontana (1.278 €/mq), mentre le quotazioni più basse corrispondono alle macroaree più distanti dal capoluogo: quella appenninica e della bassa modenese. A eccezione dei comuni montani, rimasti invariati, tutti gli altri comuni hanno visto una crescita dei valori in media del +2,2% rispetto al 2021.
Gli elevati tassi per l’apertura di un mutuo spingono le persone a preferire la soluzione dell’affitto, con un costo che in provincia di Modena nel 2023 è aumentato del 2,4% rispetto all’anno precedente (in linea con la media italiana del +2,4%) e del 6,1% rispetto al 2015 rientrando tra le prime 20 province per maggiore incremento pur restando al di sotto del valore regionale (+7,3%). Già nel 2021 si osservava la difficoltà per una famiglia media ad affittare un appartamento in centro a Modena, Carpi e a Fiumalbo.
«Il piano casa è un’urgenza sentita – concludono dall’associazione – e sui cui bisogna intervenire, sia per gli studenti che vogliono trasferirsi in città per frequentare l’università, sia per gli addetti che necessitano di un’abitazione vicina al luogo di lavoro. Facilitare l’accesso a un’abitazione a queste categorie di persone contribuirebbe senz’altro a ridurre quel gap tra domanda e offerta di lavoro: avendo studenti e lavoratori vicino al tessuto imprenditoriale sarebbe più facile reperire quella manodopera di cui le imprese hanno necessità di questi tempi».