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Il peso dell’affitto, in Emilia una casa si “mangia” fino al 30% dello stipendio: quanto costa a Modena

di Stefano Luppi
Il peso dell’affitto, in Emilia una casa si “mangia” fino al 30% dello stipendio: quanto costa a Modena

Per i canoni Modena stacca Ferrara e “doppia” Reggio

24 giugno 2024
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MODENA. In Emilia Romagna in cinque anni, dal 2018 al 2023, il peso medio del canone d’affitto dell’appartamento incide sullo stipendio mensile quasi ovunque per poco meno del 30% della cifra percepita.

In Regione
A Modena e Rimini tale percentuale, che zavorra la vita delle persone, si avvicina al 40% della retribuzione, mentre a Bologna, addirittura, tale numero lo supera con il 40, 2%, ciò significa che sotto le Due Torri quasi metà del proprio stipendio – il cui valore causa inflazione si erode sempre più – se ne va per il canone di affitto. E dappertutto in regione tale canone cresce inesorabilmente: a Bologna addirittura arriva a quota 886 euro (+ 6, 3% sul 2018) e a Modena a 823 euro (+3, 9%) inoltre se confrontiamo Modena e Reggio Emilia – città praticamente identiche per dimensioni e servizi a meno di trenta chilometri una dall’altra – vediamo una differenza di ben 331 euro per quel che riguarda la rata d’affitto. Agli 823 citati per Modena Reggio risponde con “appena” 492 euro.

La situazione in Italia
Mentre in Italia la mensilità media di affitto è di 731 euro, ben il 35, 2% dello stipendio, in crescita del 3,6%. E come si fa dunque, almeno in certi luoghi sempre più “borghesizzati” , a vivere visto che oltre all’appartamento le famiglie sono alle prese con la corsa ai prezzi per la spesa e la crescita inesorabile pure delle bollette? Senza pensare ai figli che vanno a scuola. Così, già da tempo in certe città, come appunto Modena, Bologna e Parma, numerosi agenti di forze dell’ordine, professori, infermieri, lavoratori dei cantieri non possono più permettersi di abitare e lavorare. Un grave problema, tanto che nei giorni scorsi il neo presidente di Confindustria – l’imprenditore modenese Emanuele Orsini – ha ricordato che «Non si può pensare che un affitto superi il 25-30% dello stipendio che prendono i giovani».
Questi numeri giungono dall’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) dell’Agenzia delle Entrate e ci dicono che in Italia mediamente tra il 2018 e 2023 il peso medio del canone d’affitto sui redditi da lavoro dipendente nelle città capoluogo è passato dal 31,6% al 35,2%. E a superare quota 40%, oltre a Bologna appunto al 40,2% ci sono anche Firenze (46,5%) , Prato (45%) , Roma (41,5%) , Venezia (43,8%) e Vicenza (41,2%) .
Un bel guaio, tenuto conto che anche gli affitti concordati – garantiscono il proprietario gli enti locali del territorio, con agevolazioni fiscali a fronte di una rata di locazione inferiore al prezzo di mercato – vanno su fino a oltre il 30% in 15 capoluoghi di provincia.

L'analisi dei dati
Analizzando i dati si vedono molte disparità, e siamo ben oltre l’inflazione visto che i 731 euro medi di affitto odierni sarebbero invece 715 se pesasse solo la crescita dei prezzi al consumo. Invece sull’impennata pesano la ripresa della domanda post-pandemia e l’aumento degli affitti brevi per turisti. Tra il 2018 e il 2023, la mensilità media richiesta in Italia è così passata da 615 a 731 euro, numero quest’ultimo che supera l’incremento dovuto all’inflazione che avrebbe portato il canone medio a 715 euro.

Aumenti importanti e il turismo
Questo aumento è dovuto anche ad altri elementi come la crescita della domanda di locazioni brevi per i turisti: ciò a esempio pesa più a Ferrara e a Modena, meno a Reggio dove il boom turistico è più contenuto mentre dappertutto va considerata la domanda di abitazioni da parte degli studenti universitari. Va anche ricordato che in Italia l’applicazione della cedolare secca – meccanismo che vede una modalità agevolata di tassazione degli affitti mediante l’applicazione di una aliquota al 21% – ha un po’ protetto molti inquilini dai rincari. Circa 2,79 milioni di contribuenti, rileva l’Agenzia delle Entrate, usufruiscono di questa modalità, rispetto a 3,65 milioni di case che risultano invece locate con l’affitto “tradizionale”. Va detto inoltre che non sono solo le grandi città a registrare un sostanzioso aumento dei canoni, ma anche quelle medie tra cui le emiliano romagnole. A Milano, Firenze e Roma i canoni sono i più elevati d’Italia, essendo rispettivamente giunti a quota 1.122, 967 e 947 euro al mese, ma anche in provincia numeri forti: detto in apertura di Bologna (a 886 euro) , Modena a 823, ci sono Parma a 628, Ferrara a 558, Rimini a 556, Ravenna a 529, più in basso appunto Reggio a quota 492 euro, Forlì a 476 e Piacenza a 464 euro, fanalino di coda in regione. Peraltro sono evidenti le disparità territoriali: ai 1122 euro di Milano si contrappongono i 464 euro di Palermo e a Caltanissetta ed Enna siamo addirittura a quota 302 e 304 euro.

L'esperta
«Subito dopo il Covid – spiega Mariella Lioia, esperta del ramo immobiliare, attiva nel distretto ceramico tra Modena e Reggio – abbiamo avuto aumenti generalizzati, compresi gli affitti. Analizzando i dati ci saremmo aspettati che sarebbe stato l’aumento dell’inflazione determinato dallo scoppio della guerra in Ucraina a creare problemi mentre in realtà questi ultimi li vediamo ben maggiori oggi, negli ultimi sei mesi. Molte persone a noi operatori dicono che non riescono più a pagare l’affitto ed è terribile: del resto con uno stipendio medio di 1200-1300 euro e con una rata di 500-700 euro mensili anche 100 euro possono fare una grossa differenza. Io credo che quello della perdita del potere d’acquisto degli stipendi sia il problema principale che abbiamo e per questo vediamo aumentare molto le richieste di co-housing (alloggi con stanze private e parti in comune) , soprattutto dopo l’estate quando aumentano le richieste sui territori per studenti e insegnanti. Questi ultimi, a esempio, magari sono supplenti per meno di un anno e non riescono a ottenere l’affitto visto che i proprietari chiedono stipendi a tempo indeterminato». Per ovviare erano nati gli affitti concordati: «Certo – termina l’esperta – ma va tenuto presente che anch’essi sono un po’ aumentati inoltre convengono maggiormente ai proprietari che affittano più alloggi. Se uno integra i propri redditi affittando l’appartamentino ereditato dalla nonna preferisce restare nel libero mercato».