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L'intervista

L’avvocato Zaccaria: «Anche un ex calciatore del Sassuolo è stato vittima di revenge porn»

di Stefania Piscitello
L’avvocato Zaccaria: «Anche un ex calciatore del Sassuolo è stato vittima di revenge porn»

Il penalista modenese si è occupato alcuni anni fa del primo caso in provincia di Modena

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MODENA. L’avvocato penalista Cosimo Zaccaria si è occupato alcuni anni fa del primo caso di revenge porn in provincia di Modena. La vittima, un calciatore del Sassuolo, aveva trascorso alcuni momenti intimi insieme a una donna che poi aveva diffuso le immagini di quei momenti tra tutti i giocatori della squadra e la famiglia di lui. La donna è andata a processo e ha patteggiato, prima che arrivasse a chiedere denaro al calciatore e che quindi si arrivasse all’estorsione. Dopo il caso che ha portato un 50enne di Fanano al suicidio, schiacciato dalle richieste di denaro di due uomini che lo minacciavano di diffondere immagini intime rubate, e per cui i carabinieri hanno arrestato un 40enne – un 26enne è ricercato – l’avvocato Zaccaria fa il punto su revenge porn e estorsione sessuale, su cosa si rischia e su come comportarsi nel casi in cui ci si ritrovi a esserne vittime.

Revenge porn e estorsione sessuale: quali sono le differenze?
«Il revenge porn (612 ter, ndr) è stato introdotto per tutelare ulteriormente la libertà della persona soprattutto in momenti delicati e meno protetti come quelli dell’esplicazione della vita sessuale. Spesso questo tipo di reato ricorre come forma di vendetta, di sanzione di carattere personale nei confronti di un altro soggetto. Riassumendo, il revenge porn ha come scopo quello di punire tutte quelle divulgazioni non autorizzate di immagini sessualmente esplicite. Diversa è l’estorsione di carattere sessuale, tenendo presente che l’estorsione si colloca nell’ambito dei delitti contro il patrimonio. Non c’è in questo caso il solo uso di immagini sessualmente esplicite, ma un uso finalizzato a costringere la persona che è ripresa a corrispondere somme di denaro. Quindi non c’è solo un uso illecito e non consentito delle immagini ma addirittura una distorsione di questo utilizzo per ottenere un ingiusto profitto. C’è un qualcosa di più. Il codice ha inteso tutelare la sfera della vita privata e sessuale, a maggior ragione con il revenge porn che spesso viene subito dopo lo stalking: in molti casi come una sorta di vendetta vengono diffuse queste immagini per punire chi ti ha lasciato o deluso».

Qualche anno fa lei si è occupato di un caso di revenge porn molto particolare...
«Quattro anni fa. Fu il primo caso in provincia di Modena. Rappresentavo un calciatore di serie A (all’epoca giocava nel Sassuolo, ndr) che aveva trascorso momenti “amabili” con una ragazza. Poi non si erano più frequentati. Lei per vendicarsi ha diffuso tra tutti i giocatori della squadra e i familiari del calciatore immagini di loro due mentre erano in intimità. Siamo riusciti ad intervenire prima che si arrivasse all’estorsione. La donna agganciava persone danarose e arrivava poi all’estorsione sessuale. Alla fine aveva patteggiato».

Cosa rischia chi commette questo tipo di reato?
«Mentre nel 612 ter (revenge porn, ndr) indicativamente si va da uno a sei anni di reclusione, per l’estorsione, che è un reato più grave, si va da cinque a dieci anni, con una multa da mille a 4mila euro».

A livello giuridico si parla di reati, ma spesso a livello sociale capita che la vittima venga colpevolizzata. Perché?
«Di solito c’è una ritrosia a denunciare fatti del genere proprio perché avvengono in una sfera così intima in cui le persone, direi comprensibilmente, non hanno piacere a fare vedere come vivono la propria sessualità. La sessualità per motivi sia di carattere morale che di ordine pubblico viene vissuta solitamente in modo appartato e discreto, quindi c’è ritrosia e colpevolizzazione da parte della società perché ci sono forme di sessualità che magari qualcuno non condivide. Si pensi all’omosessualità, a pratiche sadomaso o altre cose che in passato erano considerate “deviate” ma che ora per fortuna con il procedere dei tempi non lo sono più: anche se c’è ancora parte della società che le giudica negativamente. È evidente che spesso c’è ritrosia a denunciare perché c’è il timore di esporsi a un processo pubblico».

Che consigli dà a chi è vittima di questi reati?
«L’importante è non avere il timore di denunciare un fatto subdolo. Necessario raccogliere immediatamente tutti gli elementi, soprattutto se questi reati avvengono in ambito informatico, e chiedere ai tecnici consigli su come si devono raccogliere: il semplice screen può non consentire di identificare l’autore. Può essere che in alcune occasioni ci sia stata una diffusione di seconda mano attraverso canali che non sono direttamente tracciati. Da ricordare inoltre che il revenge porn punisce non solo l’autore originario, ma anche colui che consapevolmente riesce a diffondere il contenuto».