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Infermiere, dove vai? Sempre più scelgono l’estero

di Alessia Dalla Riva
Infermiere, dove vai? Sempre più scelgono l’estero

Si stima che solo nell’ultimo anno un migliaio abbia lasciato l’Emilia Romagna

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Professionisti e scontenti, perchè l’Italia non riesce a valorizzarli al meglio. Secondo il database Ocse aggiornato nel 2022 negli ultimi tre anni, cioè dal 2019 al 2021, sono andati all’estero più di 15 mila infermieri italiani. Da questa cifra manca il dato della Germania dove si stima lavorino circa altri 2.700 professionisti arrivati dal nostro Paese.

La stima

Sulla base dei dati Ocse la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche stima che dall’Emilia-Romagna siano emigrati all’estero circa 2.000-2500 infermieri a partire dall’inizio degli anni 2000, di cui quasi 1.500 dal 2019 al 2021 con una tendenza all’aumento nel periodo più recente, quasi un migliaio all’anno. Una vera e propria migrazione di infermieri che vanno a cercare una vita migliore: soldi, all’estero sono pagati meglio; carriera, c’è la possibilità di crescere; agevolazioni, ad esempio per chi ha famiglia.

I flussi

Tuttavia, spiega Pietro Giurdanella, presidente del Coordinamento regionale dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche (Opi) Emilia-Romagna: «Risulta difficile quantificare la ripartizione regionale degli emigrati in quanto l’infermiere ha l’obbligo di iscrizione all’ordine ma non è detto che la città di iscrizione coincida con il luogo di lavoro».

Ad andarsene sono gli infermieri laureati nelle università italiane che, oltre ad aggravare pesantemente le carenze di personale in Italia, rappresentano costi elevati senza alcun ritorno. La formazione di un infermiere costa infatti circa 22.500-30.000 euro sui cinque anni (13.500 sul triennio, cioè circa 4.500-6.000 euro all’anno), senza considerare i costi sostenuti dalle famiglie per mantenere lo studente. Una spesa quindi di circa 900 milioni per professionisti che si formano in Italia e che però lavorano all’estero.

I tempi

«C’è da dire che dopo l’emergenza Covid il flusso di infermieri che hanno scelto di lavorare fuori dei confini italiani si è ridotto, probabilmente per la nuova politica di apertura del Sistema sanitario nazionale e per la ricerca di professionisti necessari a colmare le carenze messe in evidenza soprattutto con la pandemia», afferma Giurdanella.

Nel 2021 infatti erano all’estero circa 3.800 infermieri contro i 6 mila degli anni precedenti. La somma è riferita agli ultimi tre anni, in quanto verosimilmente chi è partito è ancora all’estero (se fossero anche solo il 25% si tratterebbe di circa ulteriori 7.500 infermieri), ma andando indietro nel tempo (il database Ocse fornisce dati a partire dal 2000), si evidenzia che la “fuga” è andata via via aumentando soprattutto negli anni immediatamente successivi al blocco dei contratti e ai primi blocchi del turn over. Infatti fino al 2009 compreso erano all’estero circa 350-400 infermieri l’anno, negli anni successivi il numero è aumentato raggiungendo il culmine di oltre 6.600 nel 2016.

Si stima comunque che fino al 2018 erano quasi 37 mila gli infermieri andati all’estero nel corso degli anni (esclusa la Germania per cui verosimilmente il numero sale a circa 43.000).

Le destinazioni

Per quanto riguarda le nazioni più ambite, per gli infermieri il numero maggiore di infermieri italiani all’estero è nel Regno Unito (da un minimo di 3.100 circa l’anno nel post pandemia a un massimo di 4.700 nel 2015, considerando solo gli ultimi anni), seguito dalla Svizzera (circa 1.100-1.200 l’anno) e, secondo altre stime, dalla Germania (intorno ai 1.000 l’anno), mentre nelle altre nazioni la cifra raggiunge difficilmente i 100 l’anno.

Il dato generale potrebbe essere comunque sottostimato perché, come nel caso della Germania, per quanto riguarda gli infermieri, non tutti i Paesi rispondono necessariamente alla domanda di dati dell’Ocse. Di questi infermieri si stima che quelli che svolgono attività transfrontaliera (quindi soprattutto verso la Svizzera) siano ancora residenti in Italia e abbiano mantenuto l’iscrizione agli albi degli ordini provinciali della professione infermieristica.

Ma c’è chi arriva

Il fenomeno della migrazione va analizzato anche dal punto di vista degli arrivi nel nostro Paese. Per quanto riguarda gli infermieri stranieri che vengono a lavorare in Italia si stima che al 31 dicembre 2022 siano circa 25 mila quelli provenienti dall’estero e, di questi, 15.644 da paesi Ue e 9.417 da paesi extra Ue. A tutti questi che si sono regolarmente iscritti agli ordini provinciali dopo aver superato le verifiche previste dalle normali procedure di legge, si sono aggiunti, secondo stime delle Regioni, circa 11.150 infermieri come conseguenza dei decreti emergenziali Covid-19 (“Cura Italia”). Decreti che hanno ammesso personale senza il passaggio legato ai controlli, a cui ne vanno aggiunti altri 1.700-1.800 circa in seguito agli effetti del decreto Ucraina. Secondo i dati più recenti disponibili a fine 2022 e inizio 2023, il totale degli infermieri stranieri presenti in Italia sarebbe quindi di circa 38.011.

«Alla base di questo quadro - conclude Giurdandella - c’è anche un problema legato al modello organizzativo del lavoro. Anche se c’è stata un’importante evoluzione nel percorso formativo degli infermieri, nei contesti lavorativi l’organizzazione è uguale a 20 anni fa, come per tutte le professioni sanitarie. Aspetti sociali, aspetti educativi fanno sì che i giovani si allontanino da dinamiche e contesti assistenziali e curativi perché queste professioni sono poco attrattive. Insomma i giovani oggi sono meno portati alle professioni di cura». 

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