Gazzetta di Modena

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Il lutto

Modena, addio al medico del 118 Giuseppe Arcangelo Conserva: «Esempio per tutti noi»

di Ginevramaria Bianchi
Modena, addio al medico del 118 Giuseppe Arcangelo Conserva: «Esempio per tutti noi»

A stroncarlo una malattia. Il collega Baraldi: «Perdersi a parlare con lui era facile, era sapiente e affascinante»

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MODENA. «Ricordo ancora chiaramente il giorno in cui incontrai per la prima volta Giuseppe. Era pomeriggio, e mi aspettava un turno particolarmente intenso nelle vesti di volontario. Avevo appena iniziato a prestare servizio, e la mia ansia era palpabile. Poi arrivò lui, con la sua calma disarmante e un sorriso che riusciva a trasmettere sicurezza anche nei momenti più critici, e mi aiutò. E non lo fece solo quella volta. Mi aiutò sempre, perché lui era fatto così, era buono dentro».

Sono parole dolci e nostalgiche quelle Marcello Baraldi, responsabile medico del servizio di emergenza territoriale 118, che ricorda l’amico e collega Giuseppe Arcangelo Conserva, anche lui medico del servizio di emergenza territoriale 118 venuto a mancare ieri, lasciando la moglie Maria, i figli Matteo e Laura, e un intero mondo di colleghi e amici. Conosciuto e rispettato per la sua straordinaria dedizione e competenza, si è spento all’età di 64 anni, dopo aver lottato a lungo contro una malattia.

Il dottor Conserva, di origini pugliesi, ha lasciato un segno indelebile nella comunità medica modenese, dove ha prestato servizio per due decenni con passione e impegno.

Il ricordo
«Era un esempio per tutti. La professionalità, le competenze e la passione che ha sempre infuso in questo lavoro sono state fonte di ispirazione per tanti professionisti più giovani», riferisce l’Ausl ricordandolo. Ma la figura di Conserva non si limitava alla sua competenza medica: era noto per la sua capacità di ascolto, per il modo empatico con cui affrontava ogni situazione, per la sua umanità, che trascendeva il mero atto medico. Era una presenza costante e rassicurante per chiunque lavorasse a stretto contatto con lui, dai giovani volontari ai colleghi più anziani.

«Non ci volle molto prima che il nostro rapporto andasse oltre quello prettamente professionale – riferisce Baraldi – Perdersi a parlare con lui era facile, era sapiente e affascinante. I pomeriggi volavano, e io, come tanti altri, cercavo di apprendere il più possibile da lui. Credo infatti – confessa – che gran parte delle competenze mediche che mi hanno fatto diventare professionista siano merito suo, che ha avuto la sapienza e la delicatezza di insegnarmele giorno dopo giorno. Gli devo tanto».

«Il suo impegno e la sua umanità – riprende l’amico e collega Baraldi – resteranno un faro per tutti coloro che continuano a lavorare nel campo delle emergenze mediche. Solo così – conclude – riusciremo, almeno in parte, a colmare l’immenso vuoto che ci ha lasciato».