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L’Ausl di Modena in campo: «I ragazzi ci parlano di suicidio, la condivisione è la via d’uscita»

di Gabriele Farina
L’Ausl di Modena in campo: «I ragazzi ci parlano di suicidio, la condivisione è la via d’uscita»

Corvese (responsabile del centro Adolescenza): «Occorre saper ascoltare»

10 settembre 2024
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È sabato sera. Un giovane modenese rincasa sentendosi privo di energie e di speranza. Pensa di farla finita, poi fa un passo indietro e trova il coraggio di chiedere aiuto.

La storia non è di fantasia, ma è una realtà con cui si confrontano gli psicologi in servizio al centro Adolescenza dell’Ausl di Modena.

«C’è una via di uscita: condividere il dolore»

La responsabile Maria Corvese ha aperto ieri le porte in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio. Il tema scelto dall’Onu per l’edizione 2024 è “Cambiare la narrativa”.

«Il suicidio è l’atto estremo che sancisce la fine del vissuto di chi sente di non avere speranza – ha detto Corvese – Può avere un problema accaduto fuori o vissuto dentro. Sta male ed è carico di rabbia, vergogna, senso di ingiustizia o mancanza di senso per un problema che sembra senza speranza».

La responsabile ha rimarcato il valore del “sembra”. «In realtà c’è subito una via di uscita: condividere il dolore – ha aggiunto – La parola è uno strumento potentissimo accanto all’ascolto e sul territorio modenese abbiamo una rete potentissima. Tutti gli sportelli di ascolto nelle scuole sono in rete tra loro, con noi della sanità e con gli enti locali».

I servizi in campo

L’Ausl di Modena è in prima linea con due strumenti: lo spazio Giovani dei consultori familiari e lo stesso centro Adolescenza. I giovani tra 14 e i 19 anni possono rivolgersi direttamente al primo, gli adolescenti tra i 14 e i 20 anni possono contattare psicologi online nel secondo.

«Riceviamo tante richieste di contatto al sabato e alla domenica sera – ha precisato – quando ci sono ragazzi che vivono momenti di chiusura e pensano di farla finita». Tali pensieri richiedono una risposta rapida. «Consigliamo subito un appuntamento veloce – ha descritto – Gli adolescenti ci scrivono cosa li sta preoccupando. Noi leggiamo velocemente i messaggi: una collega si occupa quasi quotidianamente di rilevare le richieste da distribuire, distretto per distretto. Quando un tema è un po’ scottante siamo molto veloci a chiamare. Poi c’è lo spazio Giovani, in cui gli adolescenti possono andare direttamente nei giorni di apertura e dire cosa li fa stare male in momento».

I numeri dell’anno scorso

Nel 2023 hanno bussato per la prima volta ai due servizi dell’Ausl 753 adolescenti di Modena e provincia. Al centro Adolescenza se ne sono rivolti 856, incluse le visite seguenti alla prima.

I numeri includono tutte le richieste dei giovani senza tenere conto degli studenti che si sono rivolti agli sportelli nelle scuole. L’Ausl organizza anche incontri contro il rischio di emulazione.

«Difficilmente vediamo esiti di tentativi di suicidio – ha specificato – mentre più facilmente parliamo di ragazzi che raccontano di aver pensato al suicidio oppure di morire. Spesso sono disponibili a parlarne: va sfatato il mito che se ne parliamo suggeriamo l’idea di farlo. È l’esatto contrario: i propositi maturano nel silenzio».

Infrangere il silenzio

Rompere il muro di chi si chiude e medita la fine è una sfida per i genitori, gli amici, gli insegnanti. «Gli adolescenti vivono un rapporto complesso con i genitori – ha rimarcato – fatto di vicinanza e allontanamento. Non è detto che i messaggi siano lanciati principalmente ai genitori, anche se è vero che i giovani possono scrivere di intenti suicidi sulle proprie pagine e i genitori sono collegati con i propri figli».

Il confronto a voce rimane uno strumento potente sia con i figli sia con gli amici. «Ci sono genitori che sono molto amici degli amici dei figli – ha detto – per cui è possibile che siano i migliori amici ad avvisare i genitori».

I messaggi possono essere diversi: «biglietti, diari, messaggi sui social». Attenzione anche agli adolescenti che si ritirano dalla vita sociale (hikikomori). «Il rischio è più alto – ha ribadito – ma spesso stanno in casa e dunque in un ambiente protetto».

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