Moglie e figliastra uccise a fucilate a Castelfranco: chiesti l’ergastolo e l’isolamento per Salvatore Montefusco
Il pm: «Sono due i moventi: uno è l’odio, l’altro è di tipo economico, legato alla casa»
CASTELFRANCO. Un omicidio mosso da due grandi moventi. «Uno è sicuramente l’odio. L’altro è legato al destino della casa, ed è il movente economico. Entrambi questi filoni sono stati presenti in tutto il processo». Ha cominciato così la sua arringa ieri mattina il pm Giuseppe Di Giorgio, nel processo che vede l’imprenditore Salvatore Montefusco – assistito dall’avvocato Marco Rossi – accusato di avere ucciso a fucilate la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia di lei, Renata, il 13 giugno 2022 a Castelfranco. Una lunga arringa che si è conclusa con la richiesta più pesante: quella dell’ergastolo e dell’isolamento diurno per tre anni. Sì, perché il pm ha elencato tutte le aggravanti che, secondo la pubblica accusa, pendono su Montefusco. Per l’omicidio della moglie: la premeditazione, la crudeltà, il fatto che fossero sposati, l’aver commesso il fatto davanti a un minore (il figlio 16enne dei due) e il fatto che il resto si sia consumato in un contesto di maltrattamenti. Per l’uccisione della figlia: la crudeltà, i maltrattamenti e la premeditazione. Il pm ha chiesto anche una condanna per la detenzione e la ricettazione dell’arma clandestina.
Il pm
«Vorrei fare un paragone un po’ azzardato, ma la mentalità mafiosa è così. Lui pensa di essere padrone perché ha comprato tutto». Così il pm ha descritto, ad un certo punto, quello che per mesi, per anni, è avvenuto tra le mura di quell’abitazione, la stessa abitazione in cui le due donne hanno trovato la morte. L’abitazione che è stata uno dei temi centrali nel processo. È infatti emerso come Montefusco temesse che le donne potessero in qualche modo portargli via la casa. Sulla premeditazione, il m ha elencato una serie di elementi, focalizzandosi sulle modalità in cui è avvenuto l’omicidio. Prima è morta la figliastra, poi la moglie. Non una casualità, secondo il pm. Se infatti fosse avvenuto il contrario, un 25 per cento della casa «sarebbe rimasto in capo al ramo rumeno della famiglia e non avrebbe garantito il 100 per cento al figlio», ha evidenziato Di Giorgio.
Il giorno dopo il duplice femminicidio, si sarebbero dovute tenere due udienze. Una era quella per la separazione, l’altra per il procedimento che vedeva l’imprenditore indagato per il reato di maltrattamenti nei confronti delle due donne, che lo avevano denunciato. Per quel procedimento il pm aveva chiesto l’archiviazione ma le due vittime si erano opposte. Un’udienza fiume quella di ieri, che ad un certo punto ha dovuto subire un breve stop perché, le immagini di quel giorno proiettate in aula, hanno provocato troppo dolore tra i familiari delle due vittime, presenti in tribunale. Il pm ha messo sul piatto tutte le aggravanti per un’eventuale condanna. Come detto, secondo l’accusa, l’omicidio è stato commesso in occasione del delitto di maltrattamenti: «Abbiamo le denunce (sporte dalle due vittime nei confronti di Montefusco, ndr) in cui dicevano: “Temiamo che possa ucciderci”. Abbiamo i documenti audio e fotografici».
Il brutale omicidio
La mattina dell’omicidio, il 71enne teneva l’arma, un fucile accorciato, verosimilmente dietro la schiena. Di Giorgio ha ricostruito quanto dichiarato da Montefusco: «Dice che la ragazza lo sbeffeggia e gli dice: “Domani te ne vai”». Lui lo estrae a sorpresa, lo punta verso la ragazza, le dice: “Di chi è la casa?”. E fa fuoco». Il pm ha descritto il clima di terrore in cui, secondo l’accusa, vivevano le due vittime. Vittime di violenza psicologica ed economica, «aveva installato un gps sull’auto», e ancora «mostrava di essere amico di carabinieri e poliziotti, e questo faceva paura alla moglie». Una riflessione poi, il pm, l’ha fatta sulla confessione di Montefusco: «Con mezze verità e tante bugie. Questa è una confessione meritevole di portare alterazioni di pena?». Al termine della lunga discussione del pm, è iniziata quella delle parti civili, che proseguirà, seguita da quella della difesa, alla prossima udienza. Le parti civili sono: Casa delle donne (avvocato Valeria De Biase), Provincia di Modena, il Comune dei Castelfranco, il figlio adolescente di Montefusco, sopravvissuto alla mattanzae infine, assistiti dagli avvocati Cristiana Polesel e Gianmaria Dalle Crode, i fratelli, la madre di Gabriela e una sorella.