Modena, i 50 anni del Villaggio Giardino: un docufilm ne racconta la storia
Sarà proiettato sabato alle 21 alla parrocchia Gesù Redentore: un viaggio nel quartiere tra racconti di chi lo ha visto nascere e nuove prospettive
MODENA. Non palazzi immersi nel verde, ma vagoni di un treno che da cinquant’anni porta in viaggio una comunità: quella del Villaggio Giardino. È questo il senso del docufilm “La comunità viaggiante”, di Riccardo Finelli con la direzione artistica di Christian Pugnaghi, patrocinato dal Comune di Modena, che sarà proiettato in anteprima sabato presso la sala polivalente della Parrocchia di Gesù Redentore, con la presentazione del giornalista Paolo Vecchi.
Opera corale
Il documentario è una grande narrazione corale costruita su oltre sessanta conversazioni fatte da Finelli con vecchi e nuovi abitanti, in occasione dei cinquant’anni del Villaggio. Una narrazione che parte dall’idea di fondo su cui nacque il comparto, già nel Piano Regolatore del 1965. Realizzare una periferia mai vista prima, dove lo spazio pubblico vince sullo spazio privato e l’urbanistica serve a fare incontrare le persone: dai portici, all’assenza di cancelli, fino a un cuore verde di alberi e prati privo di attraversamenti carrabili.
Parte da lì il viaggio di una comunità attraversata da passioni civili e politiche, dove le strade sono alle volte divise scientificamente fra “bianchi” e “rossi”, fra signori e classe operaia, ma diventano subito laboratorio di confronto, convivenza e, soprattutto, collaborazione, con la fioritura di numerose realtà associative. Lungo quel percorso migliaia di persone trovano nel Villaggio Giardino una sorta di terra promessa, con tutte le contraddizioni tipiche dei crogioli di gente, dove il benessere convive con sacche di marginalità (ad esempio, la famigerata via Fleming).
Tra luoghi e storie
Il documentario attraversa tutti i luoghi del Villaggio: dalle panchine in cui si trovavano le immense compagnie degli anni Ottanta e Novanta, alla parrocchia (vecchia e nuova), alla società sportiva Young Boys, fino ai negozi, rimasti in buona parte gli stessi di un tempo. Ma, soprattutto, intreccia storie di vita e personaggi, che si susseguono fino a oggi, in un percorso di integrazione fra età e culture. Così si arriva al presente e alle sue contraddizioni: da un lato, una periferia di qualità, con eccellente tenore di vita e ben servita; dall’altro un Villaggio dove ai ragazzi che giocano a pallone si sono sostituite carrozzine spinte da badanti. E dove si è esaurita la spinta al volontariato e al presidio comune degli spazi pubblici.
Tra presente e futuro
Eppure, nonostante tutto, il Villaggio al giro di boa del mezzo secolo si scopre capace di reinventare se stesso. Certo con la nostalgia per i luoghi perduti (la vecchia parrocchia, i ritrovi delle compagnie…) e la coesione appannata. Ma anche con la propulsione di nuovi abitanti e nuovi centri di gravità come, ad esempio, lo skate park “Le Gobbe”, o il playground basket degli Schiocchi, frequentati da adolescenti e cinquantenni, modenesi e non modenesi, italiani e stranieri. Nuovamente, insomma, il Villaggio Giardino, si propone al 21esimo secolo come crocevia di integrazione, forse il più cosmopolita fra i quartieri di Modena.
Il documentario, accanto alle immagini del Villaggio di oggi, è arricchito da numerose foto delle origini, messe a disposizione da singoli cittadini, associazioni, enti e istituzioni, fra cui Unioncasa e le Fondazioni AGO e Ivano Barberini.