Piccole imprese in sofferenza: la locomotiva Emilia Romagna è in stallo
Nel 2024 risultati inferiori alle attese, i competitor europei vanno più forte. Paghiamo la crisi della Germania danneggiata dalle scelte Ue per l’elettrico
BOLOGNA. La produzione industriale e soprattutto manifatturiera in Emilia-Romagna arranca, in una situazione di stallo che le impedisce di crescere. La buona notizia è che nel secondo trimestre del 2024 è riuscita praticamente a non arretrare aggrappata tenacemente alla sua posizione.
Il presidente regionale di Unioncamere, Valerio Veronesi, lo chiama “effetto Pordoi”, come la temutissima scalata del Giro d'Italia nelle tappe alpine. «Davanti a noi – spiega – c'è un gruppo che non ci deve staccare, ma facciamo molta fatica perché i nostri competitor investono il 50% in più in intelligenza artificiale, sono più digitalizzati e, soprattutto, hanno aziende più strutturate». Insomma le imprese europee si “arrampicano” con maggiore facilità, mentre «le grandi aziende italiane non riescono a tenere il passo».
È il rischio che Veronesi vede più forte, analizzando i dati della congiuntura in Emilia-Romagna, presentati a Bologna insieme alla direttrice di Intesa Sanpaolo per Emilia-Romagna e Marche, Alessandra Florio, e al presidente regionale della Piccola industria di Confindustria, Andrea Pizzardi.
Spiragli di risalita nel 2025
Per vedere qualche spiraglio, bisognerà attendere il 2025 quando, secondo la stima elaborata a luglio da Prometeia, la ripresa del commercio mondiale dovrebbe sostenere l’attività industriale e una ripresa del suo valore aggiunto (+1,5%). Per ora, tra aprile e giugno, la produzione è scesa del 2%, mentre per fatturato e ordini il calo è stato del 2,8%. Il periodo di produzione assicurato dagli ordinativi è di circa tre mesi e l'utilizzo degli impianti è a tre quarti della capacità. Calano anche le esportazioni, in flessione dell'1,5% rispetto al primo semestre del 2023.
Sono valori in recupero rispetto ai primi tre mesi dell’anno, ma è un andamento che fa rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil che dovrebbe assestarsi a fine anno tra lo 0,9% e l'1% (un po' di più dello 0,8% previsto per il Paese).
A togliere spinta alle aziende sono i tassi d'interesse che scendono lentamente e il mancato decollo di Industria 5.0, con il ritardo nella pubblicazione dei decreti attutativi che ha congelato molti investimenti e progetti. «Industria 5.0 deve essere modificata» dice a chiare lettere Pizzardi di Confindustria. «Non sta funzionando come dovrebbe. Questo accade – spiega - sicuramente a causa dei tassi di interesse molto elevati. Gli investimenti sono rallentati dal clima di incertezza su Industria 5.0. Non ci possiamo aspettare che il giorno dopo i decreti attuativi le imprese investano».
Il peso tedesco
Pesa tantissimo, poi, la crisi della Germania. «Noi siamo il suo primo fornitore – ricorda Veronesi -. Cosa sta succedendo in Germania lo sappiamo, ma probabilmente lo dovevano sapere anche i nostri governanti europei, quando hanno deciso di convertire tutto in elettrico, oggi non facciamo altro che pagare delle scelte, secondo me affrettate, che ci hanno costretto a buttare via la miglior tecnologia che avevamo nel mondo e a prepararci per una in cui, anche se siamo bravi, arriviamo secondi».
I numeri positivi riguardano solo il settore alimentare, come spesso accade in controtendenza (produzione +0,8%, +1,8% gli ordini esteri). In crisi, invece, la moda (fatturato -6,7%, -8% la produzione) e l'industria delle lavorazioni meccaniche (i ricavi sono calati del 5,6%, la produzione scende del 4,1%, gli ordini del 5,7%). Segni meno anche per la meccanica (-3,5% fatturato, -3,5% ordini). A essere più in difficoltà sono, in generale, le aziende di piccole dimensioni. «Abbiamo molte sfide che mettono sotto pressione i modelli di business consolidati delle aziende, soprattutto piccole – spiega Pizzardi -: decarbonizzazione, digitalizzazione, prezzi dell’energia, dinamiche della competizione globale».
«Le previsioni delle imprese per il secondo semestre – aggiunge – confermano il peggioramento del clima di fiducia».
L’indagine semestrale, realizzata da Confindustria Emilia-Romagna in collaborazione con le associazioni e unioni e che ha coinvolto un campione di 341 realtà, evidenzia infatti che solo il 29% degli imprenditori prevede un aumento della produzione da qui a fine anno; il 48% si aspetta un andamento stazionario.
Secondo l’analisi della Research di Intesa Sanpaolo - spiega Alessandra Florio, direttrice Emilia-Romagna e Marche - «anche nel secondo trimestre 2024 il mercato del credito ha registrato un calo di domanda, nonostante il miglioramento dei criteri d’offerta». «Indicazioni positive» sono giunte, invece, dai mutui alle famiglie per acquisto abitazioni. In Emilia-Romagna le erogazioni sono cresciute del 5,2% nel secondo trimestre.
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