Vendite online: cosa dice la direttiva europea sull’economia del riuso
Come si stanno uniformando alle norme le piattaforme sulle quali avvengono gli scambi. La soglia delle trenta transazioni e dei duemila euro. Attenzione alle segnalazioni
MODENA. Dare una seconda vita ai prodotti usati. Il mercato della “second hand economy” in Italia, nel 2023, ha raggiunto un valore di 26 miliardi, con una crescita del 140% in un decennio ( fonte dati osservatorio Doxa per Subito.it).
I prezzi dei capi firmati nuovi sono andati alle stelle e chi acquista un usato stima un risparmio di oltre il 40% rispetto al nuovo. E la crescita delle transazioni continua. Nel primo trimestre 2024 “il traffico” è cresciuto del 4% rispetto allo stesso periodo del 2023.
Cosa si cede
Auto e moto sono stati la prima categoria per valore generato, con 10,9 miliardi, la categoria Casa e Persona a 7,1 miliardi (+6%) e l’elettronica in crescita a 4,9 miliardi.
Chi vende lo fa prevalentemente per liberare spazio in casa eliminando cose che non servono. Lo scorso anno l’introito medio per venditore è stato di circa 850 euro (fonte Doxa ) .
Le leggi per molti anni sono state lontane da questo settore e l’Europa ha cercato di colmare il vuoto normativo con la Direttiva 2021/514 che ha preso avvio in Italia con il Dlgs 32/2023, in vigore dal 2023, che lentamente è stato applicato dal febbraio 2024.
Di cosa si tratta?
Il venditore di beni viene “segnalato” dal gestore della piattaforma per vendite superiori a 30 transazioni e per un importo superiore a 2.000 euro durante il periodo oggetto di comunicazione.
La nuova regolamentazione deriva dagli obblighi di cooperazione fiscale Europea e non apporta modifiche alle leggi fiscali italiane. È quindi sempre demandato all’Agenzia delle Entrate il potere di valutare attraverso un eventuale accertamento, la sussistenza o meno dei presupposti per tassare tali vendite. Fattori che sono quantomai discrezionali.
Ma cerchiamo di chiarire per non allarmare le tante persone che vendono online. La possibilità di tassare questi introiti dev'essere caratterizzata da una molteplicità di condizioni, non sempre di immediata e facile verifica.
A riguardo, in seguito ad una recente interrogazione parlamentare è stato chiarito che «è necessario che venga provato (da parte dell’amministrazione finanziaria in sede di un eventuale controllo) lo svolgimento di un’attività commerciale, ancorché di carattere occasionale, mediante complesse attività di analisi, dagli esiti spesso incerti, finalizzate a ricostruire una pluralità di atti – anche compiuti nell’arco di diversi anni – tra loro collegati e preordinati al conseguimento di un reddito attraverso la cessione dei beni».
L’intento speculativo
Occorre dunque che sussista un marcato intento speculativo caratterizzato da una preordinata intenzionalità commerciale (acquistare per rivendere) unita ad altri fattori (ad esempio, procacciamento della clientela, inserzioni pubblicitarie, allestimento banchetti).
Nell’ambito delle pure vendite di oggetti usati o di collezionismo fine a se stesso, non sembra possibile riscontrare la presenza dei presupposti per avere una rilevanza reddituale. Ma il condizionale è d’obbligo, perché questi argomenti portano ad interpretare vaghi dettami fiscali ma la realtà dei fatti è che, ad oggi, siamo sicuri che oltre le trenta transazioni e i 2000 euro i cittadini sono oggetto di segnalazione. Come queste verranno usate non è dato saperlo. l
* Dottore Commercialista e Revisore Contabile