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L’allarme

Il riscaldamento globale a Modena: «In cento anni crescita di 8 gradi»

di Riccardo Chiossi

	Luca Lombroso tra gli ospiti dell'evento della Cgil Modena
Luca Lombroso tra gli ospiti dell'evento della Cgil Modena

Lombroso: «Colpa del consumo di suolo che rende le notti estive più calde»

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Per contrastare il cambiamento climatico è divenuto fondamentale studiare e concretizzare delle efficaci misure dirette a prevenire e poi anche a gestire le emergenze oltre che a mettere in sicurezza i territori e le comunità.

Di questo hanno trattato alcuni massimi esperti di emergenze climatiche e di politiche economico/ambientali all’incontro organizzato nella sede della Cgil dal titolo “Non ci sono più le stagioni: lavoro, ambiente e progresso nell’era dell’emergenza climatica”.

«Basta combustibili fossili»

Nel cuore della questione è entrato subito il noto meteorologo e divulgatore ambientale, Luca Lombroso: «La città di Modena – afferma – vede un riscaldamento quantificato in 8 gradi su 100 anni di cui però nelle temperature notturne circa il 50 per cento è dovuto al cambio di uso del suolo. Una soluzione è quella di dissigillare il suolo, che renderebbe le notti estive più fresche e darebbe dei benefici nell’immediato. Verrebbe prodotta anche qualche gelatina notturna, ma non è un male poiché eliminerebbe un po’ di insetti e di zanzare. Il problema più grosso però è rappresentato dalla mitigazione che deve essere praticata globalmente, ma sta di fatto che non a caso si parla di transazione giusta e veloce. Un dato che illustro spesso ci dice che basterebbe spostare e mobilitare il 2/3 per cento dei capitali della forza lavoro da fatti dannosi per l’ambiente a fatti utili per l’ambiente e per l’uomo per realizzare un vero cambiamento a noi utile come nuove professioni che nascerebbero, altre da riqualificare ed altre ancora che dovrebbero essere convertite in qualcos’altro. La prima politica da seguire – continua Lombroso – è quella dell’abbandono dei combustibili fossili unita ad altre che contemplino la cessazione di consumo del suolo, la difesa del territorio e perché no il sostegno delle reti di osservazione migliorando la comunicazione dell’allerta meteo. Per esempio, quando c’è un’allerta meteo rossa dovrebbe essere inserito nei protocolli anche la sicurezza sul lavoro. Come esiste il piano di sicurezza in caso di terremoto, dovrebbe esserci anche il piano di sicurezza in caso di allagamenti, tornado o trombe d’aria su cosa fare in mestieri in cui si rischia la vita».

Risposte «compatibili» con il lavoro

Inevitabile che da una parte i cambiamenti climatici e dall’altra la transizione ecologica impattino sul mondo del lavoro in maniera molto incisiva.

«È importante affermare che lavoro e ambiente non sono due mondi contrapposti – commenta Lisa Dorigatti, sociologa del lavoro all’università di Milano – si può e si deve affrontare l’emergenza climatica in un modo compatibile tra questi due elementi senza perdere buone condizioni occupazionali o mantenere buoni livelli occupazionali. I lavoratori non sono necessariamente d’ostacolo per i processi di transizione come spesso viene rappresentato, ma anzi sono i soggetti trainanti di questi. Le ricerche inoltre ci mostrano che i vincoli al comportamento delle imprese sono necessari perché l’interesse economico di queste e i meccanismi utilizzati non sono affatto efficaci. Serve – conclude – un intervento pubblico che garantisca questi processi di transizione sia in termini di risorse che di vincoli».

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