«La malattia di mia figlia Gioia era curabile, serviva lo screening alla nascita. Ma ora è tardi...»
L’appello di mamma Giulia: «Assurdo che in Emilia Romagna non ci siano gli strumenti per prevenire. Mi auguro che questa storia aiuti a salvare altri bambini»
FORMIGINE. La malattia neurodegenerativa terminale che ha colpito Gioia, 2 anni, si chiama MLD o leucodistrofia metacromatica. La mamma, Giulia Ferrari, scrive sui social: «Fino ai 17 mesi è stata una bambina in linea con le tappe evolutive: giocava, gattonava, parlava, camminava. Da gennaio 2024 ha iniziato ad avere problemi motori».
I primi segnali
La donna si è allarmata quando ha notato che Gioia era in difficoltà a deambulare. «Si muoveva in modo buffo, con le gambe un po’ aperte. Poi ci siamo accorti dei tremori nelle mani quando provava ad afferrare dei giochi o la forchetta». All’ospedale di Reggio Emilia, a cui la famiglia si è affidata subito dopo, in seguito ad una risonanza magnetica e un test genetico è arrivata la diagnosi dopo lunghi mesi di attesa. La malattia di Gioia è causata da un difetto genetico che impedisce la produzione di un enzima (l’Arisulfatasi A), il cui compito è quello di eliminare i sulfatidi, che si accumulano nell’organismo - soprattutto nel sistema nervoso periferico e centrale. Questo comporta un progressivo deterioramento delle funzioni motorie e neurocognitive.
Ormai è tardi...
Per questa malattia, però, esiste una cura efficace: la terapia genica, ma funziona solo se la cura viene somministrata prima che compaiano i sintomi. «I bambini affetti da MLD sono apparentemente sani -continua Ferrari- nulla lascia presagire la malattia fino alla comparsa dei problemi di deambulazione, ma a questo punto è troppo tardi per salvarli». L’unico modo per prevenire la MLD è uno screening genetico, da effettuare in età neonatale. Difficile però da eseguire: ad oggi esiste solo in Toscana e Lombardia.
L’appello della madre
«Mi sembra assurdo dover promuovere delle campagne di sensibilizzazione per una malattia che si può curare – aggiunge – ma mi auguro che la storia di Gioia aiuti a salvare altri bambini». Ora Giulia ha l’obiettivo di iniziare una raccolta fondi per portare lo screening genetico anche in Emilia-Romagna.