Morte di Taissir Sakka, il giudice archivia l’indagine nei confronti dei 6 carabinieri: «Agirono correttamente»
Il 31enne tunisino fu trovato privo di vita la mattina del 15 ottobre 2023 nel parcheggio del Filmstudio 7b in via dell’Abate, a Modena, dopo la notte in caserma con il fratello Mohamed
MODENA. È stata archiviata l’indagine nei confronti dei carabinieri per la morte di Taissir Sakka, il 31enne tunisino trovato privo di vita la mattina del 15 ottobre 2023 nel parcheggio del Filmstudio 7b in via dell’Abate, a Modena.
Il caso
Per quanto accaduto sono stati indagati come atto dovuto sei carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Modena: uno per morte come conseguenza di altro reato, cinque per le lesioni su Mohamed, il fratello di Sakka. Quest’ultimo ha puntato il dito contro i militari sostenendo che la notte tra il 14 e 15 ottobre 2023 lui e il fratello furono picchiati proprio dai militari. Per la vicenda nei mesi scorsi la Procura aveva chiesto l’archiviazione, ma l’avvocato che assiste il fratello, Fabio Anselmo, si è opposto. Ieri è stata resa nota la decisione in merito del gip Barbara Malvasi, a seguito dell’udienza che si è tenuta il 16 gennaio.
Il giudice
Il giudice ha rigettato l’opposizione, disponendo l’archiviazione del procedimento. L’autopsia, come evidenziato dal medico legale Alessandra Silvestri, ha accertato che “le cause di morte di Sakka Taissir e i relativi mezzi di produzione possono essere ricondotti a un’insufficienza cardiaca acuta su base aritmica in soggetto con stenosi aortica severa”. E che sul cadavere “non si sono rilevate lesività traumatiche da sé sole in grado di determinare il decesso, neppure come concause, ma solo lesioni elementari superficiali”. È emersa poi la positività ad alcol etilico, cannabinoidi e loro metaboliti, nonché alla cocaina. Alla luce di indagini ritenute “assolutamente complete ed approfondite”, il giudice sottolinea che gli elementi raccolti “smentiscono in toto la versione offerta dal denunciante Sakka Mohamed, il quale, di contro, forniva agli inquirenti una ricostruzione dell’occorso non veritiera, incongruente e strumentale, tesa a incolpare i carabinieri di un’aggressione ai suoi danni e a quelli del defunto fratello. Tale narrato risulta pienamente contraddetto dalla visione delle immagini estrapolate dai molteplici impianti di videosorveglianza, da cui si evincono tanto l’assenza di colluttazioni tra le parti, quanto l’evidente mancanza di ecchimosi sui volti e sugli arti delle persone offese, frutto di presunte azioni lesive a loro inflitte dagli agenti”.
Gli avvocati
Molto soddisfatti gli avvocati Cosimo Zaccaria e Roberto Ricco, difensori dei sei carabinieri: «L’autorità giudiziaria ha definitivamente accertato che la morte di Taissir Sakka fu tragicamente causata da una grave malformazione cardiaca – rimarcano – e che neppure al fratello Mohamed fu torto un capello, mentre non vi è alcun altro rimprovero da muovere nei confronti di sei appartenenti delle forze dell’ordine. Fin dall’inizio ci eravamo permessi di sottolineare l’assenza di comportamenti scorretti da parte dei militari, riversando le nostre considerazioni in due memorie difensive, le cui conclusioni ci paiono essere state pienamente accolte e ben vagliate dal giudice. La lunga e scrupolosissima indagine ha ripercorso quanto avvenuto in quella notte, dimostrando come i carabinieri fossero intervenuti urgentemente a Ravarino per evitare il degenerare di una lite violenta tra i fratelli Sakka e un nutritissimo gruppo di ragazzi minorenni. Di qui, la decisione di elevare una sanzione amministrativa per ubriachezza molesta nei confronti dei due fratelli, che avevano poi lasciato la caserma di via Pico della Mirandola intonsi. Dunque nessuna violenza né arresto illegale: i militari dell’Arma agirono correttamente. Si mette la parola fine a un anno e mezzo di profonda sofferenza degli indagati, vittime di accuse gravemente calunniose, sulle quali ora ci riserviamo di procedere».