Nel 1682 nuove cattedre per uno Studium stabile
«La spinta venne dal ritorno a Modena degli Estensi»
Una vicenda di saperi custoditi con cura e di rinascite volute, intrecciata alle sorti di una comunità che, con tenacia e lungimiranza, ne ha sostenuto l’esistenza. Due date, 1682 e 1772, si ergono quali pietre miliari nella storia di un’istituzione che ha saputo rinascere, affermarsi nel tempo e trasmettere un’eredità feconda: la storia dell’Università di Modena – che sul finire del XX secolo avrebbe ampliato il proprio orizzonte accogliendo anche Reggio Emilia – si configura quale fulgido esempio di come il sapere possa radicarsi in un territorio, attraversare epoche di crisi e di mutamento, e infine divenire motore propulsivo di progresso culturale, scientifico ed economico. Già, poiché, come sottolinea il professor Pierpaolo Bonacini, docente presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia, «di fatto nel 1682 prima e nel 1772 poi furono gettate le nuove basi dell’Ateneo».
Nel 1682 giunse infatti a compimento un progetto a lungo vagheggiato, maturato nei decenni precedenti grazie all’azione congiunta delle autorità cittadine, del potere ducale e della Congregazione del Collegio di San Carlo:
«Furono finanziate, e dunque istituite, alcune cattedre per ripristinare uno Studium stabile e organizzato», racconta Bonacini. Il ritorno degli Estensi a Modena nel 1598 e la conseguente elevazione della città a capitale del ducato avevano riacceso l’interesse per la creazione di un’istituzione universitaria. Ferrara, ormai sotto il governo pontificio, non rappresentava più il fulcro dell’istruzione per il potere estense, e così si impose la necessità di fondare nuovamente uno Studium, capace di formare e trattenere nella città gli ingegni più promettenti.
E così, prosegue Bonacini, «vennero avviati corsi universitari di teologia, diritto civile e canonico, filosofia e medicina. Poco dopo si aggiunsero gli insegnamenti di matematica, lingua ebraica e greca», precisa Bonacini. Nel giugno del 1685 il duca Francesco II promulgò gli statuti considerati necessari per conferire allo Studio pubblico di San Carlo il rango di Università, cioè di istituzione capace di fornire titolo di addottoramento riconosciuto anche al di fuori del piccolo ducato. Nel secolo successivo, questo assetto si consolidò e si prepararono le condizioni per la grande riforma voluta dal duca Francesco III, che nel 1772 ridefinì radicalmente l’ordinamento dell'istituzione accademica modenese: «L’allora sovrano, nell’ambito di un più ampio progetto di riforma politico-istituzionale, emanò nel 1772 nuovi statuti, con i quali l’Università veniva suddivisa in quattro facoltà: teologica, legale, medica e quella di filosofia e arti, in cui confluirono tutte le altre discipline». Fu da quel momento che l’autorità ducale – ovvero il potere statale – assunse il diretto controllo dell’Ateneo, stabilendone le norme di funzionamento.
«Quando Francesco III assunse il potere – chiosa Bonacini –, decretò che la scelta dei docenti dovesse avvenire con il placet dell'autorità ducale». Due date cardine, perciò, accompagnate da due figure di spicco: se l’istituzione del nuovo Studium nel 1682 fu inaugurata dal prestigioso Bernardino Ramazzini, quella del 1772 venne affidata ad Agostino Paradisi, allora presidente della classe filosofica.
Momenti epocali che, a distanza di quasi un secolo l’uno dall’altro, posero le fondamenta dell’Università che ancora oggi, col suo radicamento e il suo sguardo rivolto al futuro, rappresenta un’eredità culturale di inestimabile valore. l
E.B.
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