Unimore, l’ex rettore Cipolli: «Una scommessa vinta in risposta a un panorama accademico competitivo»
«Gli studi condotti hanno evidenziato qualità e grande rilevanza»
MODENA. Una scommessa vinta. Perché se è vero, come è vero, che l’unione fa la forza, l’esempio plastico della realizzazione di questa dicitura è l’Ateneo a rete di sedi cercato e promosso dall’Università di Modena e Reggio Emilia. Quella all'ombra della Ghirlandina era, fino alla fine degli anni ’90, un’ottima Università che aveva però la necessità di crescere. E così, illustra Carlo Cipolli, già Rettore di Unimore, «abbiamo pensato a un modello che nei fatti ha saputo rispondere alle sfide di un panorama accademico sempre più competitivo, dimostrando l’efficacia della sua organizzazione nell'affrontare le esigenze educative, di ricerca e di sviluppo economico delle due città e del loro territorio circostante». Così è nata, nel 1998, Unimore, che ha saputo coinvolgere nel progetto universitario anche la città di Reggio Emilia. Gli indicatori di successo che emergono a seguito di ciò sono molteplici e rappresentano la conferma di un progetto vincente, il cui impatto è visibile tanto a livello quantitativo quanto qualitativo. Crescono di anno in anno in numeri degli iscritti, sempre più studenti vengono da fuori regione, Unimore sale nelle classifiche dei rank: «È chiara l’attrattività dell’Ateneo, che ha saputo integrarsi in modo efficace nell’ecosistema universitario italiano. Fin dal 1998, la distribuzione delle iscrizioni nelle due città è stata pianificata in modo da raggiungere un equilibrio ottimale, con il 60% degli studenti che frequentano la sede di Modena e il 40% quella di Reggio Emilia. Questo bilanciamento ha permesso a entrambe le sedi di crescere in modo complementare, ognuna sviluppando una propria identità accademica e scientifica, pur mantenendo una forte connessione e sinergia con l’altra». Inoltre, l’evoluzione delle attività di ricerca è stata un altro punto di forza del modello a rete. Il continuo sviluppo della ricerca accademica nelle due sedi ha permesso all’Ateneo di raggiungere livelli internazionali di pubblicazione e di collaborazione con altre istituzioni universitarie. «Gli studi condotti dai docenti e dai ricercatori di Unimore – chiosa Cipolli – si sono contraddistinti per la loro qualità e per la loro rilevanza in ambito scientifico, con un crescente riconoscimento a livello globale. L'internazionalizzazione della ricerca è diventata una delle caratteristiche distintive dell’Ateneo, testimoniando il successo del modello a rete che ha permesso di integrare risorse e competenze tra le sedi di Modena e Reggio Emilia». Così, tanto Modena quanto Reggio Emilia, insieme ai Tecnopoli e alle strutture di ricerca aziendali, hanno creato un ecosistema fertile per l'innovazione, favorendo la collaborazione tra il mondo accademico e quello industriale: «Questo ha portato a risultati tangibili, come la creazione di start-up e di imprese fondate da neo-laureati, che sono diventate uno degli indicatori di successo dell’Università». Unimore ha inoltre saputo affrontare con successo la sfida della formazione di alta qualità, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Le esperienze di stage e tirocini, hanno avuto ricadute estremamente positive sui livelli occupazionali dei laureati. Insomma, coinvolgendo anche la città di Reggio Emilia, Modena ha ricavato benefici: non solo in ambito prettamente universitario, ma anche nel tessuto sociale ed economico. Modena è riconosciuta internazionalmente quale città capace di promuovere attività didattiche e di ricerca qualitativamente elevate, garantendo, al contempo, un contesto di contorno estremamente accogliente nonché alla misura delle esigenze di ciascuno. l © RIPRODUZIONE RISERVATA