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Segnala irregolarità sul lavoro in un supermercato: «Vittima di mobbing e ora vogliono spostarmi in un’altra città»

di Ginevramaria Bianchi

	La donna racconta di essere vittima di mobbing
La donna racconta di essere vittima di mobbing

La denuncia di una lavoratrice modenese impiegata in una catena di supermarket, che si è rivolta ad un avvocato: «Succede anche che mi cambino gli orari senza che io possa accorgermene»

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MODENA. «Quello che sto vivendo ha un nome: mobbing. Ed è un fenomeno che va combattuto. Nessuno dovrebbe trovarsi in una situazione del genere sul posto di lavoro». È la denuncia di una lavoratrice modenese, impiegata in una catena di supermercati, che ha deciso di raccontare la propria esperienza rimanendo anonima per timore di eventuali ripercussioni. Dalle sue parole, trapela un ambiente complesso, fatto di pressioni, esclusioni e trasferimenti.

Tutto è nato da una segnalazione

Tutto ha avuto inizio a settembre, in uno dei reparti, quando la donna ha riscontrato alcune irregolarità nelle procedure aziendali e nelle condizioni di lavoro. Dopo aver segnalato la situazione, sostiene di essere stata progressivamente esclusa da alcune mansioni: «Dopo le segnalazioni che ho fatto, mi è stato limitato l’uso della cassa e mi hanno poi trasferita in un altro reparto contro la mia volontà, così che non potessi più oppormi». Poco dopo, dunque, ha ottenuto un trasferimento in un altro punto vendita, dove ha iniziato a lavorare in altri settori. Ma anche qui le difficoltà non sono mancate: «Ho trovato un ambiente ostile, con colleghi poco collaborativi e una direzione che non offriva supporto». Le tensioni sono aumentate fino a un progressivo isolamento: «Le mie richieste venivano ignorate, i problemi nella gestione quotidiana non trovavano soluzioni».

I primi provvedimenti

E a novembre la situazione precipita definitivamente. La lavoratrice racconta di essere stata esclusa dalle decisioni lavorative, di non essere stata inserita, come tutti gli altri dipendenti, nei gruppi Whatsapp con le comunicazioni, e che non si poteva più nemmeno permettere di prenotare i turni della settimana o le ferie: «Quando sono tornata da un’assenza usufruita per motivi di salute, ho scoperto dagli altri colleghi che il mio capo reparto non mi contattava più – racconta –. Era addirittura entrata in atto una nuova circolare aziendale, ma nessuno mi aveva informata sui cambiamenti che mi riguardavano. Non mi è più stato chiesto di dare disponibilità per i turni festivi, di poter avere delle preferenze sui giorni di ferie, e i miei orari venivano modificati senza alcun preavviso. Scoprivo i cambiamenti all’ultimo momento, senza avere il tempo di organizzarmi».

L’incarico ad un avvocato

A quel punto, la donna ha deciso di chiedere spiegazioni alla direzione e di rivolgersi a un avvocato per tutelarsi, e così sono arrivate le prime contestazioni: «La direzione mi ha attribuito responsabilità infondate e mi ha proposto un trasferimento in un’altra città contro la mia volontà». La pena? Il licenziamento. «Mi sono sentita messa alle strette. Ho cercato aiuto, ma non ho ricevuto risposte». L’accumulo di stress e la tensione hanno avuto gravi conseguenze sulla salute della donna, fino a portarla al pronto soccorso: «Ho avuto diversi attacchi di panico, non riuscivo più a gestire la situazione». E nonostante la documentazione medica che certificava il suo stato di salute, riporta di non aver ricevuto considerazione da parte della direzione: «Hanno continuato a esercitare pressioni affinché accettassi il trasferimento o me ne andassi». Oggi la lavoratrice si trova in una situazione di forte incertezza, non sapendo come svincolarsi da questo prossimo trasferimento: «Non so quale sia la mia posizione, non ricevo comunicazioni ufficiali. Ogni giorno è strazio. Non so come andare avanti».

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