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Modena, l’avVentura di Sgorghiguelo continua: «Non mollo, arrivo a 30 Carnevali»

di Ginevramaria Bianchi

	La Famiglia Pavironica: Pulonia, Sandrone e Sgorghiguelo
La Famiglia Pavironica: Pulonia, Sandrone e Sgorghiguelo

Carlo Ventura ci ripensa e resta nella Famiglia Pavironica dopo l’annuncio sul suo ultimo anno come maschera: «Anche se rischio di sembrare più Sandrone»

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MODENA. Si dice che “a Carnevale ogni scherzo vale”, ma quando si parla di maschere storiche e tradizioni, c’è poco da scherzare. E Carlo Ventura, volto, voce e anima dello Sgorghiguelo da decenni, lo sa bene. Doveva essere il suo ultimo anno: era stato annunciato che avrebbe presto appeso il berretto al chiodo, tornando a godersi il Carnevale da spettatore dopo averlo vissuto per 25 anni da protagonista. E invece, sorpresa: lo Sgorghiguelo non ha nessuna intenzione di smettere di animare le piazze modenesi per il momento. «Ci ho ripensato», ammette lui stesso. E come dargli torto. Ma cosa lo ha fatto tornare sui suoi passi? Cosa significa essere Sgorghiguelo? E soprattutto: fino a quando continuerà a farci ridere con la sua inconfondibile verve?

Ventura, aveva detto che questo sarebbe stato il suo ultimo Carnevale. Cos’è successo?

«Succede che certe decisioni vanno prese a mente fredda, e io l’avevo presa in un momento di stanchezza. Quando ho iniziato ero più giovane, più in forma. Ho sempre svolto questo incarico con passione e dedizione, mettendoci tutto l’impegno che potevo ed essendo sempre a disposizione: può capitare dopo tanti anni di sentire il peso delle situazioni, anche di quelle più piacevoli».

Dopo aver appreso la notizia del “pensionamento” sulle pagine della Gazzetta qualcuno l'ha contattata?

«Una marea di persone: non riuscivo a immaginare che la città potesse provare così tanto affetto per la mia maschera e, forse, anche per me che la interpreto. In tanti mi hanno scritto o fermato per strada per chiedermi di non mollare. Ed è stato proprio lì che ho capito che non era ancora arrivato il momento. La voglia c’è ancora, lo spirito è quello di sempre. Quindi si va avanti».

Ma cosa significa per lei essere Sgorghiguelo?

«È una parte di me. Lo Sgorghiguelo è il giovane scapestrato, quello che porta allegria. È una maschera che rappresenta la leggerezza e la spontaneità modenese, e interpretarlo è un onore, perché non è solo un costume: è una tradizione, un modo di stare insieme, un legame con la città e la sua storia».

La Società del Sandrone ha parlato della necessità di trovare nuove leve. È difficile trovare ragazzi che vogliano raccogliere il testimone?

«Diciamo che c’è bisogno di persone che abbiano voglia di mettersi in gioco e di portare avanti questa storia, che è poi la tradizione modenese. Per ora ci sono ancora io, ma la Società del Sandrone fa bene a cercare nuovi ragazzi, perché nessuno è eterno».

E il futuro? Ci sarà un Carnevale in cui dirà davvero “basta”?

«Prima o poi, sì. Ma non quest’anno. E neanche il prossimo. Sono arrivato a 25 Carnevali di fila, e sarebbe bello arrivare fino a 30, anche se l’anagrafe non mente e prima o poi rischio di assomigliare più a Sandrone che a Sgorghiguelo. Finché c’è il pubblico che mi accoglie con questo affetto e finché sento la passione, resto qui. Il giorno in cui capirò che non riesco più a farlo con lo spirito giusto, lascerò spazio ad altri. Ma per ora, lo Sgorghiguelo non molla».