Alzheimer, Sla e Demenza, c’è un legame con lo stress: Unimore trova una strada per la cura
La professoressa Serena Carra ha scoperto un enzima “guardiano” che salva le cellule: «È un punto di partenza, ora bisognerà capire come implementare questo studio»
MODENA. Una ricetta antistress che può aprire la strada a un nuovo modo di curare gravi malattie neurodegenerative come Sla, Alzheimer e Demenza frontotemporale. La potenziale rivoluzione in campo medico parte da Modena, più precisamente da un recente studio condotto dalla professoressa di Unimore Serena Carra.
La proteina e l’enzima “guardiano”
Tutto ruota attorno a un meccanismo di protezione della proteina TDP-43, il cui accumulo in forma di aggregati è associato alla morte neuronale ed è un marcatore della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) e dell’Alzheimer, della Demenza frontotemporale (Ftdl) ed alla scoperta di un enzima, chiamato Pias4, che svolge la funzione di guardiano delle nostre cellule quando andiamo sotto stress e protegge TDP-43 dall’aggregazione. In pratica impedisce che le molecole di TDP-43 “stressate” perdano la propria stabilità e riducano la loro funzionalità. «Quello che abbiamo fatto noi è stato mettere le cellule in contesto di stress ossidativo, una situazione di stress cronico, per cercare di capire i meccanismi di difesa che attuano le cellule per arginare l’aggregazione di TDP-43 e la conseguente tossicità neuronale», spiega la professoressa Serena Carra.
Il meccanismo della Sumoilazione
Più del 95 per cento dei pazienti malati di Sla e Demenza frontotemporale e circa il 50 per cento dei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer presentano aggregati di Tdp 43, che sono associati a morte neuronale. Da una ventina d’anni i ricercatori di tutto il mondo cercando di capire le cause dell’aggregazione, e perché questa causa tossicità e morte neuronale. E proprio un team di Unimore ha dato un importante contributo alla causa. «La Sumoilazione è un meccanismo di difesa che le cellule attuano per aumentare la propria stabilità ed evitare l’aggregazione. Spiegata in modo semplice: le nostre cellule per regolare il funzionamento delle proteine applicano delle etichette. Un po’ come facciamo noi quando ci cambiamo le scarpe o i vestiti a seconda del contesto in cui andiamo, per esempio mettiamo le scarpe da ginnastica per essere più comodi se dobbiamo correre. Allo stesso modo la cellula usa specifici enzimi per applicare sulle proteine diverse etichette, che possono avere diverse funzioni a seconda del bisogno. La Sumoilazione è una delle tante etichette che la cellula usa. Noi abbiamo scoperto che in situazioni di stress, quando le proteine tendono ad aggregare, la cellula usa la Sumoilazione per prevenire l’aggregazione di TDP-43 e per salvaguardare le cellule da effetti tossici. Abbiamo anche scoperto l’enzima responsabile della Sumoilazione di TDP-43: si chiama PIAS4».
Un passo avanti verso una cura
Una sorta di ricetta antistress che evita la morte dei neuroni e di conseguenza l’avanzare inesorabile delle gravi malattie neurodegenerative di cui sopra. «Nessuno aveva compreso appieno l’importanza del meccanismo della Sumoilazione e del suo ruolo protettivo per la proteina TDP-43. Nel 2019, abbiamo intuito che questo meccanismo era stato incautamente trascurato e abbiamo aperto una nuova linea di ricerca. Oggi abbiamo dimostrato che la Sumoilazione mantiene stabile la proteina TDP-43 e riesce a prevenirne l’aggregazione in condizioni di stress, mantenendone le funzionalità necessarie alla vita cellulare. Il meccanismo protettivo da noi identificato non riguarda tutte le molecole di TDP-43, ma solo quelle che, a causa dello stress, si trovano in una situazione di pericolo. Questo apre la strada a futuri studi che dovranno stabilire se nuovi approcci farmacologici volti a potenziare l’attività del guardiano di questo meccanismo di protezione, potranno contrastare l’aggregazione di Tdp 43 nei pazienti affetti da Sla e Demenza Frontotemporale». Lo studio è stato finanziato da Fondazione Armenise Harvard, Airalzh Onlus e Fondazione AriSLA. È stato pubblicato dalla rivista “Science Advances”.
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