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La storia

Matteo, due anni e la malattia rara: «Solo altri tredici casi nel mondo»

di Mattia Vernelli
Matteo, due anni e la malattia rara: «Solo altri tredici casi nel mondo»

Il bimbo di Castelvetro affetto da una mutazione genetica per cui non c’è cura

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MODENA. «Ci sono solo quattordici casi in tutto il mondo di questa malattia, e mio figlio è uno di quelli. Al momento non esiste cura, solo la solidarietà tra le famiglie».

Quello lanciato dalla castelvetrese Chiara è un appello: cercasi altri soggetti, in Italia o nel mondo, affetti dalla stessa malattia del figlio Matteo, che ha due anni.

La malattia

Scandisce a chiare lettere: «Klhl20. È il nome del gene mutato di mio figlio, che gli reca grandi problemi psicomotori. Si tratta di una modificazione naturale del Dna iniziata già in gravidanza. Noi – spiega Chiara – ce ne siamo accorti dopo quattro mesi dalla nascita: Matteo faticava a tenere il capo dritto e non muoveva correttamente parte del corpo. Non era in linea col raggiungimento delle tappe tipiche dei primi mesi di vita. Poi sono arrivati gli attacchi epilettici e così, preoccupati, abbiamo iniziato l’iter di visite e test. La sintomatologia spaziava dall’epilessia al ritardo dello sviluppo, disturbi dello spettro autistico e disabilità intellettiva».

Un lungo periodo difficile, in cui nessuno riusciva a dare un nome alla patologia che affliggeva il piccolo Matteo.

«Sono stati mesi difficili, in preda al timore di una malattia che ancora non aveva un nome – prosegue la malattia – . Quando è arrivato, nero su bianco, il referto ospedaliero, è stata un duro colpo: aveva il Klhl20 mutato. Inoltre, Matteo ha un’anomalia che affligge un altro gene, il Dlgap2. Quest’ultimo, per quanto ne sappiamo, è l’unica persona al mondo ad averlo modificato».

Gli appelli

Sulla pagina Facebook di Fondazione Telethon, tra le tante immagini, c’è quella di un bambino sorridente, intento a giocare con un pupazzo.

La descrizione recita: «Siamo Chiara e Mirco, genitori di Matteo, 2 anni. Vorremmo entrare in contatto con altre famiglie con la sua stessa mutazione».

È solo uno dei tanti appelli lanciati dai genitori: «Da quando è arrivato il risultato dei test non ci siamo mai fermati. L’obiettivo – continua la madre – è quello di trovare più persone possibili che condividono la sua stessa malattia».

Una relazione in questo periodo è nata, con l’Argentina: «Siamo in contatto con una famiglia di Buenos Aires, anche loro hanno il figlio affetto dal gene mutato. Con loro ci sentiamo meno soli, abbiamo qualcuno con cui poterci confrontare. È una giovane coppia molto attiva nella divulgazione e nella ricerca di altri bambini malati. Per quanto ne sappiamo, in Italia Matteo è l’unico. Attualmente sono in 14 in tutto il mondo: la ricerca scientifica non è particolarmente sviluppata per via della grande rarità. Vogliamo fare rete, supportarci, divulgare. Scoprire i casi nascosti, che magari possono dare il via a una concreta ricerca scientifica, perché al momento non esiste cura. È frustrante non conoscere l’aspettativa di vita del proprio figlio, ma al tempo stesso questo ci dona speranza. Matteo è un bambino dolcissimo, molto buono. Ama le stelle e la luna, si ferma per ore a guardarle nelle notti d’estate. Ci parla con gli occhi, e anche grazie al suo quadernone, che è pieno di tanti disegnini che lo aiutano a comunicare. Quando vuole una mela, apre il quaderno e ce la indica. Lo portiamo tutti i giorni dal neuropsicomotricista e anche a fare logopedia. Ci riteniamo fortunati, perché i medici del Policlinico di Modena ci seguono molto bene, sono dei professionisti eccellenti. Eppure, non è facile: ho dovuto lasciare il mio lavoro, ora faccio la mamma caregiver a tempo pieno, e mio marito è sempre molto presente. E quando non ci saremo più noi? Il futuro è ricco di speranza, ma anche di tante paure».