Stefano Bonaccini a 360 gradi: «Una sola priorità, la nuova coalizione di centrosinistra»
L’ex presidente della Regione Emilia Romagna, oggi eurodeputato e presidente del Pd: «Alla destra invidio la capacità di sapersi unire. La mia vita da nonno? Ecco come mi organizzo per Carolina»
MODENA. Lo chiamano ancora presidente. Tra l’Emilia Romagna di ieri e l’Europa di oggi c’è di mezzo il Pd. Stefano Bonaccini passa da Roma a Bruxelles senza troppi giri di parole, la parola d’ordine è sempre una: territorio. Ma oggi è sempre più difficile.
Partiamo da lontano: se guarda verso gli Stati Uniti che cosa vede?
«Io faccio parte delle commissioni agricoltura e commercio con l’estero, oltre che titolare nella delegazione per i rapporti tra Unione Europea-Stati Uniti: potrà immaginare che con il ritorno di Trump rischiamo una fase inedita nei rapporti tra l’Europa e gli Stati Uniti, con evidenti tensioni dal punto di vista geopolitico che commerciale».
Il ritorno di Trump e il ritorno dei dazi. Ha già una proiezione?
«Segnalo al governo Meloni che eventuali dazi colpirebbero soprattutto l’Italia e la nostra regione che negli ultimi anni è diventata nettamente la prima regione italiana per export pro-capite. Pensate che il surplus commerciale tra Stati Uniti ed Emilia-Romagna è di oltre nove miliardi di euro annui a nostro favore, perché esportiamo prodotti di tale qualità che sono molto apprezzati dall’altra sponda dell’Atlantico. Dunque serve una Europa che reagisca unita, e non ognuno per conto proprio, per evitare di rimanere schiacciata tra Stati Uniti e Cina. Anche perché Trump sottovaluta l’impennata che potrà avere l’inflazione nel suo Paese».
È delle ultime ore la richiesta di revoca dell’immunità per Elisabetta Gualmini e Alessandra Moretti, eurodeputate Pd citate nel Qatargate.
«È una vicenda che risale ormai a diversi anni fa, che sembrava conclusa. Siamo e sono convinto dell’estraneità di colleghe capaci e perbene come Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini ai fatti contestati dalla Procura belga, che per poter proseguire le indagini ha richiesto al Parlamento europeo di sospendere il regime di immunità. Dicendosi totalmente estranee ad ogni possibile fatto corruttivo hanno dato la loro immediata disponibilità a collaborare con la magistratura belga, per poter chiarire qualsiasi addebito. Senza gridare a complotti o fare le vittime. Adesso ci auguriamo che ora si proceda rapidamente per accertare e fare chiarezza sui fatti contestati».
Torniamo in Italia, dove il governo Meloni è arrivato al giro di boa. Non è un mistero il suo giudizio, cosa la preoccupa di più?
«Il giudizio è molto negativo. Il potere d’acquisto delle famiglie sta ulteriormente scendendo, la crescita economica sarà tra le più basse in Europa anche nei prossimi tre anni, la produzione industriale è crollata e non si vede uno straccio di politica industriale come denunciano non solo i sindacati, ma ormai anche Confindustria. A questo aggiungiamoci i tagli ulteriori agli enti locali e la sistematica demolizione della sanità pubblica, per favorire quella privata e il piatto è servito. D’altra parte basta guardare alle promesse più roboanti: abolizione delle accise, taglio delle tasse, investimenti sulla sanità pubblica: sta andando tutto al contrario».
Pensa che la premier riuscirà ad arrivare a fine mandato, o le difficoltà degli ultimi mesi porteranno al voto anticipato?
«Andare al voto anticipato significherebbe certificare che il governo non riesce a proseguire. Dunque, a meno di rotture nel centrodestra che oggi non vedo all’orizzonte, si voterà nel 2027».
Il Pd oggi è stimato attorno al 23%: troppo poco per pensare di vincere se si andasse al voto a breve?
«Io penso che quando si andrà al voto per le politiche nel 2027 alla domanda “lei sta meglio o peggio di cinque anni fa? ” la maggioranza degli italiani risponderà “peggio”. Perché come ho detto il governo non sta migliorando le condizioni di vita della maggioranza dei cittadini, delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese. Ma avremo pronta una alternativa credibile per battere la destra? Questa è la priorità dei prossimi due anni: costruire una coalizione di centrosinistra nuova, larga e plurale. Io aggiungo anche civica. Non per dirci “avversari” della destra, ma “alternativi”, che è cosa ben diversa. Alle persone non basta che critichi chi governa, troppo facile criticare, ma per darti fiducia pretendono di sapere cosa faresti tu al loro posto. Costruire l’alternativa allora significa scrivere un programma di pochi punti (un nuovo modello di sviluppo e di crescita sostenibile; difesa della sanità e della scuola pubbliche; lavoro sicuro, dignitoso e stabile; ampliare i diritti civili, mai disgiunti da quelli sociali) e presentarsi agli italiani uniti. Cosa peraltro che non è impossibile, visto che quando lo facciamo a livello locale mediamente vinciamo. Il Pd da solo non potrà mai vincere, ma senza il Pd i potenziali nostri alleati, dai moderati a quelli alla nostra sinistra, sanno che battere la destra è impossibile. Evidente però che il 23% non basta, per questo mentre ci cimenteremo a costruire la coalizione dovremo fare crescere e rafforzare il Partito Democratico».
Chi potrebbe essere oggi il candidato premier del centrosinistra?
«Ora è prematuro. Prima la coalizione e il programma».
Sul lavoro della segretaria Schlein ci sono giudizi piuttosto diversi anche all’interno del Pd, compresi parecchi “ah, se ci fosse stato Bonaccini…”: come vede questi due anni di segreteria?
«Un minuto dopo che Elly è stata eletta segretaria, mi sono guardato allo specchio e detto: “Stefano non fare come troppe volte accaduto in passato che, eletto un nuovo segretario nazionale, si comincia subito a indebolirlo, per poi sostituirlo”. A volte abbiamo perso le elezioni non solo perché meno capaci, ma perché divisi e litigiosi. Peraltro è stata la prima volta, da quando è nato il Pd, che in un congresso chi aveva prevalso nettamente tra gli iscritti perdeva le primarie. Dunque dovevo mandare anche un messaggio ai tanti che mi avevano sostenuto: togliamoci le magliette indossate durante la competizione interna e lavoriamo assieme e uniti. Io e Schlein non la pensiamo sempre allo stesso modo, e sarebbe curioso che in un grande partito non vi fosse pluralità di idee pur condividendo valori e finalità, ma siamo parte della stessa famiglia e abbiamo il dovere di trovare una sintesi. Rifarei quello che ho fatto in questi due anni, sento che ai nostri elettori piace moltissimo vedere il Pd unito. Sono convinto che la nostra collaborazione abbia aiutato ad aumentare i consensi al Pd e permesso di vincere nella maggioranza dei comuni alle ultime amministrative e alle recenti regionali. D’altra parte se unire il centrosinistra non è sufficiente, ma certamente necessario, per battere la destra, se siamo divisi noi come possiamo pretendere di costruire una coalizione unita? »
Sulle prossime elezioni Dario Franceschini è stato chiaro e lapidario: “andiamo da soli”. Che cosa ne pensa?
«La penso al contrario. Altroché divisi si vince, potremo farcela solo se il centrosinistra farà il contrario dell’autunno del 2022, quando ci si divise in tre parti, permettendo alla destra di trionfare. Se vogliamo che Meloni vinca senza nemmeno fare campagna elettorale basta che ci presentiamo di nuovo tutto divisi davanti agli elettori. Se una cosa invidio alla destra è proprio la capacità di unirsi anche quando sarebbero divisi».
A proposito di eventuali elezioni anticipate: in tanti nel Pd si aspettano di vederla candidato in Parlamento a Roma…
«Sono stato eletto al parlamento europeo con una valanga di preferenze mai raggiunte prima da candidati di centrosinistra, nella circoscrizione Nord Est. Dunque ho il dovere di corrispondere la fiducia che mi è stata concessa da quasi quattrocentomila persone. In questo il mio unico pensiero è fare il meglio possibile in Europa, visto il momento storico così pieno di rischi ed in incognite per il nuovo ordine globale che si sta delineando e la qualità delle stesse democrazie, e contemporaneamente dare una mano a rafforzare il Pd».
Passiamo alla Regione: Michele de Pascale aveva un compito non facile, quello di costruire un “dopo-Bonaccini”. Pensa che ci stia riuscendo?
«Abbiamo scelto un quarantenne, già ottimo sindaco di Ravenna, convinti che farà molto bene alla presidenza della Regione. Michele sa che il sottoscritto non sarà mai una figura ingombrante, perché chi arriva ha bisogno del sostegno e della fiducia di chi c’era prima, non di inutili e controproducenti paternalismi. Io tifo perché possa fare meglio di me».
Uno dei primi nodi che dovrà affrontare la nuova giunta regionale riguarda il futuro del trasporto pubblico, con la delicata situazione di Seta: come vede la nuova maxi-società unica regionale alla quale la Regione sta lavorando?
«La Holding o società unica regionale del trasporto su gomma è un progetto strategico di politica industriale, che consentirà di costituire la terza società pubblica del settore su base nazionale per valore della produzione, mezzi circolanti, dipendenti e chilometri percorsi. Nella precedente legislatura con l’assessore Corsini abbiamo gettato le basi del progetto con il documento di indirizzo approvato da quasi tutti i Comuni capoluogo e le Provincie e bene ha fatto Michele de Pascale a inserirlo nelle priorità del proprio mandato».
Tra i grandi temi da affrontare a livello regionale e nazionale c’è la crisi di tante grandi aziende, dalla Maserati alla Berco: sul tridente ci sono tanti dubbi sulla reale volontà di Stellantis di rilanciare, tanto che è appena stata rinnovata la cassa a zero ore fino a metà marzo, mentre per l’industria di Copparo l’azienda ha appena deciso di disertare il tavolo al ministero. Come uscire da queste grandi crisi?
«Con serie politiche industriali, cosa su cui il governo è per ora grande assente, È positivo aver identificato a Modena, alla Maserati, il polo dell’alta gamma in Italia di Stellantis. Occorre però anche un investimento su ricerca e sviluppo. E come ha già detto il vicepresidente della regione Vincenzo Colla, occorre cambiare passo nella qualità delle relazioni chiudendo una stagione di autosufficienza. La Regione ha dato piena disponibilità a ricoinvolgere, a fianco di Maserati, le università emiliano-romagnole per ricerca e analisi anche sui materiali, oltre a supportare progetti di qualificazione delle competenze a tutti i livelli. Ma saranno fondamentali gli investimenti, i modelli e il baricentro commerciale».
Berco è una vicenda ancora più complessa.
«Siamo di fronte ad una vicenda vergognosa, con scelta unilaterale da parte dell’azienda. I rappresentanti di Berco si sono dimostrati totalmente incapaci e inaffidabili per cui il ministro Urso si dia da fare e convochi direttamente al ministero i vertici del gruppo Thyssen: bisogna salvare i posti di lavoro costruendo un futuro industriale a quel sito. Ma faccia presto».
Tornando a Modena, dall’insediamento della nuova giunta non sono mancate le turbolenze, con Mezzetti che ha dato notevoli segnali di discontinuità rispetto a Muzzarelli, stoppando una serie di progetti urbanistici avviati dal predecessore e annunciando una svolta netta sulla questione rifiuti: cosa ne pensa?
«Mezzetti è stato eletto con un consenso record, pari a due terzi degli elettori. Aveva detto che avrebbe migliorato la gestione della raccolta dei rifiuti, che aveva obiettivamente conosciuto difficoltà, per cui è non solo legittimo, ma auspicabile, che realizzi quanto promesso in campagna elettorale. Per quanto riguarda l’urbanistica io non vedo rivoluzioni, piuttosto possibili aggiustamenti, da un lato perché la città non va bloccata, in un momento di crisi dell’economia italiana, e dall’altro perché i tanti progetti e cantieri avviati dall’amministrazione Muzzarelli sono stati e sono un fatto positivo per Modena».
Ancora Europa. In Regione lei si è sempre speso per valorizzare e rafforzare il “marchio Emilia Romagna” nel mondo. Cosa farà in Europa per portare avanti questo lavoro iniziato a Bologna?
«Spesso non abbiamo idea della reputazione di cui gode la nostra regione in Europa, per gli standard di qualità dei servizi che offre, dalla sanità pubblica agli asili nido, per le opportunità che offre nel lavoro e nella ricerca, per l’attrattività turistica dalla costa alle città d’arte e ai borghi antichi, per le eccellenze manifatturiere conosciute in tutto il mondo, dalla meccanica ai motori, dalla ceramica al biomedicale, per non parlare di una cucina ed un comparto agroalimentare impareggiabile per qualità. Alla difesa e alla valorizzazione delle nostre eccellenze, compreso il nostro sistema di welfare, mi dedico e mi dedicherò sempre, sapendo ad esempio che il nostro sistema produttivo potrà continuare a competere a livello europeo ed internazionale se incrocerà sempre più il sistema delle università e della ricerca. Per questo vado orgoglioso di ciò che abbiamo realizzato al Tecnopolo di Bologna, al servizio di tutto il sistema regionale, che ci permetterà di diventare la prima Data Valley europea, tra le prime al mondo. Non a caso nei prossimi mesiu verrà a visitarla la presidente del parlamento europeo Roberta Metsola».
Quali priorità si è posto per i prossimi mesi?
«Le proposte a cui sto lavorando, insieme alla commissione, sono l’introduzione dell’indicizzazione del Quadro Finanziario Pluriennale all’inflazione e la sua rivalutazione annuale; il sostegno alla redditività degli agricoltori, escludendo dal sostegno chiunque non sia agricoltore attivo; rafforzare la gestione del rischio, a fronte di cambiamenti climatici sempre più frequenti disastrosi (alluvioni, siccità, gelate), indicando un nuovo strumento di riassicurazione per un valore di due miliardi di euro. Abbiamo sfide notevolissime: da un lato la definizione della nuova PAC, la politica agricola comunitaria, che vale un terzo dell’intero bilancio della UE, e il prossimo Bilancio Pluriennale settennale 2028-2035 della cui proposta sono stato nominati relatore per tutta la commissione pochi mesi fa».
E poi c’è… Stefano: com’è la sua vita tra l’europarlamentare a Bruxelles e il nonno a Campogalliano?
«A casa ci sono davvero poco, esattamente come prima. In questo nuovo incarico dal lunedì al giovedì sono impegnato a Bruxelles o a Strasburgo, e se vuoi provare ad incidere lì ci devi stare, peraltro ne abbiamo visti un po’ troppi di eletti che a Bruxelles non ci andavano mai o quasi. Dal giovedì sera alla domenica sono spesso in giro per l’Italia, anche in qualità di presidente nazionale del Pd. Peraltro non so fare politica se non tra le persone e sul territorio. Dovrei fare un monumento a mia moglie per quanto si sobbarchi le incombenze familiari, oltre ai suoi impegni di lavoro. Ogni piccolo momento libero che ho cerco di dedicarlo anche a Carolina. Diventare nonno è stata ed è una emozione straordinaria che Maria Vittoria e Pietro ci hanno regalato. E che in futuro io e Sandra speriamo ci regalerà anche Virginia».
Dove si vede nei prossimi anni?
«Laddove si ritenga io possa essere utile».