Gazzetta di Modena

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La testimonianza

Denuncia il marito violento che è stata costretta a sposare: «A casa sono tutti contro di me, per loro devo restare sottomessa»

di Daniele Montanari

	Hira ha denunciato il marito violento
Hira ha denunciato il marito violento

L’incubo di Hira, ragazza pakistana di 32 anni, dopo le nozze combinate dal padre: «Alle donne nella mia situazione dico: ribellatevi, perché troverete chi vi aiuta»

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MODENA. «Alle donne che si trovano a vivere un incubo come il mio, per colpa del marito violento, dico: ribellatevi e denunciate. Non abbiate paura a farlo, anche se avete dei bambini piccoli, anche se tutti in famiglia vi volteranno le spalle. Perché se vi si chiude una porta, se ne apriranno dieci. E perché non si può stare peggio». È determinata Hira (questo il nome di fantasia che si è data lei stessa, per proteggersi dai famigliari) mentre pronuncia queste parole. Nonostante i suoi soli 32 anni, questa ragazza pakistana che risiede in provincia di Modena sembra aver già vissuto una vita di sofferenze, che l’hanno temprata. L’abbiamo incontrata ieri mattina all’uscita dal tribunale, al termine dell’udienza che ha stabilito il processo per il suo ex marito 35enne, connazionale, per maltrattamenti e mancato pagamento degli alimenti. Verrà celebrato il 7 luglio, con rito abbreviato. Accanto alla sua avvocata modenese, G.I., ha accettato di ripercorrere la sua dolorosa storia, «perché possa servire ad altre donne».

Quando è iniziato tutto?

«Nel 2011, quando avevo 19 anni. Io sono venuta in Italia a 4 anni, e ho fatto tutte le scuole in provincia di Modena. Sono italiana. Dopo la maturità, con i miei sono tornata in Pakistan: doveva essere una vacanza. Invece lì mio padre e quello di questo ragazzo che sarebbe diventato mio marito, che non avevo mai visto, hanno combinato il mio matrimonio. Il ragazzo aveva interesse a venire in Italia, e sapeva che sposandomi, visto che sono cittadina italiana, sarebbe stato facile per lui venire. Mio padre mi ha detto che se non avessi sposato quel ragazzo, ne avrebbe trovato un altro».

E come hai reagito?

«Ho accettato di sposarlo. Avevo 19 anni, non volevo contrariare mio padre, e a quell’età non ci si rende bene conto delle cose. Ci siamo sposati nel febbraio 2012, dopo sei mesi sono rimasta incinta della mia prima bimba. Volevo farla nascere in Italia con un parto naturale, perché in Pakistan fanno solo parto cesareo, e sono rientrata. I rapporti con lui erano già diventati difficili, e dopo che è nata la bimba non si è mai comportato da padre, disinteressandosene sempre. Gli interessava solo venire in Italia, e così ha fatto nel 2016, tramite ricongiungimento».

E quando è arrivato?

«È cominciato l’incubo vero e proprio. Le cose sono sempre peggiorate, nonostante la nascita della seconda bimba nel 2018 e della terza nel 2019. Non si è mai curato di loro, a casa faceva il padrone, dando la colpa di tutto a me. Mi diceva, anche davanti alle bimbe: “Io mantengo la casa e tu non badi a nulla, non cucini bene: se una buona a nulla”. Io ho la patente, e volevo lavorare, ma lui me lo impediva. Imponeva di fare la spesa una sola volta al mese, e voleva esserci anche lui. Mi tirava via la roba dal carrello, se per lui era troppa. E con quello che diceva lui bisognava arrivare a fine mese. Io riferivo a casa quello che succedeva, ma i miei genitori mi dicevano di sopportare, che sarebbe cambiato. Ma andava sempre peggio. Una sera, nell’aprile 2023, perché non era pronta la cena mi ha tirato uno schiaffo così forte che mi ha rintontito. Sono scoppiata a piangere, e lui mi ha detto: «Vedi che fine ti faccio fare io? Ti spacco la faccia, ti spacco i denti”. Allora ho preso su e sono andata via con le bimbe. Sono andata a denunciarlo, io da sola dai carabinieri, e ho chiesto la separazione. Lui dal giugno 2023 al luglio 2024 non ha pagato un soldo di alimenti per le bimbe».

A casa cosa dicono?

«Ho perso tutti: genitori, fratelli e sorelle, sono tutti contro di me. Mi fanno pressioni perché ritiri la denuncia, ma non lo farò. Anche se sono persone tutte bene integrate, sul fatto del matrimonio non transigono: io devo restare sottomessa al marito. Mi hanno anche preso la macchina. Sono rimasta sola con le bimbe, ma ho trovato un avvocato che mi ha aiutato tantissimo, e il Comune mi ha dato una casa popolare. Mi ha seguita anche uno psicologo: ho ritrovato la forza per andare avanti».

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