Molestie negli atenei: «Casi segnalati anche a Unimore»
I risultati di un sondaggio anonimo. De Fazio: «Specchio della società»
MODENA. Violenza di genere nelle università italiane, Unimore è capofila di un progetto che vuole approfondire il tema e prevenirlo. Ieri durante un convegno sono stati presentati i dati di un questionario anonimo, compilato da un campione di 700 persone, tra uomini e donne, che studiano o lavorano nell’ateneo modenese. Nell’introduzione dell’evento sono state ricordate Sara Campanella e Ilaria Sula, entrambe brutalmente uccise nei giorni scorsi. Al contempo si è commemorata la memoria della dottoressa Anna Sviridenko, uccisa a Modena dal marito. Alla ricerca esposta ieri hanno preso parte anche l’Università di Milano, l’Università di Torino e La Sapienza di Roma.
I numeri
Il questionario è stato compilato da 733 persone tra professori, ricercatori, studenti e altri addetti ai lavori. Gli studenti rappresentano la percentuale maggiore del campione analizzato (60% del totale, ovvero 410 aderenti), a cui vanno aggiunti 157 docenti di prima e seconda fascia e 108 ricercatori. Sono state rilevati 90 casi di molestie (fisiche, psicologiche o sessuali) subite soltanto nel campione femminile, pari a circa il 14% delle donne che hanno preso parte al sondaggio (ma anche gli uomini hanno subito violenza, seppur in quantità minore). I casi in questione hanno toccato tutte le categorie coinvolte e alcune donne hanno segnalato di aver subito più di una violenza. Sull’intero campione nel 57,1% dei casi le molestie sono state fisiche o sessuali. La natura della violenza cambia molto a seconda del ruolo occupato dalla persona che l’ha segnalata. Le molestie subite da studentesse sono di tipo psicologico nel 58,8% dei casi, mentre la percentuale più alta è occupata dalle molestie sessuali (50%) per le ricercatrici e fisiche (41,7%) per le professoresse. L’interesse dello studio si è poi spostato sul ruolo che il molestatore occupa all’interno dell’università. In particolare, il questionario domandava se si trattasse di un pari livello, di un uomo di grado superiore o di un subalterno. I risultati rilevano che le violenze arrivano soprattutto da persone poste gerarchicamente più in alto (nel 60% dei casi per le studentesse, nel 64% per le ricercatrici, nel 79% per le professore associati). I responsabili sono invece sullo stesso piano delle vittime per il 35% delle studentesse e il 21% delle ricercatrici, mentre sono di grado inferiore per il 17% dei docenti e il 14% delle ricercatrici.
Nell’ultima parte del questionario si domandava alle vittime se si fossero confidate con qualcuno e, in caso di risposta affermativa, a chi si fossero rivolte. Hanno sentito il bisogno di parlarne il 66,7% delle studentesse, l’85,7% delle ricercatrici e il 54,2% delle docenti. Le studentesse si sono rivolte soprattutto a familiari e amici, le professoresse a colleghe e colleghi, mentre le ricercatrici hanno cercato assistenza soprattutto tra il personale sanitario (non solo medici di base ma anche psicologi).
Il convegno
Alla presentazione dei dati durante un convegno nella sede di via San Geminiano erano presenti Elio Tavilla, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Tindara Addabbo, Delegata del Rettore per la Pari Opportunità, e Giovanna Laura De Fazio, docente coinvolta nel lavoro di ricerca.
«Sono orgoglioso del coraggio mostrato nell’affrontare questo tema senza timore – ha commentato il professore Tavilla – Sono storie che spesso rimangono ignote per le questioni più differenti, anche legate a questioni di potere, ma che dovrebbero poter emergere per porre fine all’eterno conflitto dei sessi».
La professoressa De Fazio ha commentato i risultati della ricerca: «A far ulteriormente riflettere è il fatto che i molestatori spesso avessero già rapporti con la vittima, che nella maggioranza dei casi è di sesso femminile. Questi dati non sono molto distanti dalle nostre aspettative. D’altronde, già la letteratura ci aveva raccontato una realtà come questa. L’università si conferma come specchio fedele della società, per cui ciò che accade all’esterno finisce per riproporsi anche nelle aule universitarie. Ricerche come queste, assieme al servizio di consulenza svolto dall’Università, sono tentativi di affrontare grazie a informazione e formazione».