Smantellata rete dello spaccio a Carpi. Droga anche davanti all’ospedale
Cinque misure cautelari e 80 clienti identificati dai carabinieri
CARPI. La frase suonava più o meno così: «Buongiorno, sono qui per ritirare il mio panino». Il che ci potrebbe anche stare, in epoca di take away e consegne, a parte un dettaglio: il “panino” in realtà era droga, consegnata direttamente all’uscita dall’ascensore, nella palazzina del “capo”. Succede a Carpi, o meglio succedeva, dal momento che i carabinieri hanno smantellato una importante rete di spaccio di sostanze stupefacenti.
Le indagini
Tutto è partito il 22 maggio 2023, quando i militari della Compagnia di Carpi hanno arrestato in flagranza di reato un 30enne di origini tunisine trovato in possesso di 13 involucri di cocaina. Da lì è partita, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Modena, un’articolata attività di indagine che ha consentito di smantellare una rete di spaccio che vede coinvolti sette uomini e due donne, indagati in concorso per cessione continuata di sostanze stupefacenti, mentre sono cinque le misure cautelari confermate. Attraverso attività di intercettazione telefonica e ambientale, sviluppo e analisi di tabulati di traffico telefonico, servizi di osservazione e pedinamento e acquisizione di contributi testimoniali, i carabinieri sono riusciti a individuare gli indagati accertando oltre mille cessioni di droga, identificando 80 acquirenti e sequestrando, nel corso di diversi interventi, circa 150 grammi di cocaina e 230 di hascisc.
La tecnica
La maggior parte degli appuntamenti finalizzati alla cessione degli stupefacenti avveniva invitando gli acquirenti presso l’abitazione di un tunisino 48enne, principale protagonista dell’attività illecita, ubicata al sesto piano di uno stabile servito da un ascensore attivabile con tessera magnetica riservata agli inquilini. Per non creare sospetti, i clienti avvisavano il pusher della propria presenza all’interno del montacarichi, in maniera tale da consentire la chiamata dell’ascensore al piano, presso cui avveniva la consegna della droga, chiamata convenzionalmente “panino”. L’indagato principale si avvaleva inoltre dell’attiva collaborazione degli altri indagati, che spacciavano anche in città, nei parcheggi pubblici (tra cui quello dell’ospedale Ramazzini), nei bar o in aree verdi, spostandosi in bicicletta o in monopattino.