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Medicina e tecnologia

I robot Ugo e Gino fanno compagnia ai bimbi durante le visite e li aiutano

di Ernesto Bossù
I robot Ugo e Gino fanno compagnia ai bimbi durante le visite e li aiutano

Il progetto Robin3 di Unimore per semplificare e migliorare l’interazione tra uomo e robot sfruttando l’intelligenza artificiale. Così i Nao, robot umanoidi, diventano un vero alleato per medici e pazienti: parlano, intrattengono, mettono musica e spiegano ai più piccoli cosa succede

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MODENA. Un ulteriore e ambizioso progetto targato Unimore: semplificare e migliorare l’interazione uomo-robot sfruttando l’intelligenza artificiale. È questo l’ambizioso obiettivo del progetto Robin3, che, attraverso il lavoro del team guidato dal professor Luigi Biagiotti, docente di Ingegneria, punta a trasformare due piccoli robot “umanoidi”, i Nao Gino e Ugo, in un vero alleato per medici e pazienti.

L’idea iniziale

Una iniziativa che parte da lontano, da un’intuizione della professoressa Maria Grazia Modena, cardiologa e fondatrice del centro Pascia – Programma assistenziale per lo scompenso cardiaco – del Policlinico di Modena: «Tutto è nato dal desiderio di creare un ambiente più accogliente per bambini e ragazzi con autismo – racconta la prof. Modena –. Spesso, nei nostri ambulatori, arrivano bambini non verbali o con ipersensibilità sensoriale, che si agitano moltissimo durante la visita. I robot Nao, che abbiamo chiamato affettuosamente Ugo e Gino, hanno dimostrato di poter trasformare radicalmente questa esperienza: parlano, intrattengono, mettono musica, spiegano cosa succederà. E i bambini si tranquillizzano, permettendo a noi medici di fare quanto necessario».

Tecnologia al top

La loro presenza ha permesso, ad esempio, di completare con successo elettrocardiogrammi e perfino ecografie in casi complessi, evitando l’uso di farmaci sedativi e migliorando la collaborazione dei piccoli pazienti. Il cuore tecnologico del progetto, però, è nella semplicità d’uso. Il robot Nao dispone infatti di un sofisticato sistema motorio – con 25 gradi di libertà – ma la sua programmazione base non è alla portata di personale medico non esperto. Per questo, il team ha sviluppato – e proseguirà in un’ottica di un costante miglioramento – un’interfaccia accessibile, in grado di tradurre comandi semplici in comportamenti complessi: «Abbiamo voluto dare al personale sanitario uno strumento facile, intuitivo, sicuro – spiega Biagiotti –, proprio perché l’obiettivo è che Ugo e Gino diventino veri e propri colleghi, un supporto concreto nelle visite, senza richiedere competenze informatiche specifiche».

Tutto da una tesi

Un ruolo chiave nello sviluppo è svolto da Federico Biagi, oggi dottorando in Ingegneria e protagonista del primo prototipo dell’interfaccia: «Durante la mia tesi magistrale ho cominciato a lavorare sull’idea di semplificare l’interazione uomo-robot – racconta –. All’inizio si trattava solo di lanciare azioni pre-programmate, ma poi ci siamo chiesti: perché non usare i Large Language Models come ChatGPT per comandare vocalmente Ugo e Gino con il linguaggio naturale? È da lì che è partito tutto».

La robotica sociale

Una direzione, questa, che apre nuove frontiere nella robotica sociale, con la possibilità di utilizzare comandi vocali o testuali per creare interazioni flessibili e personalizzate. Dunque la sfida, continua Biagi, «è far sì che anche in un contesto imprevedibile come quello medico, il robot possa essere uno strumento affidabile e sicuro, su cui il medico possa fare affidamento in tempo reale». Oggi Ugo e Gino sono già attivi: rispondono a comandi da Pc, accompagnano le visite con frasi preimpostate, gestiscono l’interazione in più lingue e, soprattutto, conquistano la fiducia dei bambini.

La calma di Gino

«Un giorno – ricorda Modena – due gemelli stranieri non riuscivano a mantenere la calma. Abbiamo fatto parlare Gino in francese e subito si sono rilassati. Alla fine della visita gli hanno dato il cinque». Così il robot è diventato un piccolo amico, che spiega, gioca, intrattiene. Anche nei casi più delicati – come due bambini con diagnosi oncologiche – la sua presenza ha permesso di completare esami fondamentali con serenità. Il prossimo passo sarà rendere l’interfaccia ancora più user-friendly, integrabile anche su dispositivi mobili. Si valuta persino l’opzione “avatar”, dove il robot diventa una sorta di estensione dell’operatore.

La legge

Intanto, il gruppo di lavoro non perde di vista le implicazioni etiche e legali: con il coordinamento della professoressa Isabella Ferrari si sta adottando un approccio di law by design, per garantire che ogni scelta tecnica rispetti i più alti standard di sicurezza, in particolare nella gestione di pazienti vulnerabili. «ROBIN3 ha un impatto potenziale enorme – conclude il prof. Luigi Biagiotti –. Unisce ricerca ingegneristica, medicina e IA per migliorare la qualità della vita di chi è più fragile. Ma non si limita a questo: propone una nuova visione della tecnologia, che non sostituisce il medico, ma lo accompagna, lo supporta, lo potenzia». E, frattanto, Unimore si riconferma eccellenza in termini di ricerca.