Gazzetta di Modena

Modena

L’addio a Bergoglio

«Una notte accanto a Papa Francesco, contemplando l’affetto per lui»

Paolo Seghedoni
«Una notte accanto a Papa Francesco, contemplando l’affetto per lui»

San Pietro, un modenese al picchetto dell’Azione Cattolica. La testimonianza della toccante esperienza

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ROMA. Le guardie svizzere sono quattro e cambiano il turno ogni ora. Sono piazzate ai quattro lati del feretro dove riposa papa Francesco.

La tradizione

Allo scoccare dell’ora, cambiano anche due persone, in prevalenza giovani, che stanno un poco discostate di lato. Sono giovani, e qualche adulto, dell’Azione Cattolica Italiana che per una tradizione molto antica (risale al 1881) vegliano le spoglie mortali dei pontefici. Una sorta di “picchetto d’onore”, ma più propriamente una veglia continua, per dire dell’affetto e della vicinanza della realtà di laici che ha quasi 160 anni di storia e che continua ad associare oltre 230mila persone nel nostro Paese. Essere lì, a pochi metri dalla salma di papa Francesco, rappresenta un privilegio: più e oltre che per il gesto in sé, che dice appunto di un rapporto speciale dell’Azione Cattolica nei confronti del Papa, soprattutto perché dà modo di vedere. Di vedere le mani del pontefice, quelle con cui benediva quotidianamente i fedeli e che ora riposano nella semplice bara inclinata, in modo da poter essere visibile dall’esterno. Di vedere le persone che, in due file differenti (una più vicina al feretro, una, quella che viene da piazza San Pietro, un poco più distante ma molto più numerosa) si avvicinano per rendere omaggio.

Le persone

Una delle prime persone a passare accanto, all’inizio del primo turno che mi compete, è una ragazza incinta, poco dopo passa un ragazzo con una bandiera dell’Argentina che resta a lungo in ginocchio, poi due persone non vedenti accompagnate a pregare davanti al Papa, e ancora una donna asiatica che resta inginocchiata nei banchi per quasi tutta l’ora, quattro giovani vestiti con abiti ricercati, bambini di ogni età (dai neonati a ragazzine e ragazzine adolescenti), sacerdoti e suore, coppie di anziani, tanti diversamente abili e persone fragili.

Italiani e occidentali, africani e asiatici, sudamericani che recitano il Padre Nostro in spagnolo. C’è chi piange a dirotto, chi ringrazia per questo piccolo servizio dello stare accanto al Papa (ed è strano sentirsi dire “grazie”, quando “grazie” è esattamente quello che viene da dire a me e agli altri che si danno il cambio in questa veglia che finisce nel cuore della notte oltre le tre del mattino e riprende all’alba), chi si ferma in ginocchio, chi passa più speditamente perché altri possano arrivare prima. Ci sono due fotografi, che colgono gli attimi più intensi e significativi, o semplicemente più particolari, una signora prova a lasciare un fazzoletto nella bara del Papa, ma il servizio d’ordine le spiega che non può, ogni tanto passa un vescovo o un cardinale, magari uno di quelli di cui si parla molto in vista del prossimo conclave.

La fila infinita

E poi c’è l’altra fila, quella un poco più distante, che è enorme e non cala mai, nemmeno nella tarda serata. La fila di chi passa ore prima di arrivare davanti a Francesco, la fila della folla. Una folla che è popolo: anche a poche decine di metri di distanza i volti si distinguono perfettamente e nessuno, davvero nessuno, passa senza farsi un segno di croce e si dimentica di pregare per Francesco, come lui aveva chiesto con insistenza in ogni occasione. Il popolo dei fedeli, di chi non vuole mancare a questo appuntamento per un pensiero e per evidenziare l’affetto nei confronti del pontefice e, anche, la passione per la Chiesa. È la stessa passione che muove i giovani, e qualche meno giovane, a essere lì a fianco della bara e che, alla fine del turno, porta a fermarsi in preghiera. Una preghiera che è anche ringraziamento. Il popolo che Francesco ha sempre amato e a cui è voluto stare in mezzo fino alla fine, fino alla Pasqua di domenica scorsa, con l’ultimo saluto passando in mezzo alla folla. Un ideale testamento spirituale, di un pastore che ha sempre voluto avere “l’odore delle pecore” e che non poteva sopportare di stare lontano dalla gente, tanto da fare la scelta di vivere a Santa Marta, proprio per non restare solo.

Il silenzio

Nonostante San Pietro sia piena di persone, regna un silenzio appena scalfito da un minimo di brusio di fondo, che però è davvero poca cosa. La netta sensazione è che tutti siano lì per rendere omaggio al Papa con la genuinità di chi, proveniente da ogni parte, ha scelto di salutare per l’ultima volta il vescovo di Roma preso “quasi dalla fine del mondo”, come disse lui quando fu eletto. La giornata di ieri è stata lo specchio di questa unione di differenze. Da una parte i cardinali, che arrivano alla spicciolata per un ultimo saluto a Francesco; le autorità civili di mezzo mondo (capi di Stato e di governo in testa) e molte guide religiose, cristiane e non. Dall’altra l’afflusso ancora più nutrito di persone e, soprattutto, moltissimi giovanissimi, arrivati a Roma per il giubileo degli adolescenti che si terrà tra questo pomeriggio e domani. Ragazze e ragazzi delle parrocchie e delle associazioni, gruppi scout ed animatori giovani e adulti, tutti disciplinati e attenti, anche loro tutti con il segno della croce come ultimo saluto a Francesco. Anche quest’ora finisce, arrivano le guardie svizzere per il cambio turno e, dopo un paio di minuti, un giovane dell’Azione Cattolica arriva mi tocca la spalla e mi saluta per darmi il cambio per proseguire questa veglia alla salma del Papa. Adesso tocca a lui.