Gazzetta di Modena

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Il ringraziamento

Roberto Saviano con don Mattia Ferrari, Luca Casarini e Mediterranea ai funerali di Papa Francesco: il suo messaggio

Roberto Saviano con don Mattia Ferrari, Luca Casarini e Mediterranea ai funerali di Papa Francesco: il suo messaggio

Il selfie dello scrittore e giornalista in piazza San Pietro con il sacerdote modenese e la Ong che salva i migranti: «Luce di misericordia e solidarietà politica in un buio di codardia»

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CITTÀ DEL VATICANO. «Insieme a salutare Francesco, insieme a portare gratitudine per la sua costante lotta contro le menzogne sui migranti, contro le bugie sulle navi delle Ong. Luce di misericordia e solidarietà politica in un buio di codardia». Con questo messaggio pubblicato sui suoi profili social, accompagnato da un selfie insieme al sacerdote modenese don Mattia Ferrari, Luca Casarini e gli amici della Ong Mediterranea Saving Humans, lo scrittore e giornalista Roberto Saviano ha voluto dare un ultimo saluto a Papa Francesco. Tutti insieme in piazza San Pietro prima delle esequie di Bergoglio, a cui hanno partecipato oltre 250mila fedeli.

Il ricordo di Roberto Saviano 

Sui social, nelle ore successive alla morte di Papa Francesco, Saviano aveva ricordato con queste parole il pontefice: «Il diverso è un dono. La fraternità deve essere vissuta e organizzata, la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro. La carità ha bisogno della luce della verità che continuamente cerchiamo, la politica non deve sottomettersi all’economia, e l’economia non deve sottomettersi ai dettami dell’efficienza. Le parole di 'Fratelli Tutti' come eredità politica, la gratitudine da ateo per l’impegno accanto ai migranti, i detenuti, gli ultimi, contro l’orrore della politica reazionaria. Addio Papa Francesco».

Il ricordo di don Mattia Ferrari

Don Mattia Ferrari, dopo la morte di Papa Francesco, ha scritto un editoriale pubblicato sulle pagine della Gazzetta: «“Avanti!”. Questa è una delle parole che Papa Francesco ci ha sempre ripetuto ed è, credo, la parola che egli ci dice anche ora. Questo, però, è il momento di dirgli “grazie”. Egli è stato una voce profetica che ha fatto risplendere la luce del Vangelo, la luce dell’amore, in mezzo alla notte della storia. Lo ha fatto soprattutto perché era in definitiva un autentico discepolo di Gesù. Chi vedesse nel suo magistero e nei suoi gesti qualcosa legato meramente alla sua personalità o alla sua sensibilità, non avrebbe capito cosa siano il Vangelo e la Chiesa. Il rapporto di papa Francesco con Mediterranea Saving Humans e Refugees in Libya è nato dopo che esse avevano già molte relazioni con la Chiesa, con centinaia di comunità cristiane e con parecchie decine di vescovi. Quando papa Francesco ha incontrato Mediterranea, è scattata subito una scintilla: i membri della nostra associazione, alcuni dei quali sono cristiani, altri di diverse religioni e altri ancora di nessuna religione, hanno capito subito che a unirci era non una stessa ideologia ma uno stesso amore. Lui, come molti vescovi, si teneva informato sulla situazione delle persone migranti con cui siamo in contatto: voleva sapere come stessero e come si poteva aiutarli. Gli aneddoti che potremmo raccontare sono tanti, ne cito uno come esempio. Dobbiamo tornare indietro di qualche anno. In uno dei nostri primi incontri, mentre gli mostriamo le immagini di alcuni nostri amici migranti nei lager libici, arriviamo alla foto di Mohamed, un nostro amico che nella prigione di Ain Zara si è impiccato nel giugno del 2022. Insieme ai tanti migranti riuniti nel movimento Refugees in Libya, avevano provato a chiedere al mondo di essere riconosciuti veramente come fratelli e sorelle. Non erano stati ascoltati dal mondo e nel gennaio precedente le milizie avevano quindi deportato molti di loro, tra cui lui, in quel lager. Mohamed aveva perso la speranza e si era tolto la vita. Mentre mostro le foto e spiego questo a papa Francesco, mi blocco, perché davanti ai miei occhi vedo qualcosa che non mi aspettavo: il Papa ha gli occhi pieni di lacrime. Rimaniamo in silenzio. In quel momento ho capito che papa Francesco era mosso da un amore vero, da un amore viscerale, da un amore come quello che muove Gesù nel Vangelo. Ne ho avuto conferma successivamente, in tante circostanze. Quando alcune persone migranti ci chiedevano di poterlo incontrare, lui le accoglieva a braccia aperte. Ad ogni incontro, le abbracciava come un padre e un fratello maggiore, ascoltava le loro storie, accarezzava le loro ferite. Ci sembrava di vedere gli episodi della vita di Gesù raccontati nei Vangeli: come Gesù accoglieva e abbracciava tutti, e in modo speciale le persone che sono scartate o oppresse, così ha fatto papa Francesco. In definitiva ci ha insegnato ad amare. Come ha fatto Gesù. Noi esseri umani professiamo religioni diverse, ma siamo accomunati dall’esperienza dell’amore e quando facciamo questa esperienza diventiamo consapevoli che la vita vissuta nell’amore è troppo bella e grande per finire con la morte e quindi la morte non ha, non può avere, l’ultima parola. A questo proposito, c’è un indizio molto interessante che papa Francesco ci ha lasciato anche nella sua morte. Lui ha sempre insegnato ad andare ad ascoltare gli ultimi, gli scartati e la misteriosa sapienza che Dio rivela in loro. Ebbene, le persone migranti e rifugiate che si trovano in Libia, che sono scartate dal mondo, oppresse dall’ingiustizia e dalla violenza, e sono persone che hanno sempre sentito il suo amore e lo hanno ricambiato, nel messaggio di cordoglio per la morte del Papa non hanno scritto: “Addio”.  Hanno scritto un’altra parola: “Arrivederci”».