Il rapinatore 16enne piange dal gip: «Serve una comunità che lo educhi»
Il ragazzo di Prignano ha aggredito con un machete due turisti a Rimini. L’avvocato: «La famiglia lo trascura e ha gravi lacune formative, ha bisogno di essere seguito»
PRIGNANO. Ha pianto davanti al giudice il 16enne di Prignano protagonista di uno sconcertante fatto di cronaca in Riviera.
L’aggressione choc
Nella notte tra giovedì e venerdì ha rapinato brandendo un machete due turisti milanesi a Marina Centro. Il ragazzo, nato a Sassuolo e italiano, alle 3 di notte ha avvicinato i due in viale Vespucci, nel cuore della Rimini balneare, mentre stavano passeggiando, sfoderando l’arma e intimando di consegnargli quello che avevano di valore. I due, terrorizzati, gli hanno dato i circa 100 euro che avevano di contante e una catenina. Lui li ha presi ed è scappato, ma è stato individuato e arrestato poco dopo dai carabinieri di Rimini, nei pressi di una struttura ricettiva. È stato quindi condotto nel carcere minorile di Bologna.
L’udienza
Ieri mattina il ragazzo, assistito dall’avvocato di fiducia, Michele Corradi di Modena, è comparso davanti al gip del Tribunale per i Minorenni, Chiara Alberti, per rispondere di rapina e porto ingiustificato d’armi. Ha ammesso i fatti, mettendosi a piangere quando l’avvocato gli ha sottolineato che, al di là delle sue intenzioni, con un’arma di quella pericolosità poteva fare seriamente male a qualcuno. Il ragazzo ha spiegato di averla comprata a Rimini da alcuni cingalesi perché gli era piaciuta. Era arrivato da Prignano per una gita in Riviera, con alcuni soldi dati dalla madre. Il pm ha chiesto il carcere per il 16enne, alla luce anche di diversi precedenti per furto, spaccio e lesioni. Già a quella giovanissima età. L’avvocato l’affidamento in una comunità, a fronte della difficilissima cornice famigliare in cui il ragazzo vive: la madre è accusata di maltrattamenti su di lui, il padre dopo il divorzio è andato a vivere a 150 km di distanza, e di fatto non ha più rapporti con il figlio. Che sta crescendo un po’ abbandonato a se stesso, con gravi lacune educative. Il giudice ha convalidato l’arresto, riservandosi sulla decisione della misura cautelare da applicare.
L’avvocato
«Seguo questo ragazzo da anni, a fronte degli episodi di piccola criminalità di cui si è reso protagonista – spiega l’avvocato Michele Corradi – temevo che, nonostante i richiami, prima o poi commettesse qualcosa di veramente grave, ed è successo. È accaduto però mentre è ancora minorenne, e questo ci dà l’opportunità di inserirlo in un percorso di recupero. È un ragazzo che, a fronte di lacune affettive in famiglia, ha un’evidente rabbia latente, che sta sfogando con episodi di devianza. Ha bisogno di educatori che lo seguano, e questo non può avvenire in carcere, ma solo in comunità. So che dopo la violenza sessuale di Formigine ci sono polemiche sulle comunità, ma sono uno dei pochi strumenti che permettono di recuperare i ragazzi difficili. Non riusciranno a recuperarli tutti, ma una buona misura sì. Evitando che diventino i delinquenti di domani. Io gliel’ho detto chiaro al ragazzo: “La tua unica chance è la comunità”. Il processo minorile ha come caratteristica primaria la finalità educativa: meglio rieducare un minore che metterlo in carcere come un maggiorenne. Se è vero questo, qui serve l’affidamento in comunità. Altrimenti fallisce tutto il sistema».