«Mai più morti come mio figlio: viale Italia deve essere sicuro»
Lunedì a Modena l’investimento di una ragazzina in bicicletta, ora fuori pericolo. Ileana Tonelli nel 2015 perse nello stesso punto Matteo, 15 anni
MODENA. «Se succede un altro episodio simile a quello di mio figlio, proprio nella stessa strada, io scateno l’inferno». Così disse.
E oggi, Ileana Tonelli, madre di Matteo Testoni, che dieci anni fa morì investito all’età di 15 anni da una moto su viale Italia, lo fa davvero. Lo fa con le parole, con la lucidità di chi ha perso tutto e non ha più niente da perdere. Lo fa dopo l’incidente dello scorso lunedì mattina, quando una ragazza di 14 anni è stata investita mentre attraversava in bici viale Italia sul ciclopedonale regolato da semaforo che collega via Fermo Corni con via Schiocchi (nei pressi del direzionale Modena 2). Un impatto violentissimo, un volo di metri, le sirene del 118, la corsa all’ospedale di Baggiovara e ore di paura. Un incidente su cui la Polizia locale sta ancora analizzando i rilievi per accertarne le cause. Adesso la ragazza è fuori pericolo, ma quel tratto di strada è tornato a far tremare, a far paura.
Una ferita che si riapre
A Ileana ha riaperto una ferita che in realtà non si è mai chiusa: «Mio figlio lì è morto dieci anni fa. Aveva 15 anni. Oggi ne avrebbe 25. E io da allora sto chiedendo una cosa semplice: recintare quella strada, per evitare che altri giovani attraversino di corsa e di modo che siano obbligati a scegliere le strisce pedonali. Perché lì i ragazzi corrono per salire sull’autobus, per entrare di fretta a scuola. Non guardano. E possono lasciarci la pelle».
Viale Italia è una lunga arteria a doppia corsia, dritta, in cui basta distrarsi un attimo per causare una tragedia. E ora Ileana chiede «che cambi la musica».
La richiesta
«La cosa che mi fa più rabbia è che io quella recinzione la chiedo da anni. Non per far spendere soldi al Comune, ma per evitare un altro caso come quello di Matteo, o come quello della ragazza dell’altra mattina. Ora come ora c’è solo un pezzo di recinzione, neanche tutto. E adesso, visto che insisto perché venga finita, mi sono stati chiesti 17mila euro più Iva. A me. A una madre che ha perso un figlio lì. Ai tempi, quando rubarono la sagoma di Matteo, chiesi all’amministrazione di poterla rimettere, anche a spese mie – racconta –. Mi venne risposto che si sarebbero fatti carico loro della questione, e che non importava quante volte sarebbe stata rimossa: loro si sarebbero sempre fatti carico di sistemarla. E ora mi vengono a chiedere 17 mila euro di preventivo per una recinzione. Ma è una cosa normale?».
Una zona sensibile
Nella zona tra via Corassori e viale Italia si concentrano scuole, fermate degli autobus e incroci, e dopo dieci anni è ancora potenzialmente pericolosa: «Lì non si possono mettere dossi? Non si possono mettere controlli di velocità? A me sembra assurdo. È da tempo che aspetto. E intanto lunedì una ragazzina è stata travolta, sbalzata per metri. È viva per miracolo. E io sono felice per lei. Ma la prossima volta?».
Ileana lo dice senza giri di parole, con la forza che può avere solo una madre che non si è arresa: «Quando vado a fare sensibilizzazione nelle scuole, io ai ragazzi lo dico sempre: è meglio perdere un autobus che la vita. Perché a casa ci sono dei genitori che li aspettano. E quando quella sedia resta vuota, quando alle feste manca una voce, quando una madre resta senza un figlio, si prova un dolore inimmaginabile. Non lo auguro a nessuno». Ora, Ileana guarda all’amministrazione, e chiede una risposta. Non un preventivo: «Non voglio vendette, non voglio clamore. Voglio solo che nessun’altra madre debba piangere come me. La mia è una battaglia di dignità. Oggi non sono solo la mamma di Matteo – conclude – sono la voce di chi non c’è più. Non dobbiamo aspettare che ci sia un’altra tragedia per muovere nuovamente la situazione».