Gazzetta di Modena

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La storia

“Tortellini senza frontiere” tra Castelfranco e Castello di Serravalle

di Ginevramaria Bianchi

	Un gruppo di rezdore dell'associazione La San Nicola di Castelfranco
Un gruppo di rezdore dell'associazione La San Nicola di Castelfranco

L’associazione La San Nicola ospite all’evento per spegnere le rivalità con la cucina

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CASTELFRANCO. Settecento anni fa ci si prendeva a mazzate per una secchia, oggi si condivide un piatto di tortellini sotto la stessa tettoia. Se non è progresso questo, cos’è? Era il 1325 quando modenesi e bolognesi si affrontavano nella battaglia di Zappolino. La guerra scoppiò ai piedi del colle di Zappolino, poco fuori le mura del castello, e finì con i modenesi che, soddisfatti della scampagnata, decisero di tornarsene a casa portandosi via nientemeno che un secchio come trofeo.

La secchia rapita

Sì, quello che Alessandro Tassoni ha reso immortale ne “La secchia rapita”. Da quel giorno, tra Modena e Bologna, più che confini ci sono battute, sfottò, e una sana rivalità fatta di tagliatelle, tortellini, motori e campanili. Ma ora, a sette secoli da quel giorno di scontro, si è scelto di voltare pagina. O meglio, di aprire il menù. A Castello di Serravalle, sabato 17 maggio dalle 19.30, si celebrerà la storia come si dovrebbe fare più spesso: con una forchetta in mano.

«Nessuna competizione»

“Tortellini senza frontiere” è il nome dell’iniziativa che unirà alla stessa tavola i tortellini di Castello di Serravalle, bandiera del gusto bolognese, ai i tortellini di Castelfranco, culla della tradizione modenese, rappresentata dall’associazione del tortellino tradizionale La San Nicola. «Andremo naturalmente con le nostre rezdore che faranno una piccola dimostrazione – racconta Giovanni Degli Angeli, presidente dell’associazione – Non c’è competizione, assolutamente. Mangeremo sia i tortellini di Castelfranco che quelli di Castello di Serravalle e sarà una cena abbondante, perché sulla tavola troveremo anche lo zampone, il cotechino... Tanto cibo emiliano, insomma. Dopotutto non è importante stabilire cosa sia modenese e cosa sia bolognese: alla fine ci troveremo con i piedi sotto la tavola, e sarà una bella cosa». Nessuna sfida culinaria, quindi. Niente giurie, bandiere o squadre. Solo mani in pasta e pance da riempire. Così, da una secchia rapita a due piatti condivisi, si compie il miracolo emiliano. Chissà che tra un boccone e l’altro non nasca anche qualche nuova alleanza. Del resto, la storia si può sempre riscrivere, soprattutto se c’è di mezzo un tortellino.

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