L’odissea di Kumiko, da 15 mesi in attesa del permesso di soggiorno elettronico
Il documento è obbligatorio dall’agosto 2023 e sostituisce quello cartaceo, come stabilimento dal regolamento europeo. Koyama, a Modena dal 1988 e sposata con un cittadino italiano: «Questa situazione mi crea enormi difficoltà per uscire dall’area Shengen e tornare nel mio Giappone»
MODENA. Quindici mesi e ancora niente. È da marzo 2024 che la cittadina di origini giapponesi Kumiko Koyama aspetta il suo permesso di soggiorno elettronico, obbligatorio dall’agosto 2023, come stabilito da regolamento europeo. Eppure l’iter per convertire il documento cartaceo di cui è già in possesso si è bloccato e ora, ritornare nel suo amato Giappone, è diventato un incubo.
La storia di Kumiko
«Sono una giapponese residente a Modena e in possesso del permesso di soggiorno con validità a tempo illimitato rilasciato dalla questura di Modena nel 1988 in quanto coniuge di cittadino italiano. Sono stata informata che dall’agosto 2023 è obbligatorio che il permesso cartaceo venga sostituito da quello elettronico. Così ho presentato la domanda allegando tutto il necessario a marzo del 2024 all’ufficio immigrazione. L’appuntamento è fissato al 15 novembre 2024. Otto mesi di attesa. Sembra lungo, ma capisco la situazione: devono trattare l’enorme volume di richieste» racconta. Malgrado l’attesa, sembra tutto procedere per il meglio. «Mi presento allo sportello dell’ufficio immigrazione di Modena il giorno dell'appuntamento, mi vengono prese le impronte digitali, ma mi dicono che mancano due documenti: certificato di matrimonio e di stato di famiglia... non erano richiesti. Comunque chiedo di potermi presentare l’indomani. “No, non può tornare subito, deve prendere un nuovo appuntamento: la prima data disponibile è gennaio 2025”. Quindi dopo due mesi torno con i certificati. Mi assicurano che tutto è a posto e riceverò un Sms per comunicarmi la data del ritiro in circa 20-30 giorni. Passano quasi 40 giorni, niente Sms».
Il lungo silenzio
La signora deve però recarsi in Giappone urgentemente da lì a poco. Inizia a sollecitare telefonicamente ma niente da fare. Tutto sembra tacere. «Decido allora di i rivolgermi a una persona che lavora alla questura (non all’ufficio immigrazione) e che potrebbe aggiornarmi sullo stato delle cose. Mi arriva una notizia sorprendente: la pratica si è bloccata perché la presa di impronte digitali non era andata a buon fine. Perché questo silenzio, perché non mi hanno richiamato per sbloccare la situazione? Se non avessi cercato le informazioni io, la pratica era destinata a stare ferma là? Questa persona mi organizza l’appuntamento per riprendere le impronte digitali di nuovo l’11 marzo 2025. Anche questa volta mi dicono di attendere 30-40 giorni per l’arrivo dell’Sms. Ne passano 60, di giorni, e ancora niente. Provo nuovamente a chiedere spiegazioni. Nessuna risposta alle mail. Allora torno a chiedere alla stessa persona e mi arriva una risposta allucinante: risulta che sono andata a riprendere le impronte digitali solo il giorno prima, non due mesi fa. Di conseguenza devo attendere ancora 30-40 giorni. Ad oggi sono passati 70 giorni. Nessuna novità. Un trattamento così è assolutamente inaccettabile. Ho deciso di rischiare e partire lo stesso, ma questa situazione mi crea enormi difficoltà per uscire dall’area Shengen. Rischio di rimanere bloccata». In totale sono passati oltre 400 giorni dalla domanda e 70 dalla presa delle impronti digitali. «Si può agire contro il silenzio della pubblica amministrazione, le condizioni ci sono tutte».
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