Agenti di polizia locale accusati di tortura, il pm: «Vanno condannati»
Il pubblico ministero ha chiesto 19 anni totali per i quattro operatori coinvolti negli episodi avvenuti al pronto soccorso dell’ospedale di Sassuolo nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2021
SASSUOLO. Diciannove anni complessivi per i quattro agenti della polizia locale di Sassuolo accusati di tortura ai danni di un paziente al pronto soccorso. È la richiesta avanzata dal pm dottoressa Lucia De Santis, al termine della sua lunga requisitoria. Una richiesta per il processo che vede imputati a vario titolo gli operatori. Per due agenti semplici (un 35enne residente a Modena e un 27enne di Reggio) accusati solo di tortura sono stati chiesti tre anni e mezzo (con le attenuanti); per due assistenti (un 39enne di Scandiano e un 53enne di Formigine) sotto accusa anche per falsità ideologica il pm ha chiesto sei anni (minimo di sei anni, che arrivano a quattro con le attenuanti ma tornano sei per la continuazione e per la falsità). I fatti risalgono alla notte tra il 15 e il 16 ottobre 2021 quando un 41enne marocchino venne portato al pronto soccorso dopo essere stato trovato in strada, si scoprirà poi, in grave crisi ipoglicemica. Secondo la procura gli agenti sarebbero arrivati senza che nessuno avesse chiesto il loro intervento e poi gli avrebbero incastrato «le braccia tra le sponde, percuotendolo sul petto e sul capo, uno di loro salendo con i piedi sul suo bacino». A sporgere denuncia il personale sanitario che ha parlato di «violenza inaudita».
Di questa presunta violenza ha parlato anche il pm; due file più indietro, in più momenti uno degli imputati si è mostrato sereno, ridendo. E questo anche se il pm, che ha anche parlato di «tortura di Stato», ha sostenuto l’accusa per tutti e 4 gli operatori che inizialmente avrebbero pensato che quel 41enne avesse assunto sostanze.
«Anche se si fosse accertato che era uno spacciatore – così De Santis – , non c’era nessun elemento che avrebbe giustificato la presenza delle forze dell’ordine con un intervento simile». Il pm ha parlato di «violenza e aggressione».
Poi ha precisato: «Se ci aspettiamo il reato di tortura nel caso di un soggetto appeso per i piedi, allora questo reato non troverà mai applicazione nel nostro ordinamento». Si deve parlare, secondo l’accusa, della «condizione di minorata difesa» in cui si trovava il 41enne. E ha aggiunto: «Il mio auspicio è che il tribunale possa riuscire a districare questa matassa. Visto che il pm è una persona che non capisce, come si sente nei messaggi vocali che si sono scambiati due degli imputati: “Quel pm lo conoscono tutti in senso negativo, è uno che se prende un dritto non lo smuovi più. L’unica speranza non è che il pm capisca, ma che il giudice capisca. Perché il pm non capisce”», così la dottoressa De Santis ha citato le trascrizioni dei messaggi che si sono scambiati due degli imputati mentre erano in corso le indagini.
«Devo dare atto dell’impeccabile e rigorosa ricostruzione dell’impianto accusatorio nel fatto e diritto del pm. Non si può che evicere una vicenda estremamente delicata che merito il rispetto di attendere l’esito. Confidiamo nella Giustizia, è il commento dell’avvocato di parte civile Caterina Arcuri, che si è associata alle richieste del pm.