I medici di base bocciano i Cau: «Solo uno sperpero di denaro»
Passo indietro della Federazione italiana medici di medicina generale sull’intesa che aveva portato alla loro creazione, con l’obiettivo di svuotare i pronto soccorso degli ospedali dai codici bianchi e verdi: «Si sono dimostrati fallimentari e sono da chiudere»
MODENA. «I Cau vanno chiusi o riorganizzati integrandoli alla medicina di gruppo. Attualmente sono solo uno sperpero di denaro». Dante Cintori, segretario provinciale Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) Modena, alza la voce sulla situazione dei Centri di assistenza e urgenza (Cau), strutture mediche pensate per assistere pazienti con problemi urgenti a bassa complessità.
Sono nate nel 2023 con l’obiettivo di svuotare i pronto soccorso dai codici bianchi e verdi. Nonostante la contrarietà della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), lo scorso 31 marzo l’assessore regionale alle Politiche per la salute (Massimo Fabi) ha prolungato, con una delibera di giunta unilaterale, i contratti dei medici impiegati nei Cau fino a fine anno.
«Un fallimento»
«Sebbene all’inizio eravamo i firmatari dell’intesa, questi centri si sono dimostrati fallimentari. Non sono riusciti ad alleggerire i pronto soccorso: stiamo spendendo soldi inutilmente», rimarca Cintori. In provincia se ne contano cinque: i primi sono stati aperti negli ex punti di primo intervento, a Finale, Castelfranco e Fanano, poi ne è sorto uno al Policlinico e uno a Carpi.
La chiusura dei Cau dovrebbe andare di pari passo con l’istituzione degli ambulatori di aggregazione funzionale territoriale (Aft): «La Regione, con una delibera, ha disposto la programmazione di questi nuovi ambulatori, che andrebbero a riformare le prestazioni mediche nel segno della continuità assistenziale. Questo è il cuore della questione: il fallimento dei Cau è dovuto anche dalla mancanza di accesso ai dati del paziente da parte dei medici. Gli Aft, invece, si basano sulla logica della medicina di gruppo, in cui i medici di base sono integrati all’interno dello stesso sistema, condividendo dati e storia del paziente, così da migliorare l’appropriatezza prescrittiva sia di farmaci sia di esami. La medicina generale deve riappropriarsi della gestione delle prestazioni di bassa complessità: ne gioverà l’intero sistema, i cittadini e le casse regionali. Un’altra inconcepibile asimmetria dei Cau – aggiunge il segretario – è legata al ticket: nel pronto soccorso si paga, mentre nei Centri di assistenza e urgenza no. Questo perché sono considerati alla pari della medicina generale quando invece, come già spiegato, ci sono delle grosse differenze. Gli Aft sono stati programmati nella delibera regionale di aprile, ma ancora non sono entrati in funzione».
Giovani medici in rivolta
In provincia, i centri degli ambulatori Aft previsti sono ripartiti per distretti: sei a Modena città, quattro a Carpi, quattro a Sassuolo, quattro a Vignola, tre a Mirandola, due nelle zone montanare e due a Castelfranco. Intanto, i giovani medici sono in rivolta.
«Oggi ai medici di base, con il “ruolo unico”, è assegnata una quota oraria di 38 ore settimanali, e se non riescono a raggiungerla con i propri pazienti, devo compensare con delle ore di servizio di continuità assistenziale delle Ausl – conclude – Capisco i loro malumori: ragionando su dimensioni distrettuali, un medico di Casinalbo, ad esempio, può essere chiamato a completare il proprio monte-ore nella guardia medica a Frassinoro. Con l’entrata in funzione degli Aft, invece, si supererebbero anche questi disagi, perché per ogni distretto sono previsti più centri e quindi i medici opererebbero nell’Aft di riferimento. È ora di fare chiarezza e di attuare questa ristrutturazione: o i Cau saranno integrati nella medicina generale di gruppo, o dovranno scomparire. Bisogna agire e in fretta».