Il dottor Nunzio Borelli va in pensione dopo 43 anni: «Ho curato due generazioni, sisma e Covid i momenti più duri»
Lo storico medico di medicina generale della Bassa modenese, con lo studio a Medolla e l’immancabile papillon al collo, ha appeso lo stetoscopio al chiodo a fine maggio. «Un’avventura iniziata il 15 marzo 1982, sono stati 15.770 giorni bellissimi»
MEDOLLA. Non è facile andare in pensione dopo 43 anni di lavoro. Anzi, «dopo 15.770 giorni», come sottolinea giustamente Nunzio Borelli («Li ho contati!»).
Venerdì scorso, 30 maggio, il medico di medicina generale dall’immancabile papillon indosso ha dovuto salutare per sempre il suo ambulatorio, visto che proprio oggi compie settant’anni. Un compleanno dolceamaro, sicuramente molto emozionante da tutti i punti di vista. «La pensione – spiega Borelli – ha avuto su di me un impatto emotivo notevole. Dopotutto ho curato due generazioni di medollesi e non c’è stato giorno in cui io mi sia risparmiato. Ho sempre fatto tutto con amore e passione, fin dal primo giorno».
Il suo primo giorno come medico di famiglia è stato il 15 marzo del 1982. Dopo più di quarant’anni, è giunto quindi il momento di appendere lo stetoscopio al chiodo. «È giusto così – riflette il dottore –. Ho quattro figlie e sette nipoti, credo sia giunto il momento di dedicarmi totalmente alla mia preziosa famiglia». Una grossa perdita per Medolla e la Bassa, visto che Borelli assistiva 1.500 pazienti. «Erano tanti – ammette – e sono mesi che stanno cercando colleghi da cui farsi seguire ora che non ci sono più io. Tra Medolla e San Prospero, tutti dovrebbero trovare un’alternativa». Per il momento, il medico non sa cosa farà nel suo ritrovato tempo libero. «Devo ancora elaborare la pensione – confida –. Sicuramente continuerò a seguire il Circolo medico M. Merighi, di cui sono presidente». Dal 1982 sono cambiate tante cose. «Quando ho cominciato, le ricette si potevano fare solo a mano. Ora si inviano in cinque secondi con il computer: la tecnologia ha fatto passi da gigante anche nel nostro lavoro quotidiano». La passione per la sua professione, però, non è mai cambiata. «Ricordo ancora il dramma del sisma. Le scosse avevano reso inagibile il mio ambulatorio e ho passato due anni, fino al 2014, in un container sanitario posizionato davanti alla palestra di Medolla». Il terremoto è un ricordo che non se ne andrà facilmente, quasi quanto la pandemia. «In quei mesi andavo in studio anche la domenica per verificare che i miei pazienti positivi si fossero negativizzati. Quando arrivava la buona notizia, telefonavo a tutti e non dimenticherò mai il sollievo nella loro voce». Nemmeno i suoi pazienti dimenticheranno mai gli anni in ambulatorio con il dottor Borelli. «In questi ultimi giorni mi hanno sommerso di torte, poesie, aceto balsamico e formaggi. Insomma, regali di ogni tipo per ringraziarmi». Venerdì, attaccato alla porta dello studio c’era un biglietto con la scritta “Grazie dottor Borelli per questi 43 anni trascorsi con noi”. «Le persone – conclude – percepiscono quando fai le cose con il cuore. Per me ricevere questi regali è stato come un secondo Natale e non me lo aspettavo. Ringrazio davvero tutti».