Chiama “cretino” uno studente: professore finisce nei guai. Poi fa ricorso ma perde
Il docente, che aveva un contratto a tempo determinato al Baggi di Sassuolo, ha attraversato tutti e tre i gradi di giudizio
SASSUOLO. Ha insultato uno studente durante l’orario di lezione e, per questo, è finito nei guai. Un episodio che è costato una sanzione disciplinare a un docente che, all’epoca dei fatti, aveva un contratto a tempo determinato. E a niente sono valsi i suoi tentativi di fare annullare quella sanzione o, comunque, di “ridurla” a un semplice avvertimento scritto: anche la Corte di Cassazione, con un’ordinanza, ha recentemente ritenuto inammissibile il suo ricorso. Una vicenda che risale ormai a qualche anno fa e che porta in una scuola superiore di Sassuolo. Siamo, per la precisione, all’istituto “Alberto Baggi”.
Cosa è successo
È il 2019 e il docente presta servizio, come detto, con contratto a termine. Ebbene, tutto comincia, secondo quanto ricostruito, una mattina apparentemente come tutte le altre in aula. Quel giorno ad un certo punto il professore si sarebbe rivolto a un alunno chiamandolo “cretino”. Un epiteto particolarmente offensivo, specie se pronunciato da una persona che in quel momento rivestiva un ruolo educativo, una persona che in quel momento avrebbe dovuto essere un punto di riferimento per gli studenti. Non è chiaro se sia accaduto qualcosa di particolare che, poi, ha provocato la reazione dell’insegnante. Quel che è certo però è che quell’episodio non è passato inosservato e l’uomo è finito nei guai.
Il procedimento
Nei suoi confronti il dirigente scolastico aveva disposto la sanzione disciplinare della censura. Lui non c’è stato e ha deciso di fare ricorso. Ebbene, la vicenda in questi anni ha attraversato tutti e tre i gradi di giudizio. Dopo il rigetto del ricorso da parte del tribunale di Modena, il docente ha deciso di andare in Appello. Nel 2021 la Corte d’Appello di Bologna aveva però confermato la legittimità della sanzione inflitta dal dirigente scolastico, ritenendo provato il fatto contestato. Infatti la Corte aveva rilevato come l’espressione fosse stata non solo confermata dall’alunno, ma anche ammessa dallo stesso docente. In particolare, in Appello era stata ritenuta «irrilevante l’archiviazione della denuncia querela nella diversa sede disciplinare». Il professore non si è arreso ed è arrivato fino in Cassazione, ricorrendo contro il Miur. In particolare, il docente ha sostenuto che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente considerato due insulti «di cui uno ad un solo alunno (parola “cretino” ammessa) ma l’altro (mai avvenuto) – sostiene il docente nel ricorso – all’intera compagine degli studenti “maiali” o “animali”: il giudice ha confuso i termini».
In sostanza nel ricorso il docente sostiene che il giudice avrebbe confuso i fatti e che la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto di tale errore, limitandosi a confermare la sanzione sulla base del solo insulto accertato. «Qualora la Corte d’Appello – sostiene il professore nel ricorso in Cassazione – si fosse avveduta che il giudice di prime cure aveva comminato la sanzione della censura considerando l’esistenza di due distinti insulti (e non uno solo) avrebbe certamente diminuito, a sua volta, la sanzione».
Le decisione
La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito che nel giudizio di Cassazione può essere impugnata solo la sentenza d’Appello, e non quella di primo grado. Niente da fare anche per il vizio procedurale che era stato evidenziato nel ricorso dal docente. Niente da fare, dunque: ricorso inammissibile.
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