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Cresce la popolazione in provincia di Modena, ma solo grazie agli immigrati: tutti i dati su residenti, lavoro, natalità e mortalità

di Ginevramaria Bianchi

	Cresce la popolazione in provincia di Modena
Cresce la popolazione in provincia di Modena

Il numero di residenti sale a 709.874, gli stranieri rappresentano il 13,8 per cento del totale. Il commento di Massimo Baldini, professore di Politica economica a Unimore

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MODENA. Cresce la popolazione, calano gli occupati, aumentano gli stranieri: la fotografia della provincia di Modena al primo trimestre del 2025 è nitida, e dentro l’obiettivo ci finisce un territorio che, nonostante oltre un decennio di crisi a catena – calamità naturali, pandemia globale e turbolenze internazionali – mostra numeri interessanti, sì, ma anche segnali di fragilità profonda.

I dati sul territorio

I residenti spalmati su tutta la provincia sono ora 709.874, in aumento di 3.095 unità rispetto all’anno scorso (+0,4%) e di 725 rispetto a gennaio 2025, superando i livelli registrati alla fine del 2019, quando si contavano 707.119 abitanti. Andando nello specifico – analizzando il territorio per macroaree, relative a distretti sanitari e ambiti territoriali scolastici – vediamo che trainano Mirandola a quota 86.199 (+0,9%), Carpi con 107.824 abitanti (+0,8%), e Vignola con 92.675 (+0,6%). Poi c’è Pavullo a 41.795 (+0,5%), Castelfranco con 77.137 (+0,4%), Sassuolo con 119.389 (+0,2%) e Modena che, pur restando il comune più popoloso con 184.855 residenti, mostra un incremento più contenuto (+0,1%).

Chiariamo: è una crescita generale, questa, che non dipende dalle nascite, ma dai flussi migratori. Parliamo di 98.103 gli stranieri presenti sul territorio provinciale, pari al 13,8% della popolazione totale, in aumento di 1.531 unità in un solo anno: un dato che per il presidente della Provincia di Modena Fabio Braglia «conferma quanto il nostro territorio sia attrattivo e quanto la presenza di popolazione straniera sia determinante per contrastare un trend di calo demografico ormai sistemico anche per noi».

«Abbiamo bisogno di braccia forti»

Su ciò, anche Massimo Baldini, professore di Politica economica all’UniMore, non ha dubbi: «Modena cresce perché arrivano persone da fuori, sia dall’estero sia da altre regioni. Le nascite sono in calo e lo resteranno, ma finché i flussi reggono, la popolazione sale. E va bene anche così, perché in questo territorio abbiamo bisogno di attrarre braccia forti».

Ebbene, il nostro sistema produttivo ha tanto bisogno di personale poco qualificato, specie nei servizi: parliamo di assistenza alla persona, cura degli anziani, ma anche settori come la ristorazione e i servizi alla famiglia: «La presenza straniera risponde a questa domanda, per ciò Modena è ancora attrattiva – commenta il docente –. Ma attenzione: continuiamo anche qui, seppur meno che altrove, a perdere capitale qualificato: sono i famosi cervelli in fuga».

Ma cala l’occupazione

E se a livello di risorse umane ce la caviamo, non tutto va verso l’alto. Il dato che più preoccupa riguarda il mercato del lavoro: nel 2024 gli occupati sono circa quattromila in meno rispetto al 2023. Il tasso di occupazione si attesta al 69,3%, in calo di 1,1 punti percentuali, con una flessione marcata tra le donne. «Questo calo dell’occupazione è un campanello d’allarme – continua Baldini –. C’è un rallentamento evidente destinato ad aggravarsi se la situazione globale peggiora. Penso ai dazi commerciali annunciati negli Usa: se dovessero essere confermati al 10%, come si spera ormai purtroppo, l’export modenese rischia molto».

I paradossi di Modena

C’è un’ultima questione da considerare: l’invecchiamento della popolazione che, diversamente da come si pensa, ha anche dei lati positivi: «Il paradosso – osserva Baldini – è che i pochi giovani modenesi si troveranno presto in vantaggio: saranno pochi ma ricercati, e questo farà salire i salari. A livello quantitativo non avranno difficoltà a trovare lavoro. Anche se dipende poi sempre di che lavoro stiamo parlando. Il rischio? Che l’invecchiamento renda la società più lenta, più conservativa, visto l’aumento dell’età anche nella fascia dei lavoratori. Mi spiego: le persone meno giovani sono, in media, meno inclini al rischio. E innovare, soprattutto sul lavoro, richiede rischio. Per questo serve investire nel capitale umano, che ha più margine per essere creativo e per innovare».

In definitiva, la fotografia del territorio modenese nel 2025 è quella di una provincia che attira, ma perde risorse qualificate. Invecchia, ma lascia spazio ai giovani. Resiste, ma non è immune. Che, più che crescere, si trasforma.

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