Fanano celebra la Land Art: così il torrente Leo e le pietre diventano scultura
L’opera inaugurata al Lido di Fanano: «Il tempo ha formato geologicamente le rocce»
FANANO. «Il tempo ha formato geologicamente le rocce» ed è stato lo scorrere del torrente Leo a levigarle, conferendo loro quelle stesse forme che Michele Ciacciofera ha cercato di «rispettare con lavorazioni minime», lasciando una sua impronta sulla pietra, ma in modo quasi impercettibile. “Altare del Tempo e dell’Acqua Feconda”, un’opera di Land Art inaugurata il 21 giugno presso il Lido di Fanano, è stata definita dall'artista una scultura “collaborativa” con la natura che, negli anni, grazie dall’acqua del Leo ha plasmato le rocce scelte per realizzare l'installazione.
L’opera
L’opera è composta da otto elementi verticali e da altrettante «coppelle circolari, in riferimento alle prime forme di devozione umana all’acqua a partire dal Neolitico». Otto è un numero associato all’infinito, è un concetto che ci proietta verso «un futuro pacifico, ma che allude anche alla spiritualità. È la speranza che le sorti del pianeta possano riportare una forma di equilibrio tra la vita dell’uomo e quella dell'ecosistema», racconta Ciacciofera, artista di fama internazionale. «Volevo che tutto non solo avesse una sua naturalità, ma che sembrasse essere sempre esistito. Questo non poteva che nascere dall'esperienza, dal vivere un luogo». I primi viaggi dell'artista a Fanano risalgono alla fine del 2023, dopo essere stato contattato per il progetto da Angelo Crespi, direttore della Pinacoteca di Brera. «Da quel momento è iniziato un dialogo con il sindaco, con l’amministrazione e con l'associazione Urban stone Sculpture Park, che da decenni lavora per coniugare natura e arte in questo straordinario luogo dell'appennino modenese». In quel periodo, particolarmente complesso per l’impegno che altri progetti stavano richiedendo, «mi sono innamorato di queste montagne, della natura e del rapporto con le persone del luogo».
Il soggiorno a Fanano
A volte per qualche giorno, altre per periodi prolungati, i soggiorni dell’artista a Fanano sono stati fondamentali per la «gestazione estetica e concettuale dell’opera. Volevo capire come potesse inserirsi in un contesto che non era soltanto etologico o naturalistico, ma anche sociale». A far parte della vita del paese, erano l’acqua e la pietra. E di questo, della relazione che, «nel tempo, la gente aveva mantenuto con la natura attraverso il fiume e la pietra delle montagne», l’artista se ne è reso subito conto, facendo una serie di escursioni per perlustrare anche le zone circostanti.
Lungo il sentiero naturalistico che prosegue parallelamente al corso del torrente Leo, ascoltandone il gorgoglio, Michele Ciacciofera passeggiava. In quelle occasioni «avevo iniziato a raccogliere dei sassolini ed a creare delle forme verticali». E così è arrivata la prima ispirazione, realizzando delle sculture con alcune piccole pietre. «Il progetto si è poi sviluppato con il mio linguaggio quasi in modo naturale». Il periodo dell’ideazione «ha dato vita ad un corpus di centinaia di disegni e di piccole sculture in vari materiali, di terracotta o di pietra. Inoltre, trattandosi di un’opera imponente, la fase successiva di progettazione tecnica ha richiesto l’intervento di altre figure, come l’ingegnere strutturista Elia Sargenti ed il geologo Daniele Sargenti».
Legame con il territorio
E, poi, fondamentale è stata la scelta del materiale, selezionato direttamente sul posto, un dettaglio che propone intenzionalmente anche una riflessione sull’attuale crisi climatica: «Il fatto che la comunità di Fanano abbia preservato questo luogo straordinario, mi ha portato a pensare che fosse ideale per collocare lì la scultura, che ha impatto zero». L'installazione vuole essere «un’opera perenne, per il futuro», ed armonizzata con lo spazio circostante dal tempo, che contribuirà a formarla, grazie agli agenti atmosferici o la crescita dei muschi. Con il passare dei mesi «la natura, con la sua forza, dovrà inglobare la scultura». Dai primi giorni di giugno 2025 fino al 21 del mese, l’opera d’arte ha preso forma. «Abbiamo messo in pratica quello che avevo immaginato, disegnato, studiato», ricorda Michele Ciacciofera. Con «spirito di collaborazione e di rara coralità», insieme a lui hanno lavorato Matteo Boldrini, Gionata Orsini e, soprattutto, due assistenti, Samuel Dumas e Michele Tordiglione. In quei giorni i cittadini interessati sono stati invitati, tramite i canali social, a passare e ad assistere ai “lavori in corso”. «Sono venuti tantissimi cittadini a curiosare», sia venendo di proposito davanti al cantiere, sia vedendolo casualmente lungo il percorso naturalistico. «Lavoravamo duramente, ma eravamo anche molto aperti al dialogo. Ogni persona l’abbiamo accolta e resa partecipe dell'esperienza».
«Creare un luogo di spirtualità»
«L’idea di creare un luogo di spiritualità legato all’acqua ed al tempo» si è concretizzato in un Altare, che «si impone spiritualmente sul paesaggio». L’acqua del fiume, con il suo scorrere, «rappresenta, metaforicamente, il tempo; come non citare Grazia Deledda che in "Canne al vento" scrive: “la vita passa e noi la lasciamo passare come l'acqua del fiume, e solo quando manca ci accorgiamo della sua assenza». E che l’acqua sia un bene prezioso, Ciacciofera spera di poterlo ricordare con la sua opera, collocata proprio in quei territori in cui questa risorta «è quasi venerata». Inoltre, Nelson Mandela, «uno dei grandi padri della democrazia contemporanea, affermava che “l’acqua è un diritto di base per tutti gli esseri umani: senza acqua non c’è futuro. L’accesso all’acqua è un obiettivo comune. Esso è un elemento centrale nel tessuto sociale, economico e politico del paese, del continente, del mondo. L’acqua è democrazia».